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Pubblicato il
28 ott 2021
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Maria Grazia Chiuri (Dior): “La filiera? Strategica. Troppi pregiudizi sulle donne, moda faccia autocritica”

Pubblicato il
28 ott 2021

Primo direttore creativo donna della maison Dior - ed italiana che dirige addirittura lo stile di una maison francese - Maria Grazia Chiuri ha parlato al Milano Fashion Global Summit 2021 delle caratteristiche e delle differenze tra le filiere di Italia e Francia, ma anche di percorsi delle donne e di futuro del comparto moda.

Maria Grazia Chiuri alla sfilata della cruise collection Dior 2022. Foto: Ria Mort, per gentile concessione di Dior


“Le filiere di Italia e Francia sono due realtà molto diverse e questo dipende dai differenti momenti storici in cui si sono sviluppate”, ha precisato. “La realtà francese è molto orientata alla couture, ed è poco sviluppata la sua parte industriale. La capacità dei francesi è stata ben indirizzata verso la comunicazione della realtà sartoriale e del valore dell’eccellenza, visto anche il forte legame che hanno con gli studi riferiti alla moda. La realtà italiana ha avuto uno sviluppo più tardivo ed è esplosa con il prêt-à-porter negli anni ’70, ma dal punto di vista intellettuale è sicuramente stata vissuta più dal lato business, ed enfatizzando l’aspetto creativo ed imprenditoriale del Made in Italy”.
 
Maria Grazia Chiuri ha poi spiegato che nel venire a Parigi ha capito maggiormente la forza del Fatto in Italia e della sua filiera, in una realtà italiana che presenta aspetti unici, fatta spesso di PMI con imprenditori che usano un approccio molto creativo e innovativo. “È stato molto importante per me tenere presenti” queste specificità italiane “e promuoverle, soprattutto durante il periodo del Covid”.

“Ho potuto avere un contatto diretto con gli artigiani della filiera perché ho avuto la fortuna di iniziare la mia carriera lavorativa con i fondatori di aziende, come le signore Fendi o Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti”, ha proseguito la designer romana di padre pugliese. “Essi mi hanno mostrato quanto fosse stretta la collaborazione con la loro filiera. Poter collaborare per lungo tempo con questi grandi imprenditori-designer mi ha fatto capire l’importanza che c’è dietro questo lavoro d’équipe. Nella storia della moda, invece, si ha spesso una visione del designer che agisce da solo. In realtà si tratta di un lavoro di team, in cui la filiera svolge un ruolo strategico”.
 
Un rapporto con le artigianalità e un racconto concretizzato particolarmente bene nelle Cruise Collection disegnate da Chiuri per Dior, fatte sfilare quest’anno ad Atene e l’anno scorso a Lecce, per esempio. “Nelle mie precedenti esperienze da Fendi e Valentino non avevo mai realizzato sfilate cruise, e meno che mai mi ero orientata a realizzare sfilate in loco in altri Paesi”, racconta la stilista. “Per me è stato quasi naturale entrare in conversazione su un territorio che reputo comune, ovvero quello della craftmanship di queste nazioni, a livello artigianale o con medie imprese, perché da parte mia c’è la necessità di far capire come avere sul proprio territorio delle eccellenze non sia esclusivo di Italia e Francia. Anche Paesi meno noti possiedono specificità e lavorazioni validissime, capaci di incidere nel mondo della moda, che sono couture anche se non sono Made in France”.
 
Chiuri si è detta “fortunata” di aver potuto abbracciare il ruolo di stilista di Dior a Parigi “in età abbastanza matura da non spaventarmi di nulla a livello professionale”, dice. “S’è parlato molto di essere la prima donna in questa funzione così importante in 70 anni di storia del marchio Christian Dior, ma io sono riuscita ad affrontare tutto con molta naturalezza anche perché tutti quanti [in azienda] sono mossi da grandissima passione”.
 
Una grossa responsabilità, dunque; aspetto al quale tuttavia Maria Grazia Chiuri era già abituata: “Il senso di responsabilità me l’hanno inculcato nella mia famiglia a livello educativo - anche troppo, me la porto sulle spalle da sempre (ride); perciò ho un innato senso di responsabilità nel mio lavoro. Chiunque abbia un ruolo di rilievo ha comunque una responsabilità ancor più grande, perché le sue azioni incidono sull’esistenza di tante altre persone”.
 
Da stilista donna, Maria Grazia Chiuri ha sempre supportato l’universo femminile venendo considerata stilista impegnata, femminista, politica. Un impegno che nasce “sicuramente dall’aver iniziato la carriera nel mondo della moda a poco più di 20 anni, sapendo benissimo quanto sia duro affermarsi in questo settore per una donna, anche se è un’industria con una presenza femminile elevatissima, prevalente in molti segmenti. In realtà però è molto difficile (a meno che non si sia i titolari del proprio brand, come le signore Fendi) arrivare da donne in posti di rilievo, anche con grandissimi curriculum ed esperienze sulle spalle”.
 
Secondo lei anche in questo settore del mondo del lavoro, “come nella quasi totalità, esiste un pregiudizio, forse molto di più nella creazione. Spesso anche le donne pensano per prime che il genio creativo sia sempre un uomo, meno che mai una donna, meno che mai sposata, meno che mai con dei figli, e meno che mai di età avanzata come ormai sono io (la stilista ha 57 anni, ndr.)”.
 
“Ci sono talmente tanti pregiudizi in questo senso che mi sono sentita in dovere di dare voce, grazie a questa grande piattaforma che è Dior, a tante donne artiste. Su questo aspetto la moda dovrebbe fare molta autocritica”, afferma. 
 
“Sono molto contenta che il mio lavoro creativo riscuota desiderio e piacere nell’indossarlo. È gratificante e mi piace anche l’interpretazione che altri danno del mio lavoro. Il successo è semplicemente una conseguenza di lavorare seriamente e con metodo, passione e dedizione”, ha aggiunto Chiuri.
 
E l’universo fashion dei prossimi 20 anni come cambierà? “Già solo negli ultimi 5 anni è cambiato tantissimo nella moda. Ad esempio, rispetto a quando ho iniziato da Dior, quando molto spesso una critica che mi veniva mossa era che fossi una designer politica, beh, oggi abbiamo la dimostrazione che la moda è un territorio altamente politico e tocca tanti elementi molto sensibili. Le nuove generazioni sono molto preparate in questo senso. Se pensiamo alla moda che ho conosciuto all’inizio, così come tutti gli operatori del settore cresciuti con me quando sono approdata ormai 38 anni fa in questo campo, penso che la mia generazione adulta debba ristudiare per capire quanto il cambiamento sia in atto e sarà sempre più veloce”.
 
Sul futuro di Dior, Chiuri non pensa di guardare troppo avanti nel tempo. “Credo di essere solo un capitolo nella lunga storia di Dior. Penso che i marchi storici della moda abbiano un valore in sé, al di là dei loro fondatori. Sono felice di essere stata parte di questa storia (come sono felice di essere riuscita a far parte del percorso di Valentino e Fendi), ma altri verranno dopo di me e contribuiranno a scrivere altri bei capitoli della lunga storia di questo marchio”.

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