LVMH allarga il divario con Kering
Alla fine (pare) della fase più acuta della pandemia, gli attori dell’industria del lusso hanno visto modificarsi la propria presenza sul mercato. LVMH, in particolare, sembra rafforzare più che mai la sua posizione dominante nel 2021 a scapito dei propri concorrenti e rivali diretti. In particolare rispetto a Kering, i cui ottimi risultati semestrali pubblicati martedì sembrano brillare un po' meno una volta confrontati con i tonitruanti dati resi noti il giorno prima dal suo connazionale numero 1 del comparto del lusso.
Certo, i due gruppi non sono comparabili. Anche focalizzandosi solamente sui loro asset nella moda, perché LVMH controlla più maison - e soprattutto i due pesi massimi Louis Vuitton e Christian Dior. La sua sola divisione moda e pelletteria ha generato ben 13,86 miliardi di euro di fatturato nei primi sei mesi del 2021, quasi il doppio di tutte le griffe di lusso di Kering messe insieme, che hanno raggiunto i 7,7 miliardi di euro, con nomi come Gucci, Saint Laurent, Balenciaga o Bottega Veneta.
Nel periodo, la divisione moda e pelletteria di LVMH ha registrato un'impennata della crescita organica dell'81% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, mentre la crescita comparabile per le firme di Kering è stata del 53,3%. Rispetto alla prima metà del 2019, i marchi di moda di LVMH sono cresciuti del 38% (in organico) e del 33% a dati pubblicati, quelli di Kering sono saliti rispettivamente del 7,7% e del 4,7%.
Sebbene i due gruppi siano tornati al livello pre-pandemia, LVMH mostra comunque una crescita molto più forte. I due player hanno visto aumentare le proprie vendite soprattutto in Cina e negli Stati Uniti, ma esse sono cresciute in doppia cifra anche in Europa con la riapertura dei negozi.
Gucci, che quest'anno festeggia il suo centenario, ha registrato un'accelerazione in molte regioni durante il secondo trimestre, grazie a molteplici animazioni nei negozi e ai pop-up. Il brand di punta di Kering ha registrato buoni risultati anche in Asia-Pacifico, in particolare in Cina, così come negli Stati Uniti, dove le vendite sono state eccellenti “in tutte le diverse fasce d'età e di clientela”, ha spiegato il vicedirettore generale Jean-François Palus durante una teleconferenza. In effetti, gli americani stanno emergendo come la base di clienti più dinamica, “con sempre più nuove generazioni e nuovi profili di clienti che arrivano nei nostri negozi”.
“Il mercato nettamente più difficile, a causa di alcune chiusure aggiuntive, è chiaramente il Giappone, dove non abbiamo visto un'accelerazione, come è avvenuto in alcuni Paesi dell’Oceania o a Taiwan nonostante i provvedimenti aggiuntivi di chiusura”, continua Palus, sottolineando anche il dinamismo della Corea del Sud.
“Il successo del brand presso la clientela coreana ha permesso di compensare il calo delle vendite ai turisti e il livello di attività in Corea ha superato nel primo semestre dell'anno quello del 2019. Gli altri mercati dell'area Asia-Pacifico restano generalmente colpiti dal calo dei flussi turistici rispetto al 2019, e dall'applicazione di misure di contenimento una tantum, come in Australia ad esempio”, rileva ulteriormente il gruppo nella sua relazione semestrale.
Come per LVMH, Kering sta osservando un ritorno dei clienti locali in Europa, mentre i clienti cinesi non crescono più. “Grazie alle performance con la clientela americana, la percentuale dei clienti cinesi nelle vendite totali non è cambiata molto”, afferma il direttore finanziario di Kering, Jean-Marc Duplaix. Quest'ultimo sottolinea anche i buoni risultati di Gucci presso la giovane clientela cinese.
“I millennials e la Generazione Z rappresentano ancora circa i due terzi delle vendite globali, con una crescente fedeltà tra i millennials cinesi e soprattutto i millennials d’età più matura, con un elevatissimo miglioramento dei loro tassi di fidelizzazione. Ovviamente, i recenti lanci di Gucci sono davvero all'altezza di questa clientela. Abbiamo dunque risultati buonissimi tra questo tipo di clienti in Cina, dotati di maggiore potere d'acquisto, pur continuando a performare bene anche presso i giovani millennials e la Gen Z”, osserva.
Per quanto riguarda la redditività dei due gruppi, ancora una volta il divario si è ampliato. L'attuale risultato operativo corrente della divisione moda e pelletteria di LVMH nei primi sei mesi è stato di 5,66 miliardi di euro, 3,2 volte in più rispetto alla prima metà del 2020. Quello delle case di lusso di Kering ha raggiunto i 2,29 miliardi, in crescita del 116% rispetto allo stesso periodo. Ma mentre per LVMH questo risultato operativo corrente risulta in aumento del 74% rispetto alla prima metà del 2019, per Kering è in calo del 3,1%. Con la sua divisione moda, il gruppo guidato da Bernard Arnault ha registrato un margine operativo del 40,8% (in aumento di quasi 7 punti percentuali rispetto al 2020), mentre il gruppo condotto da François-Henri Pinault del 29,8%, guadagnando 9,3 punti rispetto allo scorso anno.
A questo proposito, i dirigenti di Kering hanno spiegato di volersi concentrare maggiormente sugli investimenti quest'anno. Soprattutto per quanto riguarda Bottega Veneta, in pieno rilancio. “Stiamo investendo nel marchio - abbiamo notevolmente aumentato la percentuale di pubblicità e promozione - quindi miglioreremo gradualmente la redditività. Siamo ancora in una fase di investimento”, indica Jean-Marc Duplaix.
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