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6 feb 2013
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Milano Unica: espositori -5,6%. I consigli di Sir Paul Smith

Pubblicato il
6 feb 2013

Silvio Albini, Presidente di Milano Unica, Michele Tronconi, Presidente di Sistema Moda Italia e Sir Paul Smith, stilista e imprenditore inglese di culto, hanno inaugurato la XVI edizione di Milano Unica, il salone italiano del tessile in svolgimento fino all'8 febbraio a Fieramilanocity.

Michele Tronconi a Milano Unica. Foto: Ansa


Su una superficie espositiva di 62.200 mq (confermatasi al livello dell'anno scorso), gli espositori di questa 16ma edizione sono 417, contro i 440 dell'edizione di febbraio 2012 (-5,6%). “Un certo numero di aziende, soprattutto di piccole e medie dimensioni, non hanno ritenuto opportuno o non hanno potuto partecipare”, ha rimarcato Silvio Albini, Presidente di Milano Unica, “ma va ricordato che tra poco più di un mese, a Pechino, saranno 128 le aziende italiane che parteciperanno a Milano Unica Cina e non più le 95 della scorsa edizione, per un incremento del 35%. Un'ottimo esempio di come le nostre imprese debbano essere sempre più globali, non solo nella coerenza di visione e ottica, ma anche nell'execution, ovvero nella capacità di far accadere le cose, che non può prescindere dalla conoscenza delle specificità dei mercati locali”.

Nel 2012, secondo le elaborazioni effettuate dal Centro Studi di Sistema Moda Italia, il fatturato complessivo del comparto della tessitura italiana è risultato pari a circa 8 miliardi di euro (erano stati 8,365 nel 2011), con un calo pari al 5,1%.

Un dato che va però scomposto. I diversi settori della tessitura italiana hanno, come sempre, dinamiche diverse. Mentre la tessitura serica archivia il 2012 con un risultato ancora positivo, la tessitura laniera perde circa il2%, mentre flessioni di maggiore entità interessano, secondo le stime, la tessitura a maglia e soprattutto la cotoniera e liniera.

Il fatturato complessivo paga soprattutto i cattivi risultati fatti registrare sul mercato domestico e su quello europeo, a partire da quello tedesco (-9,2% nei primi 10 mesi 2012), che tuttavia continua a rappresentare il primo mercato di sbocco della produzione italiana, pesando per l'11% sul totale dell'export. Sempre in base ai dati dei primi 10 mesi dell'anno scorso, gli unici Paesi europei ad avere un segno positivo sono Portogallo (+12,1%) e Regno Unito (+3,1%), mentre calano di molto Francia (-10,6% e Tunisia (-20,6%), direttamente collegata all'industria francese.

Al di fuori dell'Unione Europea, ecco arrivare fortunatamente la crescita della Cina (+5,5%), degli USA (+6,8%), del Giappone (+18,3%) e della Russia (+12,4%). Cina+Hong Kong (nonostante il calo di quest'ultimo, -7%), con quasi 320 milioni di euro restano saldamente al 2° posto fra i Paesi verso i quali si esportano maggiormente i tessuti Made in Italy.

Risultato finale: grazie anche al forte calo delle importazioni (-12,3% rispetto al 2011), che ha coinvolto tutti i Paesi di provenienza, il comparto fa registrare una bilancia commerciale che cresce a 2,55 miliardi di euro, un saldo positivo che si ottiene da 4 anni consecutivi. “Tutto questo”, ha fatto notare Albini, “senza alcun aiuto dalla nostra politica e in assenza di qualsiasi intervento a sostegno della competitività da parte dei governi che si son succeduti nel tempo nel nostro Paese. Fra una burocrazia sempre più complicata, un carico fiscale troppo oneroso o i tanti ostacoli al credito, sembra che gli esecutivi non vogliano proprio tenere conto della frase che ha recentemente pronunciato Giorgio Armani: 'Non dare una mano oggi alla filiera della moda italiana sarebbe un suicidio'”.

“Io però sarò un inguaribile ottimista”, ha concluso Albini, “ma da questo punto di vista sono positivo. Il mondo è grande, e vi sono ancora tantissimi spazi per le nostre aziende e i nostri prodotti. Noi dobbiamo saper cogliere queste occasioni, puntando soprattutto sui mercati internazionali, in attesa della ripresa del mercato interno. Viva quindi il prodotto bello, ben fatto e che deve far star bene”.

"Dal 2007 al 2011 il silenzio della politica è stato assordante”, ha continuato poi un sempre ficcante Michele Tronconi, presidente uscente di Sistema Moda Italia. “I nostri bilanci di questi anni parlano chiaro: nel periodo dal 2007 al 2011 per il tessile-abbigliamento c'è stato un crollo preoccupante di un -16% del fatturato e del -13% degli impieghi, al quale si è aggiunta un'ulteriore discesa del 10% nel 2012".

