Pubblicato il
18 dic 2008
18 dic 2008
Nike resiste alla crisi grazie al mercato internazionale
Pubblicato il
18 dic 2008
18 dic 2008
Il numero uno mondiale di articoli sportivi è stato frenato dalla flessione dei consumi negli Stati Uniti ma salvato dalla potenza del suo marchio nel mercato internazionale, tra settembre e novembre. L’utile di questo secondo trimestre è superiore alle aspettative. La salvezza per il gigante americano Nike è venuta dall’Europa e dall’Asia, nel corso degli ultimi mesi.
Nike Women |
Quando il numero uno mondiale di articoli sportivi subiva sul suo mercato domestico il netto rallentamento dei consumi degli americani – con un calo dell’1,1% sulle vendite – la sua attività riportava in Europa un aumento del 6,4% e in Asia un salto del 22%.
Alla fine, il potente rivale di Adidas ha realizzato tra settembre e novembre un fatturato di 4,59 miliardi di dollari, con un aumento del 5,8% in un anno (di cui un punto percentuale dovuto agli influssi del cambio). Nello stesso tempo ha tratto un utile di 391 milioni di dollari o 80 centesimi per azione, un aumento dell’8,8%. Il risultato si è rivelato migliore del previsto – gli analisti puntavano su un profitto leggermente inferiore a 360 milioni di dollari, o 71 centesimi per azione.
Se le ordinazioni hanno subito un calo nei mesi di novembre e dicembre, il gruppo afferma che quelle che dovranno essere consegnate da ora al mese di aprile sono in aumento del 6% su un anno (salvo variazioni di cambio), un livello di evoluzione giudicato estremamente positivo dagli analisti. In Europa, i marchi del gruppo continuano a guadagnare fette di mercato; su certi mercati emergenti come l’Asia, le ordinazioni ostentano livelli di aumento dell’ordine del 25%. Cifre, si compiace il direttore generale Mark Parker, che tendono a mostrare la resistenza del marchio.
Resta il fatto che le previsioni di Nike sono assai prudenti: il gruppo conta su una riduzione del suo margine lordo sulla seconda parte di esercizio e su una stagnazione nell’intero anno. Inoltre, i progetti di aperture si limiteranno a 800 nuovi punti vendita mentre le assunzioni sono congelate. Ma “il peggio è dietro di noi”, afferma Mark Parker.
Di Elena Passeri (AFP)
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