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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
26 ott 2022
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Lusso: verso una crescita dimezzata nel 2023

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
26 ott 2022

“Il 2023 sarà sicuramente complesso, perché il prossimo anno si vedrà l'inflazione reale. Dobbiamo esserne consapevoli e prepararci a comunicare in modi diversi”. È con queste parole che l'amministratore delegato di Moncler, Remo Ruffini, ha dato la sua visione sul prossimo futuro dell'industria del lusso, in occasione del Milano Fashion Global Summit 2022 (MFGS), che si è svolto virtualmente martedì 25 ottobre.

La sfilata per i 70 anni del marchio di piumini Moncler a Milano, lo scorso settembre - Moncler


L'aumento esponenziale dei costi energetici, l'inflazione, la penuria di materie prime, le tensioni geopolitiche, il calo del potere d'acquisto hanno infatti brutalmente incupito una congiuntura economica che dopo due anni di pandemia mostrava una forte ripresa rispetto ad appena un anno prima. Tanto che gli analisti e gli investitori presenti al convegno hanno dovuto rivedere al ribasso le proprie previsioni, nonostante gli ultimi brillanti risultati trimestrali dei maggiori gruppi del lusso.

“Questi ultimi hanno registrato una crescita dal 25 al 30%. Ma tali risultati devono tenere conto dell'impatto dei tassi di cambio di circa l'8%, legato al rialzo del dollaro”, sottolinea Chiara Rotelli, direttore esecutivo e analista senior per i beni di lusso di Mediobanca, ricordando che “per coprire i loro costi crescenti, le grandi firme hanno anche potuto aumentare i prezzi dal 10 al 15% senza avere conseguenze sulla domanda”. “Oggi, però, siamo lontani dai picchi di vendita registrati in luglio e agosto, che avevano generato grandi aspettative”, aggiunge.

“La domanda è rimasta forte quest'anno, ma dovremo aspettarci un rallentamento nel quarto trimestre”, conferma Francesca Diviccaro, responsabile del settore retail e lusso della divisione Imi Corporate & Investment Banking di Banca Intesa Sanpaolo. “La Cina resta il punto interrogativo. L'industria del lusso è stata abituata a una crescita a doppia cifra in questo mercato, il prossimo anno saremo piuttosto su un aumento a una cifra”.
 
In questo contesto Chiara Rotelli prevede per il 2023 “una crescita dimezzata rispetto a quella del 2022, nell'ordine del 10%, con una crescita organica all'8%. Ci aspettiamo un rallentamento della domanda, ma un miglioramento dei margini. Il settore continuerà ad attrarre investitori”, riassume. Anche se sono cambiati i criteri con i quali gli investitori selezionano le società. Come rimarca l'amministratore delegato del fondo Style Capital (MSGM, Zimmermann, LuisaViaRoma), “fino a tre, quattro anni fa bastava che un'azienda avesse delle prospettive in Asia. Oggi non basta più. Cerchiamo marchi con un un'identità forte e il potenziale per crescere a livello globale”.
 
Le fusioni e le acquisizioni dovrebbero quindi moltiplicarsi, in particolare in Italia, dove il tessuto industriale è costituito principalmente da PMI. “Ci sarà un aumento delle operazioni riguardanti le medie imprese, che devono essere presenti in più mercati”, avverte l'amministratore delegato della società di gestione Quadrivio Group, che ha investito in particolare nei marchi GCDS e Dondup e investirà 500 milioni di euro nel 2023 nella moda, che secondo lui è il “petrolio dell’Italia”.
 
“Il problema è che il consumatore internazionale non fa distinzione tra i piccoli marchi familiari e le grandi griffe. Quando acquista un prodotto, pretende lo stesso tipo di qualità e servizi da entrambe le parti. Così l'imprenditore italiano si trova spesso in concorrenza con i grandi brand internazionali, senza averne gli stessi mezzi”, osserva Roberto Costa, Managing Director e responsabile degli investimenti in moda e lusso nell’area EMEA per Citi Group.
 
“Per ragioni di scala, le imprese italiane hanno bisogno di finanza e competenze. Eppure spesso ne prendono coscienza solo in tempi di crisi”, aggiunge GianErnesto Bernardi, Managing Director responsabile delle M&A in Italia di JP Morgan, che non associa però questa accelerazione delle operazioni alla congiuntura attuale. E si stupisce che tutti siano scioccati dall'aumento dei tassi di interesse. “È stata la mancanza di aumenti dei tassi ad essere stata un'anomalia finora!”.
 
Altre società preferiscono optare per la quotazione in Borsa, come ha fatto recentemente Zegna a Wall Street o come sta valutando di fare il presidente del gruppo OTB, Renzo Rosso. “La Borsa è una scelta obbligata, per garantire trasparenza e facilitare il passaggio generazionale, affinché la famiglia possa gestire al meglio il gruppo in futuro”, sostiene. “Questo permette di chiarire i ruoli tra nucleo familiare e dirigenti. Ognuno deve recitare il proprio ruolo ed essere disciplinato. Con la nostra quotazione in Borsa lo siamo diventati ancora di più”, chiosa l'amministratore delegato del gruppo Zegna, Gildo Zegna.

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