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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
9 giu 2023
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Mauro Grimaldi (AZ Factory): “Stiamo entrando nella fase 2 dello sviluppo”

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
9 giu 2023

In occasione del lancio del suo nuovo pop-up parigino, Mauro Grimaldi, consulente strategico di Philippe Fortunato, CEO della divisione moda e accessori del gruppo svizzero del lusso Richemont, spiega a FashionNetwork.com il modello di business unico di AZ Factory, di cui è responsabile, e come intende evolvere il brand lanciato da Alber Elbaz, avviando una nuova fase di sviluppo dopo un anno intenso e sperimentale di collaborazioni.

Mauro Grimaldi - DR


FashionNetwork: AZ Factory è stato lanciato alla fine del 2020, pochi mesi prima della scomparsa del suo fondatore Alber Elbaz. A che punto è il brand oggi?
Mauro Grimaldi: Alber Elbaz è uno dei nomi sensazionali della moda e della scena parigina. Ci ha lasciato dei valori molto forti. Il gruppo Richemont ha deciso di non interrompere il progetto che aveva avviato con il designer, ma di investire su tali valori e sulla creazione indipendente. Il marchio ora impiega una trentina di persone. Quando ha creato la maison, Alber Elbaz aveva in mente due o tre concetti. Uno era di non ripetere ciò che aveva già fatto. L'altro, creare un ambiente di lavoro progettato collettivamente. Non voleva un marchio a suo nome. Voleva realizzare una moda rivolta alle donne e non fatta per le passerelle. Cerchiamo di rimanere più fedeli a questo spirito che ai codici che Alber Elbaz non ha avuto il tempo di creare per la sua casa di moda, la quale non ha un heritage, ma si riassume bene nello slogan “smart fashion that cares” (“moda intelligente e attenta”).
 
FNW: Avete dovuto adottare un nuovo modello di business. Com’è andata?
MG: Siamo passati a un sistema più collettivo cercando di pensare a soluzioni che incarnino in maniera logica i valori del brand, senza per questo sentirci obbligati a spuntare tutte le caselle per ogni collezione. L'idea importante è quella di un collettivo, che preservi tutte le identità. È con questo spirito che abbiamo lanciato il nostro programma di collaborazioni. La grande differenza rispetto ad altre etichette è che noi collaboriamo con dei designer e non con dei brand.

FNW: L'anno scorso avete dato un’accelerata alle partnership...
MG: Nel 2022 abbiamo avviato otto collaborazioni! È stato un anno molto intenso e sperimentale. Abbiamo fatto molto per dimostrare che eravamo belli attivi, vivi, curando le collezioni in modo molto ampio. Ora stiamo entrando nella fase due dello sviluppo. Stiamo iniziando a costruire un business solido, anche se siamo ancora nella fase di strutturazione del progetto.
 
FNW: Come scegliete i designer, che chiamate “Amigos”?
MG: Abbiamo approcci diversi. Possono essere giovani designer, che hanno già lanciato un proprio brand, come Thebe Magugu o Ester Manas. O designer indipendenti più assertivi, di cui apprezziamo il lavoro con altre maison o la propria linea, che sono a una svolta, come con Lutz Huelle o Molly Molloy. Infine ci sono i grandi debuttanti, di cui presentiamo le collezioni durante la settimana dell’alta moda per creare un legame tra Haute Couture e Gen Z.

FNW: Avete dato vita anche a collaborazioni atipiche?
MG: Sì, abbiamo lanciato delle collaborazioni un po' al di fuori di questo quadro. Ad esempio, con il collettivo di dj milanesi Club Domani, che si occupa della nostra musica, e ha realizzato per noi una serie di t-shirt da clubbing, o con Sheltersuit, la fondazione del designer di streetwear Bas Timmer, che realizza sacchi a pelo per i senzatetto, e che ha disegnato borse a partire da materiali riciclati provenienti dai nostri stock. Ogni borsa venduta finanzia un sacco a pelo per i bisognosi. Approccio che s’iscrive nell'idea di moda intelligente, che è fatta anche per aiutare, non solo per vendere.
 
