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28 gen 2014
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Lusso: verso una crescita organica focalizzata sul consumatore

Pubblicato il
28 gen 2014

Si affaccia una nuova era per l’alto di gamma. Nella prossima decade, il settore continuerà a crescere, ma in modo diverso rispetto al passato. “La crescita futura del settore del lusso sarà fondamentalmente organica, appoggiandosi sui mercati esistenti e su un consumatore sempre più diverso”, riassume Antonio Achille, Managing Director di Boston Consulting Group (BCG), e autore di uno dei due studi presentati da Altagamma, a Milano, insieme a Exane BNP Paribas, in occasione di un convegno sui consumatori globali e lo sviluppo del retail per l’alto di gamma.

Riusciranno i marchi a captare i nuovi trend dei consumi di lusso? (Vetrina di Moschino)


“Basare la propria strategia con i propri parametri non sarà più possibile per le aziende del lusso, che dovranno adattarsi a seconda delle aree geografiche e delle diverse generazioni a cui si rivolgono. La capacità di gestire e conoscere il consumatore diventerà un imperativo per assicurare la propria crescita”, avverte Antonio Achille. La ricerca, intitolata “True Luxury Global Consumer Insight”, e realizzata su un panel di 40.000 intervistati in oltre 20 Paesi, prende in considerazione un target di circa 380 milioni di consumatori che spendono oggi circa 730 miliardi di euro nel settore lusso, e che diventeranno 440 milioni nel 2020, con una spesa complessiva che raggiungerà gli 880 miliardi.

Quattro i principali mercati da cui verrà la crescita: gli Stati Uniti, che tornano ad essere molto importanti per il settore lusso, seguiti da Cina, Europa e Medio Oriente. Dalla ricerca emergono i profondi cambiamenti che riguardano le modalità dei consumi del lusso, non più trainati dalla tradizionale pubblicità, ma dal passaparola, dai consigli degli amici e dai social media. Il consumatore è ormai immerso nel mondo digitale, che usa in maniera massiccia sia per ricercare informazioni e comparare prezzi che per stabilire un punto di contatto e scambio con i brand.

Il punto vendita rimane centrale, ma deve adattarsi in base a l’età dei clienti e ai Paesi in cui si trova. Ormai, per i consumatori dei mercati emergenti il 50% delle spese di lusso viene effettuato fuori dal proprio Paese. Comprare all’estero è diventato un elemento sempre più importante dell’esperienza del viaggio. Oltre alla convenienza, c’è l’aspettativa di trovare una scelta maggiore. Per essere nella shopping list di questo consumatore globe-trotter bisogna essere un brand visibile presente nei principali hub mondiali, quali Parigi, Londra, New York, Hong Kong e Milano, anche se quest’ultimo è in decrescita. Attenti però a personalizzare il negozio. “Il consumatore decreta la morte del flagship universale. Non vuole certo trovarsi di fronte alla stessa boutique dopo aver fatto 8.000 km”, sottolinea Antonio Achille.

Boutique Louis Vuitton a Tokyo


Per captare i consumi del lusso e soprattutto fidelizzare i clienti, i marchi dovranno sempre più portare attenzione a diversi parametri. Tra questi l’esclusività, che rimane un elemento forte. Secondo la ricerca, circa un 25% dei marchi sono giudicati dal consumatore a rischio perché sul punto di perdere la loro esclusività. Altro elemento significativo, il “Made in Italy”. Questo valore pesa fino all’80% come elemento determinante nell’acquisto di un bene di lusso nei mercati emergenti.

Da seguire con attenzione anche la clientela maschile, che consuma sempre più lusso. I best gentlemen del pianeta sono i coreani, seguiti da russi, inglesi e italiani, mentre i francesi arrivano al settimo posto dopo americani e brasiliani. In futuro sarà sempre più importante capire quali segmenti di consumatori trascineranno le vendite, dalla persona cresciuta nel lusso alla fashionista, passando per il giovane sempre connesso e affamato di novità o al cliente attento all’eco-sostenibilità del prodotto. Mille sfumature da prendere in conto nelle strategie di crescita di ogni singola azienda.

Negozio di Prada a Istanbul


Per quanto riguarda la distribuzione, l’imperativo oggi è aumentare la produttività di ogni singolo negozio, come dimostra lo studio “Altagamma Retail Evolution”. “Poter aprire negozi nel futuro sarà però più difficile, perché gran parte dei mercati sono saturi”, spiega l’autore della ricerca Luca Solca di Exane BNP Paribas.

“Per esempio una delle leve utilizzata fino ad oggi, che consisteva nell'aprire negozi in Cina, non potrà dare gli stessi risultati, perché in termini di numero di negozi la Cina è molto vicina a diventare il primo mercato mondiale del lusso. L’altra tendenza importante è quella di ridurre sempre di più le formule di franchising e di trasformare in concessioni la distribuzione wholesale nei grandi magazzini. Importante è riconoscere che le diverse aree geografiche hanno strutture distributive diverse”, conclude.

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