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24 feb 2014
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MFW: Armani chiude in polemica la fashion week milanese

Di
Ansa
Pubblicato il
24 feb 2014

La forza e la credibilità della moda italiana sono la creatività e l'innovazione, ma è difficile fare cose nuove che non siano solo spettacolo da passerella: così, in sintesi, Giorgio Armani, nell'ultima giornata della fashion week milanese, affronta un vasto discorso che include molte critiche.

Giorgio Armani - Foto: Ansa - Foto: Ansa


Per esempio ad Anna Wintour, potente direttore di Vogue USA, che se ne è già andata a Parigi saltando la sfilata di Armani. Ma anche alla Camera Nazionale della Moda Italiana, che lo lascia solo, senza altri nomi di peso, nell'ultima giornata di calendario, e perfino al sistema moda in generale che chiede tutele dallo Stato ma non si fa autocritica.

"Oltre a domandare al nuovo Presidente del Consiglio di darci una mano - spiega Armani - dobbiamo guardarci in casa. Quello che dobbiamo chiedere è una politica dei fattori che riguardano le imprese (per esempio se intervenissero sul cuneo fiscale qualcosa di buono succederebbe) per il resto non possiamo chiedere la balia, bisogna essere bravi e cavarsela da soli. Ho paura invece che nella moda si facciano cose controproducenti. Io rispetto chi fa spettacolo, anche se non è il mio mestiere. Sono due mesi infatti che io sono su questa collezione, a pensare se sia qualcosa di possibile per una donna del 2015 che non sia un'icona della moda ma la sua vicina di casa, a domandarmi se si venderebbe o meno, se è troppo o troppo poco. L'esaltazione della fantasia a ruota libera manda i giornalisti in visibilio ma è un rischio e, alla fine, contrasta con quello che vogliamo fare della moda. E non ditemi che, oltre ai capi da sfilata, poi c'è tutto il resto, perché la stampa parla invece di quello che all'80% non viene prodotto e venduto, e allora il gioco è chiuso. E a settembre, quando una donna vuol vedere nei negozi qualcosa di quello che ha visto sui giornali, non lo trova, e questo è negativo per tutti. Ci facciamo ridere addosso e prendere per quelli che vogliono stupire a tutti i costi.

Nessuno - prosegue lo stilista - ha il coraggio di dire che, se la moda italiana deve essere aiutata anche dallo Stato a rappresentare nel mondo ciò che siamo, dobbiamo mostrare un prodotto che non sia lo specchietto per le allodole, ma che abbia una sua funzione. A me questa situazione può anche andare bene, così sono da solo a fare una moda che non sia troppo spettacolare, ma se parliamo invece del sistema moda, allora no. La CNMI vuole che la moda sia una bandiera, allora parliamo degli agonismi e antagonismi al nostro interno, invece abbiamo la tendenza a vedere cosa fanno oltralpe e oltreoceano e perdiamo molta nostra cultura".

In sintesi riflette Armani: "è più facile fare un grande scollo a V e usare uno stampato della madonna, che rinnovare un tailleur. E' drammatico cambiare una giacca con piccole innovazioni. Noi cerchiamo di farlo. Gli altri poi ci copiano, andate a vedere in Montenapoleone, ci sono i miei vestiti di dieci anni fa! Eppure c'è qualcuno che prende l'aeroplanino e se ne va via e snobba la sfilata di Armani. La Camera della Moda non è all'altezza, nell'ultimo giorno sono rimasto solo io, e tutti stanno zitti. Hanno mollato il signor Armani, e questo è proteggere la moda italiana? La CNMI cosa fa? Io ci sono entrato ma posso anche uscirne. Perché devo essere sempre il fesso penalizzato, e dire che sono anche qualcuno! Dicono che la signora Wintour, essendo venuta ad Armani Privé (l'alta moda di gennaio, ndr) non viene al prêt-à-porter. Ma questo non è professionale! Lei ha peso e potere, ma forse anch'io. Se comunque questa deve essere la storia della settimana milanese, allora - conclude Armani - facciamo a turno la chiusura, sono anni che chiudo io".

E sull'acquisizione del brand di Marco Di Vincenzo da parte del colosso francese LVMH, lo stilista aggiunge: "I francesi "fanno bene a investire in Italia. Del resto "Bernard Arnauld mi disse - spiega Armani - che la sua politica era quella di investire nei marchi che non contano e farli crescere".

Eppure fece la corte anche alla Giorgio Armani, o no? "E' vero, mi voleva comprare, vuol dire che io non contavo niente!" scherza Armani. E aggiunge: "Potrebbe essere stato un mio grande errore perché all'epoca, discutendo un po', sarebbe stato possibile fare qualcosa insieme, una fusione sugli accessori, per esempio. Ma era troppo presto per me e io comunque non volevo sentire sul collo il fiato dei francesi, volevo essere libero". Era il 1999 quando fu chiaro che Arnault mirava alla Giorgio Armani: a gennaio, alla sfilata maschile di Armani, il patron di LVMH era in prima fila con la moglie.

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