FNW: Come sono organizzate le presentazioni delle collezioni?
MG: In generale, presentiamo le pre-collezioni a gennaio e giugno. Ora il progetto diventa permanente con Lutz Huelle. Dopo la sua prima collaborazione, abbiamo deciso di affidargli le nostre pre-collezioni. Durante le settimane della moda femminile, sveliamo i nostri nuovi progetti con dei designer che hanno il potenziale per diventare collaboratori permanenti. Infine, come dicevo, durante la Haute Couture offriamo un'esperienza incredibile a designer totalmente sconosciuti, ai quali diamo la possibilità di creare delle mini collezioni.

FNW: Questi sperimentazioni sono sfociate in progetti più concreti?
MG: A volte hanno portato a declinazioni commerciali. Ad esempio con Tennessy Thoreson, che crea attorno al tema queer, abbiamo commercializzato alcuni dei suoi pezzi. Non siamo solo un marchio, che deve produrre risultati. Svolgiamo anche un ruolo di incubatore tra i giovani, che possono diventare dei talenti per il gruppo. Come ha illustrato proprio Tennessy Thoreson, che lavora da Chloé.
 
FNW: Come si diventa designer permanente presso AZ Factory?
MG: Abbiamo ancora il laboratorio creato da Alber Elbaz, che di fatto è il custode del suo spirito. Abbiamo grandi talenti che vi svolgono esperimenti abbastanza specializzati. È la nostra Formula 1! Un piccolo laboratorio di cinque o sei persone con le quali ci deve essere un vero scambio. Con Lutz è andata molto bene, ha un potenziale fortissimo e una nozione di eleganza che è in sintonia con una certa idea di Alber Elbaz. La sua collezione ha avuto anche un'ottima accoglienza da parte della stampa e della distribuzione, con il ritorno di una parte degli affezionati clienti di Alber Elbaz.

Un outfit di Lutz Huelle, che ora è un designer permanente presso AZ Factory - © ImaxTree


FNW: In che modo il vostro modello differisce da quello di altre marche?
MG: AZ Factory è un po' come una galleria d'arte specializzata nella moda. Vengono selezionati stilisti-artisti, ai quali le collezioni vengono commissionate come fossero mostre. Siamo ancora molto piccoli e abbiamo bisogno del supporto di Richemont. Potrebbe essere un modo diverso di investire nella moda. Non investiamo in un marchio storico per vendere borse, ma ci rivolgiamo ai designer indipendenti. La maison è rivolta al futuro e punta sulle innovazioni. Il nostro è un progetto entusiasmante. I consumatori sono pronti ad accogliere questo tipo di progetto. Cercano altro, brand con nuovi codici, che non necessariamente guardano al passato. Ci presentiamo anche come un marchio di moda democratica, con un prodotto creativo di qualità al giusto prezzo, che deve avere un senso.
 
FNW: Avete aperto un pop-up a Parigi anche quest'anno, perché?
MG: AZ Factory nasce come progetto esclusivamente digitale. Personalmente, trovo questa formula un po' incompleta. La moda ha una dimensione tattile e giocosa, che richiede una connessione fisica. Dopo il successo del test dell'anno scorso, stiamo aprendo un nuovo spazio temporaneo nel Marais, dal 26 giugno al 6 luglio. L'anno scorso, un cliente partner ha rilevato tutti i marchi per ricreare un pop-up simile da lui, ad Abu Dhabi. Vogliamo andare in questa direzione e replicare il pop-up a livello internazionale. Non abbiamo progetti di aperture di boutique, bensì la volontà di creare spazi fisici in luoghi diversi in momenti interessanti.
 
FNW: Non siete venduti solo online, quanti rivenditori avete?
MG: Al di là del nostro e-shop e ai partner di e-commerce Richemont, Farfetch e Net-A-Porter, siamo distribuiti a una cinquantina di clienti multimarca, tra cui Selfridges, Printemps, Saks Fifth Avenue, Sugar e Tiziana Fausti. Non imponiamo loro condizioni commerciali. Per noi sono dei veri partner commerciali, che supportano i creatori moda.
 
FNW: Quali sono i vostri mercati principali?
MG: Gli Stati Uniti sono il nostro primo mercato, seguiti da Francia, Inghilterra e Germania. Il Medio Oriente, con Dubai, si sta prendendo una posizione importante, così come il Giappone, dove veniamo venduti da Hankyu, e la Cina.
 
FNW: Quali sono i progetti per il futuro?
MG: L'idea è di continuare a supportare degli stilisti di moda. Vogliamo mantenere lo spirito delle sorprese e del caos creativo caro ad Alber Elbaz.

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