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Ansa
Pubblicato il
5 apr 2023
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Lo Studio di Alaïa a Parigi diventerà un museo

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Ansa
Pubblicato il
5 apr 2023

Dopo cinque anni dalla scomparsa del suo fondatore, lo Studio di Azzedine Alaïa a Parigi, gestito dalla Fondazione omonima diretta da Olivier Sailard, apre al pubblico e annuncia che diventerà un museo. A darne notizia è la stessa Fondazione dello stilista, morto nel novembre 2017, che ha deciso di mostrare al pubblico il suo atelier fino al 20 agosto.

Lo Studio di Alaïa a Parigi - Ansa


"Questo è il luogo più intriso della memoria di Monsieur Alaïa”, scrivono dalla fondazione, “ogni angolo di questa stanza racconta del couturier, ma anche dell'uomo che era. I visitatori potranno ora scoprire lo Studio di Alaïa attraverso una finestra e immaginare il couturier al lavoro, di giorno o di notte, nella sua tana, e a sognare di fare fitting con le modelle più belle del mondo".

L'inaugurazione dello Studio, avvenuta nel giorno del compleanno di Alaïa, il 26 febbraio scorso, è stata anche l'occasione per mettere in risalto il lavoro fotografico di Thomas Demand. "Faccio solo schizzi come promemoria di ciò su cui sto lavorando. Traccio un motivo su carta da calco, lo ritaglio e lo attacco con uno spillo su un foglio di carta. Poi comincio a lavorare su un manichino da sarta, ma mi serve qualcuno per il montaggio. Perché una donna cammina, il suo corpo si muove e devo vedere come si comporta il tessuto su di lei", spiegava Alaïa. Ma poi i suoi abiti accarezzavano le forme femminili come una seconda pelle.

Il suo studio era un luogo poetico, dove le idee nascevano e prendevano forma e oggi rappresenta il cuore nel corpo della casa di moda e degli appartamenti privati dello stilista. Dal 1987 è qui che il couturier inventava, tagliava e plasmava i suoi abiti, architetture di tessuto senza tempo. È qui, in questa selva di scaffali di abiti in lavorazione che Alaia avrebbe trovato rifugio la sera e fino a tarda notte vestito nella sua uniforme blu notte, lavorando fino all'alba. Appuntava una manica, poi rimuoveva nervosamente quegli stessi spilli. Righelli, alcuni curvi come il dorso degli uccelli, servivano a regolare le misure. Sono ancora su un tavolo.

Di fronte, sul muro di mattoni rossi, alzando lo sguardo ci sono le foto degli amici di una vita, delle fate madrine e dekle muse che lo hanno accompagnato e sostenuto nello sviluppo della sua arte. Arletty, Tina Turner, Naomi Campbell, Veronica Webb, Stephanie Seymour, Carla Sozzani, Michèlle Obama, Shakira, Bruce Weber, Charles Baudelaire. Sono passati cinque anni da quando tutto è stato coperto con teli bianchi. Non è stato toccato un solo indumento, né schizzo, spillo o ago. È giunto il momento di scostare questi veli e di mostrare ancora una volta al pubblico l'atelier che presto diventerà un museo.

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