Milano Fashion Week: Max Mara e la rinascita del suo logo
Max Mara ha proposto a Milano una presa di posizione netta a favore del minimalismo contemporaneo e ha ricordato le gioie del total look, in un défilé che ha annunciato la rivisitazione del logo originale del marchio emiliano.
Un promemoria salutare in un momento in cui la mescolanza sfrenata alla Gucci domina il mondo della moda: una visione della moda pulita, limpida e controllata, che può anche avere molto fascino ed eleganza.
Collocata in un gigantesco cortile, la passerella color spiaggia sabbiosa era decorata con loghi Max Mara degli anni ‘50, in caratteri latini. “È esattamente il logo utilizzato da mio padre nel 1951, quando ha lanciato la prima collezione Max Mara, composta solamente di due cappotti e un abito”, ha spiegato con fierezza l’AD Luigi Maramotti, la cui famiglia possiede la griffe.
Suo padre Achille ha presentato il primo défilé nella sua città natale di Reggio Emilia, dopo che sua madre (che aveva creato una scuola di sarte) ha chiesto alle tre migliori diplomate del corso di cucire i primi modelli. Da Max Mara questa tradizione prosegue ancora ai giorni nostri. Del resto, il marchio reggiano ha sempre avuto la reputazione di proporre una qualità impeccabile e delle finiture perfette. Attualmente, il suo impero commerciale comprende oltre 2.600 punti vendita nel mondo: un vero colosso dell’abbigliamento rispetto alla maggior parte dei marchi che sfilano sulle passerelle europee. Solo a Parigi, Max Mara possiede sei negozi, tra i quali il flagship di avenue Montaigne e ampi spazi ai Printemps e al Bon Marché.
Per la prossima primavera, Max Mara immagina delle signore in abiti di organza beige o bianca, tagliati in impermeabili aggiustati a linee sottili o in trench tagliati per farne delle minigonne. Molti i tessuti stampati, per dei total look che combinano cappotto, gonna, borsa e scarpe, e una fantastica serie di nuove stampe floreali per stimolare un'atmosfera di freschezza.
Aggiungete a questo giacconi, blazer, spolverini e pantaloni da uomo in un tessuto jeans anch’esso molto fresco, e con dei revers di venti centimetri. Una delle modelle, in giacca di jeans, indossava un velo: così come molte signore sedute in prima fila. Agli occhi di tutti, questo momento denim a Milano somigliava, per essere sinceri, a un revival di Helmut Lang a Milano.
“Lavorare con e non contro la natura”: il programma citava il celebre giardiniere francese Gilles Clément. Ed è assolutamente quello che la collezione è riuscita a fare: Papà Achille ne sarebbe stato fiero.
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