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12 lug 2022
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Milano Unica: le prossime sfide della filiera tessile

Pubblicato il
12 lug 2022

La consueta conferenza inaugurale ha dato il via nella mattinata del 12 luglio alla 35esima edizione di Milano Unica, con la presenza di diversi rappresentanti delle istituzioni e associazioni di settore, che hanno illustrato la situazione attuale del comparto e analizzato le sfide che si profilano all’orizzonte.


La conferenza inaugurale di Milano Unica


La kermesse riunirà negli spazi di Rho Fieramilano fino al 14 luglio un totale di 389 espositori (di cui 65 provenienti dall’estero), che insieme alle proposte presenti nelle aree speciali e di ricerca portano il numero di aziende a 445. Il Presidente di Milano Unica, Alessandro Barberis Canonico, ha evidenziato la nutrita presenza di realtà che propongono un’ampia offerta dedicata alla donna: “In questa edizione ci sono 116 espositori con una proposta sia uomo che donna e 41 solo donna, che producono tessuti in grado di esaltare la femminilità di un capo”.

Dopo il saluto da remoto, a causa di impegni improrogabili a Palazzo Chigi, del Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, che ha ringraziato gli imprenditori del settore tessile per la loro resilienza e sottolineato la necessità di fare aggregazione per raggiungere le dimensioni necessarie ad essere competitivi a livello globale, Barberis Canonico ha ripreso la parola per evidenziare le buone performance del comparto nel primo trimestre del 2022: “La tessitura italiana è cresciuta del 34%, con un +46% nell’export. A fronte di una ripresa notevole negli Stati Uniti e in Europa, solo la Cina è rimasta in stallo”. Il Presidente ha però sottolineato anche alcune delle principali problematiche che il settore si trova attualmente ad affrontare: “Oggi c’è una grande instabilità in termini di costi e fattori produttivi, in particolare i costi delle materie prime e di energia e gas, questi ultimi quadruplicati rispetto al 2021. Se consideriamo che il tessile, per la sua tipologia di produzione, utilizza molta energia, è fondamentale che per il nostro settore venga stabilito un tetto massimo di tali costi a livello europeo. Un altro aspetto sfidante è la difficoltà di reperire manodopera specializzata in tutta la filiera: la formazione deve essere un investimento prioritario per associazioni e imprenditori”.

In occasione della cerimonia, sono stati presentati i dati di un’analisi condotta da Bain & Company, da cui emerge che il settore moda (premium e lusso, escludendo il segmento mass) ha realizzato nel 2021 circa 280miliardi di euro (+28% sul 2020), con una ripresa guidata da Cina, America ed Europa. Nell’abbigliamento, si evidenzia una ripresa del segmento donna più veloce rispetto all’uomo, sebbene rimanga sotto i valori del 2019. I primi mesi del 2022 hanno registrato complessivamente un solido recupero, principalmente sostenuto dal dinamismo in America e dal consumo locale in Europa, mentre la Cina, dopo i primi mesi di continua crescita, ha subito un drastico rallentamento della domanda, fortemente ostacolata dalla politica zero-Covid iniziata a marzo.

Per il comparto moda, ci si attende che anche il segmento premium, oltre al lusso, ritorni ai valori pre-Covid tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2023. Questo, insieme a una continua performance positiva attesa nel segmento lusso, sta contribuendo alla forte ripresa del mercato tessile, con ordini a parità o già oltre i livelli del 2019 per la PE 2023 (trend che dovrebbe essere confermato anche per l’ AI 2023/24) e un fatturato complessivo del comparto che dovrebbe quindi ritornare a livelli pre-pandemici a partire dal primo semestre 2023, circa un anno in anticipo rispetto alle attese. Queste previsioni sono supportate non solo da un solido aumento dei volumi, ma anche da un effetto prezzo legato all’aumento di listini, in conseguenza dell’inflazione dei costi. L’attuale ripresa del mercato tessile è guidata dalla ripresa della domanda di abbigliamento formale, anche se in una nuova veste che Bain definisce “post streetwear”, ma anche influenzata dalla attuale situazione di stress della supply chain produttiva.

“Alla luce delle dinamiche che si stanno definendo, nei prossimi mesi i produttori tessili si troveranno ad affrontare tre sfide fondamentali per fidelizzare ulteriormente i propri clienti e sostenere il proprio business: ridurre i tempi di consegna, innovare l’offerta attraverso lo sviluppo di nuovi materiali performanti e sostenibili, adatti alle nuove occasioni ibride casual-formali dei consumatori, e investire in una value proposition lavorativa attrattiva per reclutare i nuovi talenti e formarli adeguatamente”, ha commentato Claudia D’Arpizio, Senior Partner di Bain & Company. “Questo scenario presenta anche una irrinunciabile opportunità per il comparto: definire procedure e standard comuni per la certificazione della sostenibilità dei tessuti, collaborando a livello di filiera e distretti e facendo leva sull’esperienza unica e l’eccellenza dei produttori italiani. Questo permetterebbe di assicurare ulteriore impulso e rilevanza al saper fare sostenibile del Made in Italy, oltre a un notevole vantaggio competitivo verso i marchi clienti e i consumatori finali”.
 
Infine,  anche Sergio Tamborini, Presidente di Sistema Moda Italia,  ha analizzato il tema della sfida sostenibile del tessile e abbigliamento e delle misure necessarie per la filiera: “Stiamo attraversando un momento di grandi incertezze e quindi di grandi opportunità. Il mercato è stato ottimo negli ultimi mesi, anche se molto più in volumi che in margini; alla fine dell’anno le aziende dovranno analizzare attentamente i loro conti economici. Le imprese manifatturiere sono compresse tra la necessità dei clienti di non avere rincari, che si rifletterebbero poi sulla merce negli scaffali, e gli aumenti dei costi della produzione. Oggi i magazzini dei tessuti sono pieni, perché molte aziende avevano paura di non ricevere le materie prime a causa dei problemi nella logistica e hanno quindi aumentato gli ordini. Attualmente i tempi per avere materiali dalla Cina sono lunghissimi, con costi decuplicati. L’energia è un problema enorme, l’anno scorso incideva tra il 2% e l’8% sulla produzione, ora è aumentata di cinque volte. Nonostante ciò, le aziende hanno dimostrato una vitalità incredibile. Il fenomeno del reshoring, che è reale anche se non immediato, potrebbe rappresentare una grande opportunità per Europa e Nord Africa, in particolare per l’Italia, che ha un bacino produttivo enorme al sud; occorre però ripensare il costo del lavoro. Infine, per quanto riguarda la sostenibilità, vanno determinati standard uguali per tutti e dobbiamo farlo noi europei, perché è in Europa che si produce la moda di qualità”.

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