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21 mar 2022
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Mirta: cresce la piattaforma dell'hand made artigianale italiano

Pubblicato il
21 mar 2022

Fondato dagli imprenditori Ciro Di Lanno e Martina Capriotti nel giugno del 2019, il portale milanese di e-commerce dedicato alle eccellenze artigianali del Made in Italy spinge ulteriormente sulla sua nuova piattaforma B2B Mirta Wholesale, oggetto di una grande area dedicata all’ultimo Mipel, e punta a superare i 10 milioni di euro di giro d’affari al termine del 2022, quando arriverà a proporre un paio di migliaia di brand sul suo sito.

Mirta ha occupato uno spazio di 250 mq. per la sua piattaforma wholesale B2B all'ultimo Mipel 121 - Mirta


“Siamo partiti come piattaforma B2C riferita a clienti privati finali, poi sono state le stesse aziende presenti sulla nostra piattaforma che visto il successo del nostro servizio Business-to-Consumer - soprattutto in epoca pandemica quando le fiere erano bloccate e c’era poco traffico nei negozi - ci hanno chiesto una soluzione per supportarli nel B2B. Così è nata Mirta Wholesale”, racconta a FashionNetwork.con il cofondatore Ciro Di Lanno, “lanciata nel 2021 proprio per connettere aziende artigiane produttrici di beni di lusso con buyer e boutique internazionali indipendenti. Oggi vediamo che il mercato wholesale è in grande fermento e i clienti (sempre più consapevoli e attenti alla tracciabilità) dimostrano di volere tornare a provare l’esperienza in store, dopo due anni di acquisti online”.
 
“All’inizio considerammo fra le prime opzioni anche quella di creare Mirta come brand a sé stante, ma capimmo che le nostre maggiori capacità risiedevano in altro”, aggiunge l’altra cofondatrice, Martina Capriotti. “Così decidemmo di dare più spazio a coloro i quali stanno dietro al prodotto, fornendo alle aziende che creano articoli d’alta qualità i servizi che spesso esse faticano a organizzare in modo valido: marketing, operations, logistica sono il nostro forte, e lì possiamo aggiungere valore”.

Il modello di Mirta è supertrasparente per definizione. Ogni volta che avviene un ordine (e la maggior parte degli ordini della piattaforma è made-to-order, ovvero realizzato su ordinazione, approccio che abbatte gli sprechi), Mirta aggiorna il cliente facendogli ad esempio vedere chi è l’artigiano che sta lavorando il prodotto o informandolo su quando è arrivata la pelle in bottega, oppure scatta foto o gira video di fasi della lavorazione, per fornire la massima trasparenza e la maggiore tracciabilità possibili. 

Ciro Di Lanno e Martina Capriotti, i fondatori - Mirta


Al momento Mirta propone 300 brand sulla sua piattaforma, con nomi come Claudia Firenze, Boldrini Selleria, Buti Pelletterie, Pasotti, Gianni Segatta, Visonà, Vera Persiani, Roberta Gandolfi, Pelletteria Modigliani, Brunocenere, Kara Van Petrol, Athison, Mialuis, con new entry come Aquarama, Del Conte, Ottavio Re, Tredicinodi, Ratti o Calzaturificio Coppola, ma la proiezione di fine 2022 lo vedrà arrivare a 2.000. “L’idea è di fare squadra portando tantissimi brand su Mirta per dare loro una spinta sui mercati internazionali, andando a digitalizzare un processo che attualmente avviene principalmente offline”, aggiunge Martina Capriotti.
 
Secondo una recentre statistica, solo il 17% dei marchi artigiani italiani riesce nel corso del tempo a continuare a produrre con il proprio brand, mentre gli altri, non riuscendo a restare sul mercato, si convertono a una produzione esclusivamente in conto terzi. “Il nostro progetto nasce proprio per ribaltare tale tendenza e il nostro sogno è che queste aziende arrivino a produrre al 100% per il loro brand”, sorride Ciro Di Lanno.
 
Incontratisi in Boston Consulting Group (BCG), Capriotti e Di Lanno provengono da esperienze all’estero, ma volevano fare impresa in Italia perché desideravano “avere un impatto sul tessuto del nostro Paese. Ciò non toglie che in futuro si possa pensare ad internazionalizzare la piattaforma con marchi non italiani, ma il suo cuore lo immaginiamo sempre sul Made in Italy”, afferma Di Lanno, che proviene anche da precedenti studi in fisica teorica: “Poi però ho cercato qualcosa di maggiormente pratico, da realizzare nel concreto con progetti di più breve termine, perciò mi sono spostato sulla consulenza”.

mirta.com


“Non potrei fare ciò che faccio ora senza quell’esperienza in BCG”, spiega Martina Capriotti. “Mi hanno dato la forma mentis per guardare al mondo con occhi diversi, capire cosa non va e fornirmi gli strumenti per risolvere per gradi anche un problema enorme. Prima del progetto Mirta”, aggiunge, “ebbi una rivelazione, quando stavo lavorando in Corea del Sud come consulente per un marchio asiatico. Quest’ultimo stava spostando la produzione dalla Corea all’Italia per avere la qualità Made in Italy della manifattura e del suo brand”, racconta. “Fu così che scoprii come fosse organizzata tutta la filiera e quanto questi grandi artigiani della moda di fatto restino di nicchia, per lo più sconosciuti al consumatore, e quindi quanta opportunità ci fosse nel portare i prodotti con il loro nome sui mercati mondiali”.
 
Al secondo anno d’attività, Mirta è riuscito a portarsi già a 5,5 milioni di euro di fatturato al termine dell’esercizio 2021, con una previsione 2022 di raddoppio del dato. Suo primo mercato sono gli Stati Uniti, con oltre il 60% degli acquisti effettuati sulla piattaforma, segue l’Asia in generale con il 20% (in particolare Hong Kong, Taiwan e Singapore). Il nome Mirta deriva dalla declinazione al femminile del mirto, che secondo la tradizione rappresenta la pianta cara a Venere, dea dell’amore e della bellezza. “Volevamo un nome che rappresentasse la particolarità sia del fascino delle donne che dell’artigianato hand made”, spiega infine Martina Capriotti. “Da qui il nostro simbolo: una mano stilizzata con le tre linee centrali che si uniscono a forma di M”.
 

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