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Adnkronos
Pubblicato il
18 dic 2018
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Moda, Cribis: con 78 miliardi di fatturato è secondo settore manifatturiero in Italia

Di
Adnkronos
Pubblicato il
18 dic 2018

L'intero sistema moda conta circa 82mila imprese attive, di cui 20.559 in ambito pelletteria (25%), 45.882 in ambito abbigliamento (56%) e 15.493 in ambito tessile (19%). Con circa 500mila occupati (+0,3% rispetto al 2016), l'industria della moda è il secondo settore manifatturiero in Italia dopo le attività metallurgiche. A scattare la fotografia del settore è Cribis, società del Gruppo Crif specializzata nella business information. I dati sono estratti dall'osservatorio Cribis Industry Monitor, realizzato in partnership con Crif Ratings e Nomisma.

Facebook/Reda 1865


Nel contesto dell'industria della moda italiana - uno dei pilastri dell'economia nazionale con oltre 78 miliardi di euro di fatturato, di cui circa 51 miliardi in export - il settore tessile svolge un ruolo primario per l'intera filiera: il comparto, infatti, incide per il 26,7% sul valore della produzione moda, per il 27% sul fatturato totale e per circa il 20% sull'export tessile-abbigliamento complessivo. Le imprese attive nel settore tessile sono circa 15.500, concentrate prevalentemente nelle aree del Centro e del Nord-Est, in particolare in Lombardia e Toscana dove sono sviluppati importanti distretti industriali.

Nonostante la crisi, il settore tessile resta una delle principali realtà per l'industria manifatturiera italiana, grazie a una filiera produttiva che caratterizza il settore e che rappresenta il vero elemento distintivo del comparto tessile italiano in grado di garantire qualità, stile e innovazione. La filiera si articola in settore delle fibre (preparazione e filatura delle fibre, naturali e artificiali), settore tessile (trasformazione e lavorazione delle fibre), settore dell'abbigliamento (confezionamento dei tessuti) e distribuzione (commercializzazione presso clienti privati e industriali).

Tra le imprese tessili attive in Italia, la maggior parte è impegnata nella fabbricazione di tessuti confezionati (32,5%) e nella finitura di tessuti (14,9%): un sistema che impiega circa 17mila addetti, con un giro d'affari di oltre 20 miliardi di euro. In Italia vi sono alcune aree geografiche che ospitano distretti produttivi di importanza mondiale: il distretto industriale di Biella in Piemonte, specializzato nella produzione di tessuti e filati, l'area industriale di Prato in Toscana, specializzata nella produzione di filati e tessuti di lana per l'abbigliamento, e il distretto veronese, in Veneto, con un alto numero di imprese di piccole dimensioni specializzate a ogni livello della filiera.

Il 2017 è stato l'anno della ripresa per il settore tessile: con 15,4 miliardi di produzione venduta, il comparto ha registrato un +8% rispetto all'anno precedente. Tra le varie fasi quella più redditizia è la fase di trasformazione tessile, che registra oltre 6 miliardi di produzione venduta nel 2017, seppur in calo rispetto ai dati degli anni precedenti.

Guardando al commercio con l'estero, l'Italia rappresenta un esportatore netto di prodotti tessili con un export che nel 2017 è stato pari a oltre 10 miliardi di euro e un valore delle importazioni di circa 6,9 miliardi di euro. Nell'ultimo decennio, le esportazioni dell'Italia sono aumentate del 3,3% e la bilancia commerciale si è mantenuta sempre in positivo. Anche nei primi sei mesi del 2018 l'export tessile italiano prosegue la propria crescita, registrando una variazione dell'1,2% delle vendite rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, a fronte di un calo dell'import (-3,2% a confronto il 2017). I prodotti che registrano il maggiore successo a livello internazionale sono i tessuti, i tessuti tecnici/industriali e i tessuti non tessuti. Per filati, articoli tessili confezionati e tappeti, invece, il valore delle importazioni supera quello delle esportazioni.

Il primo mercato di sbocco dell'industria tessile italiana è l'Europa, con il 77% di quota in volumi e il 69% in valore. Il primo Paese importatore è la Germania, con più di 114mila tonnellate di prodotti tessili importati nel 2017, per un valore di oltre 1 miliardo di euro. Negli ultimi dieci anni l'aumento delle esportazioni è stato accompagnato da un pari aumento delle importazioni. Al primo posto tra i Paesi fornitori per l'Italia vi è la Cina che, da sola, rappresenta il 23% del totale delle importazioni, sia in volume che in valore.

Per quanto riguarda la domanda domestica, si rileva un interesse sempre più basso nei confronti degli acquisti tessili, come la tappezzeria, e di vestiario. Nonostante la ripresa degli ultimi anni, la spesa destinata al settore moda è in continua flessione: se negli ultimi 10 anni la spesa complessiva è aumentata dell'8%, quella domestica destinata all'abbigliamento è calata dello 0,76%. Il 40% degli italiani ha ridotto la quantità di abbigliamento e calzature acquistate per ragioni legate sia ai nuovi trend di consumo sia alle tematiche ambientali. Mentre la domanda di prodotti tessili e di abbigliamento continua ad aumentare nei Paesi Asiatici e in Sud America, in Europa e nei paesi del Nord America si ricercano sempre più prodotti a contenuto tecnologico (i cosiddetti 'tessuti intelligenti') e biologici.

La filiera tessile a oggi conta circa 15.500 imprese attive, di cui quasi la totalità (96%) ha meno di 50 dipendenti, che producono il 60% del valore aggiunto complessivo di tutto il settore. Tra le varie produzioni la più diffusa è quella laniera (41,4%), seguita da tessuti a maglia e cotonieri, tutti prodotti tradizionali dell'industria tessile italiana. Anche se l'Italia resta un Paese leader a livello mondiale nella produzione tessile, negli ultimi anni la crisi ha colpito duramente il settore, causando una perdita pari a 3,5 miliardi di valore in produzione, che equivalgono a 4 mila imprese e 40 mila addetti in meno.

La chiave del successo per le imprese che hanno resistito e superato questo periodo di crisi è stata l'innovazione di processo, attraverso l'industria meccano-tessile, e di prodotto con l'obiettivo di migliorare le prestazioni dei tessuti e aumentarne il potenziale tecnologico. Tuttavia, il settore non ha ancora recuperato i livelli precrisi in termini di occupati e valore aggiunto.

Di tutte le imprese tessili attive sul territorio nazionale, quelle impegnate in attività di innovazione sono l'8%, investendo in media circa il 2% del proprio fatturato per questo scopo. Guardando più in generale all'industria della moda, il settore sembra andare ancora più a rilento: solo il 6% delle imprese attive promuove questo tipo di attività, con un investimento del solo 1,8% del proprio fatturato.

I maggiori produttori del settore sono i 5 Paesi con maggiore densità di popolazione a livello europeo: Italia, Francia, Regno Unito, Germania e Spagna che, insieme, rappresentano circa tre quarti dell'intera produzione europea. Anche se, nel corso degli anni, l'industria tessile italiana è stata coinvolta in una progressiva riduzione del proprio giro d'affari, è riuscita comunque a mantenere un ruolo di leadership nel settore a livello europeo. Le motivazioni? La tradizione produttiva e l'alta specializzazione lungo tutta la filiera. Con 59mila euro per addetto, infatti, l'industria tessile italiana è la più performante d'Europa.

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