Max Mara: “Bonjour Tristesse” alla Bocconi
Una collezione di abiti per il post-lockdown dalla levigata regolarità e minuziosa sottigliezza quella vista da Max Mara, ispirata al grande romanzo femminista ed esistenzialista Bonjour Tristesse (1954).
Il racconto di Françoise Sagan sull'idilliaco soggiorno estivo di una giovane donna mondana in Costa Azzurra - pubblicato quando aveva 18 anni - ha scioccato il mondo letterario a causa del carattere scaltro e consapevole della protagonista.
Ironia della sorte, per un romanzo basato sull'indolenza vacanziera, questa collezione è stata presentata in una sfilata tenutasi all'interno della Bocconi, la grande business school di Milano, all’esterno della quale si sono riversati migliaia di laboriosi e ambiziosi studenti per scattare foto delle modelle e delle celebrità in arrivo sul posto.
Qualunque sia stata l'ispirazione, resta il fatto che il risultato finale è stato una moda facilmente digeribile, con accenni all’iniziale stile beatnik della Sagan. Che significa abbigliamento elegante da operaio - dai grembiuli da pescatore (ma confezionati nei migliori popeline) ai giacconi pesanti (ma realizzati in cashmere double face). Lo stilista di Max Mara, Ian Griffiths, ha giocato sullo stile ribelle della Sagan con una brillante gonna decostruita realizzata sulla base di un trench ridotto. Si riesce benissimo ad immaginare Jean Seberg - protagonista della versione in lingua inglese di Bonjour Tristesse - indossarla.
Anche quando Griffiths ha usato il denim, esso sembrava un tessuto di alto valore, raffinato ed elegante, visto negli abiti a tunica oversize o nel cappotto gigante da operaio indossato da Gigi Hadid che ha concluso la sfilata. Tutto rifinito con impunture, come comparse in un film di Pagnol ambientato nel Mediterraneo.
“Invece di studiare, Sagan ha scritto un romanzo e ha idealizzato la sua perfetta estate di romanticismo e intrighi in Costa Azzurra come il perfetto momento esistenzialista. E stavo pensando a come abbiamo immaginato le nostre vite, e all'idea che possiamo uscire di nuovo e riscoprire la pura gioia di stare fuori nel mondo”, ha spiegato il designer, il cui mood board era pieno zeppo di immagini della versione classica di Otto Preminger del film tratto da Bonjour Tristesse, una visione stilosa di un'elegante noia.
Griffiths ha persino spedito in passerella alcune giacche e minigonne in tela a strisce da ombrellino parasole, gli stessi colori usati sulle sedie a sdraio da spiaggia dove sedeva il pubblico accuratamente distanziato secondo le norme in vigore. E, essendo questa una sfilata di Max Mara, il designer ha mostrato diversi deliziosi cappotti fluttuanti e caban in pelle di daino - in color crème caramel o arancio Guantanamo Bay.
Quasi tutti i look erano completati dai tipi di calzature più in voga visti fino ad ora nella stagione milanese: scarpe a zeppa coi lacci e stivaletti da centurione intrecciati.
Ian ha anche fatto riferimento agli abiti degli anni '60 di Deborah Kerr - la vecchia fiamma del padre della Seberg nel film - aggiungendo al défilé un elemento moderno di minimalismo di strada.
Forse questo show di Max Mara non è stato eccezionale, ma come collezione per le donne che riemergono alla luce del giorno e alla vita sociale da quella prigione che è stata la pandemia è sembrata nonostante tutto corretta.
Un Max Mara più rivelatore, con molta più pelle in vista di quanto si fosse abituati a vedere nelle collezioni di questo marchio. Un brand inventato per vestire le ricche mogli dell'alta borghesia di provincia. Il che, ci viene in mente, è proprio l'ambiente sociale in cui si muovono molti dei personaggi di Bonjour Tristesse.
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