“Per fortuna il comparto è a macchia di leopardo, per cui mentre alcuni soggetti soffrono, altri corrono e ci danno speranza”, ha aggiunto Tronconi. “Si devono poi fare le riforme, perché abbiamo troppi vincoli burocratico-fiscali. Lo scorso governo ha approvato leggi che non ci aiutano e ha lasciato decadere provvedimenti necessari. Con il prossimo esecutivo”, ha concluso Tronconi, “è necessario che la politica industriale dall'alto stringa la mano a quella dal basso. Non si può continuare a pensare di vincere fuori casa, perdendo poi a casa nostra, perché non riusciamo a risolvere i problemi interni e a fare sistema; bisogna prima di tutto mantenere l'unità fra noi".

Sir Paul Smith a Milano Unica. Foto: Ansa


Dallo stesso palco ha parlato di ispirazione lo stilista britannico Paul Smith, affezionato visitatore della fiera e premiato da Milano Unica con un riconoscimento. Nel corso della sua appassionata e divertita presentazione, l'applauditissimo stilista inglese, imprenditore di grande successo, nominato baronetto nel 2000 dalla regina Elisabetta, ha dichiarato che molte ispirazioni per le sue collezioni sono dipese da quello che aveva visto in fiera: "Gli stilisti che rimangono nelle loro torri d'avorio sbagliano. Dovrebbero fare come me e venire a farsi venire belle idee visitando fiere come questa, invece di rimanere chiusi nei loro confortevoli studi".

"Molti anni fa", ha continuato Paul Smith, da sempre assiduo frequentatore di Moda In, Ideacomo, Shirt Avenue e Ideabiella e poi di Milano Unica, "mi capitò di vedere un tessuto con delle stampe da fotografie. Da allora ho utilizzato milioni di metri di tessuti di ogni genere fatti a partire da fotografie. Certo, li ho elaborati a modo mio, ma se quel giorno non fossi entrato in quello stand, una delle cose che tutti conoscono di me, le stampe fotografiche, appunto, non ci sarebbe neppure stata".

Secondo Smith, nell'epoca di falsità, prima di tutto finanziarie, e di consumismo rampante, che abbiamo vissuto almeno dal 1995 in poi, bisogna fermare queste bugie, causate soprattutto dall'ego sempre più ipertrofico dell'uomo di oggi. Fra i consigli che il designer britannico ha dispensato, c'è stato il non rimanere prigionieri di parole pericolose come “lusso” o “heritage”, l'utilizzo di un maggiore uso dei colori, non i soliti grigi, blu, marroni, ma realizzare capi eleganti da uomo anche con colori più sgargianti, spesso più apprezzati dalle riviste di settore per i loro servizi fotografici o dagli artisti di successo, che danno una enorme pubblicità indiretta. Stand più attraenti e originali e tante collaborazioni nei campi più disparati possono aiutare un settore di base come il tessile. “Pensate che io ho disegnato biciclette, uno snowboard per Burton, una fotocamera per Leica che è stata talmente richiesta che con mia grande sorpresa era già sold out come ordinazioni 3 mesi prima che fosse persino prodotta...”.

“Certo, per il tessile è più difficile rispetto alla moda”, ha proseguito Smith, “perché i brand di abbigliamento hanno i fashion show, la pubblicità che possono fare in un certo modo, alcuni, come Lagerfeld, sono delle star conosciutissime, mentre il tessile per farsi conoscere ha le fiere di settore o gli agenti”, ha aggiunto Smith. Inoltre, l'e-commerce sta crescendo enormemente e per un'azienda tessile che vende “solo” il tessuto, essere competitivi diventa difficile. “Come si fa? Per comprare un tessuto lo si deve toccare, annusare”.

“Penso poi alle “boring streets” di oggi”, ha dichiarato Sir Paul. “Nel mondo, tutte le vie principali delle maggiori città o le primarie strade dello shopping sembrano/sono tutte uguali. Sul pianeta oggi ci sono troppi negozi e un'overdistribuzione. Basti pensare che LVMH controlla più di 60 marchi, PPR, fra marchi propri e semi-propri, gestisce 18 brand, Richemont 19”.

“Puntate dunque a creare più partnership, e sfruttate maggiormente le internship, i tirocini e le potenzialità dei giovani dei Paesi emergenti: ben il 45% degli studenti della London School of Design a Londra provengono dal Far East. Voi avete maestria, artigianalità, storia, patrimonio culturale, siete un'industria seria ed efficiente. Pensate allora in modo diverso, laterale, non copiate da altri. Puntate a creare cose non facili, ma giuste”.

Indicazioni preziose quelle di Sir Smith, sulle quali riflettere bene, visto e considerato il momento di grande difficoltà per tutto il settore.

Gianluca Bolelli

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