Moda e lusso rimangono molto discreti di fronte alla guerra in Ucraina
L'irruzione delle truppe russe in Ucraina, giovedì 24 febbraio, nel pieno della Milano Fashion Week, è passata quasi inosservata sulle passerelle. Tutto immerso e focalizzato nella sua gioia di riconnettersi con sfilate fisiche e serate folli dopo due anni di pandemia, il pianeta della moda si è fatto notare soprattutto per la sua indifferenza. A parte qualche commento occasionale contro la guerra, un silenzio assordante ha pervaso le capitali dell’universo fashion. Con poche eccezioni.
Alla vigilia della Paris Fashion Week, iniziata lunedì sera con, in particolare, la sfilata di Off-White, il presidente della Fédération de la Haute Couture et de la Mode, Ralph Toledano, ha lanciato un messaggio, invitando tutti i partecipanti, “a vivere le sfilate dei giorni a venire con la serietà che è essenziale in queste ore buie”. “La grande famiglia della moda si riunisce per la settimana della moda di Parigi in un momento in cui la guerra è brutalmente scoppiata in Europa e fa precipitare il popolo ucraino nella paura e nel dolore. La creazione si basa sul principio della libertà, in qualsiasi circostanza. E il ruolo della moda è di contribuire all'emancipazione individuale e collettiva nelle nostre società”, ha ricordato.
A Milano solo due case di moda hanno reagito alla situazione nelle loro sfilate: Giorgio Armani e Francesca Liberatore. Il primo, domenica, ha scelto di sfilare senza musica. Le sue modelle avanzavano in passerella al solo suono del crepitio degli scatti dei fotografi e dei loro passi, suscitando emozione sia nel pubblico che dietro le quinte. È con queste parole che il sarto piacentino ha spiegato il suo gesto: “Qualche ora prima della sfilata ho pensato ‘Cosa posso fare per quello che sta succedendo?’. Non si trattava di mandare soldi o vestiti. Niente di tutto questo... Volevo davvero dimostrare che il mio cuore è con le persone in Ucraina...”. E Giorgio Armani si è interrotto, sopraffatto dalla commozione. “La cosa migliore da fare è mandare un segnale che non siamo contenti, che non vogliamo festeggiare il ritorno alle sfilate, perché c'è qualcosa intorno a noi che ci turba molto”, ha continuato.
Poco dopo, quella stessa domenica, nell'ex chiesa di San Carpoforo a Brera, dove aveva appena presentato la sua collezione, è salita in passerella Francesca Liberatore. Prendendo per mano due modelle, una ucraina e una russa, la stilista ha invitato il pubblico a osservare un minuto di silenzio. Anche in questo caso, il breve minuto, da leggere come un segno di sostegno per tutti coloro che sono stati colpiti dal conflitto, è stato molto commovente.
Esclusi però questi due momenti speciali, la settimana della moda milanese si è svolta come se nulla fosse, nell'euforia più totale, con folle compatte di fan in attesa di veder arrivare starlette e influencer all'ingresso e all'uscita delle sfilate. Per nulla turbati dai pochi manifestanti, accorsi a mostrare la loro solidarietà agli ucraini in prossimità delle sfilate più seguite, come quelle di Versace, Max Mara e Prada, dove alcuni ospiti si erano dipinti sulle guance la bandiera gialla e blu dell'Ucraina.
Alcuni designer si sono espressi contro la guerra, ma in modo molto discreto. Come Elisabetta Franchi, che si è fatta fotografare circondata dalle sue modelle, accompagnata da questo messaggio: “In questo backstage ci sono donne da tutto il mondo, tutte insieme senza confini. È questo mondo che vorrei. No alla guerra”. Tra gli stilisti, alcuni altri prendono posizione contro la guerra sui social network. Ma lo fanno in modo generico, esprimendosi sul loro profilo personale e non su quello del loro brand, come il boss di Moncler, Remo Ruffini, o Alessandro Michele, il direttore artistico di Gucci, che ha postato su Instagram una poesia di Gianni Rodari. “Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio la guerra”.
Il gruppo Kering ha pubblicato su Instagram un riquadro bianco. Balenciaga si è invece distinto per rimuovere dal suo account tutte le immagini precedenti. Se si clicca su questa pagina bianca, appare all'improvviso una piccola colomba. Originario della Georgia, il designer Demna Gvasalia è probabilmente più sensibile di altri stilisti al destino degli ucraini. La Georgia ha subito nel 2008, nelle sue regioni dell'Ossezia meridionale e dell'Abkhazia, un'invasione simile da parte dei russi.
Sentito nel backstage, poco prima della sua sfilata, lo stilista fondatore di MSGM, Massimo Giorgetti, spiega di “aver avuto molti problemi ad esprimersi sui social per alcuni giorni. Ma dopo ho capito che bisognava andare avanti. La moda deve continuare”. L’atteggiamento di Giorgetti riflette piuttosto bene l'opinione della maggior parte dei componenti dell'industria della moda, che solo ora sta iniziando a rialzare la testa dopo due anni di pandemia e non ha nessuna voglia (né può permetterselo) di fare marcia indietro.
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