Le sfide del 2023 per il settore tessile
Al termine di due anni di crisi sanitaria, i produttori del tessile-abbigliamento speravano di respirare nel 2022. Dopo l'invasione dell'Ucraina, ecco che si trovano di fronte a nuove sfide che mettono sotto pressione le loro liquidità già messe a dure prova da fattori che vanno dalla crisi energetica al prezzo dei materiali, passando per la ricomposizione del sourcing internazionale.

L'ora del pericolo energetico
Elettricità e gas saranno al centro delle preoccupazioni dei produttori tessili europei già all'inizio dell'anno. I rischi di carenze produttive sono ai massimi livelli, mentre gli stabilimenti produttivi cercano urgentemente di dotarsi di celle fotovoltaiche. Questa crisi del gas e dell'elettricità è anche fonte di tensioni interne tra le filiere tessili europee: alcune nazioni come Spagna e Portogallo sono riuscite a de-correlare i prezzi del gas e dell'elettricità per ridurre l'aumento delle bollette. Una distorsione della libera concorrenza che ha fatto arrabbiare molte persone sull’altro versante dei Pirenei.
Inoltre, se la pandemia aveva bloccato quasi tutti i settori del tessile-abbigliamento a livello globale, la crisi energetica si sta concentrando sull’Europa, accentuando il gap di prezzo con altre possibili aree produttive. In assenza di un sostegno pubblico sufficiente nonostante i desideri di sovranità industriale, i rappresentanti dei comparti produttivi ritengono che non si possa più escludere lo scenario di una nuova ondata di massicce delocalizzazioni della produzione.
Scelta e prezzo delle materie prime
Inoltre, il settore tessile non ha ancora chiuso con la crisi dei prezzi dei materiali e dei trasporti. Per questi ultimi, l'indice Harpex per il costo del noleggio di navi portacontainer rimane ancora superiore di quasi il 100% rispetto ai livelli osservati a gennaio 2020.

Dal lato dei materiali, l'invasione dell'Ucraina ha causato preoccupanti fluttuazioni dei prezzi nel corso del 2022. Tuttavia i sintetici, soprattutto a partire dalla crisi del cotone del 2010/2011, rappresentano quasi i due terzi delle fibre tessili prodotte nel mondo. Mentre i prezzi sono gradualmente ridiscesi, la maggior parte di essi fa parte di una nuova normalità, mostrando valori di prezzo più alti rispetto a prima della crisi.
In un momento di contesto geopolitico ancora incerto, per gli imprenditori si pone quindi più che mai la questione di orientarsi verso materiali naturali, che i consumatori sembrano sempre desiderare sempre di più. Un'aspirazione che deve però fare i conti con l'attuale situazione di un'industria cotoniera in crisi. Inoltre, il ricercatissimo cotone biologico (il 24% del cotone prodotto nel 2021), soffre attualmente di sospetti di frode: l'ONG Textile Exchange avverte del divario inspiegabile tra quantità realmente prodotte e quantità rivendicate nelle collezioni dei marchi.
Trasformazione del sourcing mondiale
L'aumento del costo dei materiali lascia tracce financo nella cartografia stessa del sourcing internazionale. Tra lo scandalo uiguro e l'incostanza della produzione legata alla politica zero-Covid, la Cina ha visto gli ordini occidentali reindirizzarsi verso i Paesi vicini.

Bangladesh, Pakistan, India, Birmania e Vietnam hanno beneficiato della situazione, ma l'allentamento delle restrizioni cinesi nel dicembre 2022 potrebbe rappresentare un punto di svolta per il 2023.
Presi in mezzo tra il desiderio di riavvicinare le produzioni e il pragmatismo legato alle conseguenze di bilancio delle recenti esplosioni dei costi, gli imprenditori iniziano il 2023 dovendo affrontare questioni complesse.
A causa di ordinativi in crescita più in valore che in volume, i produttori temono già che vi sarà una stagnazione dei volumi che continuerà anche quando i costi di produzione scenderanno. Uno scenario che ne minerebbe la redditività.
L'inflazione come giudice delle crisi
Energia, materie prime, approvvigionamenti… Queste tre sfide avranno una quarta come giudice definitivo nel 2023: i consumi. Di fronte al taglio dei propri consumi scelto dai consumatori di abbigliamento, desiderosi di consumare meno ma meglio, l'inflazione va ad aggiungere al quadro una diminuzione dei consumi che non viene decisa, bensì subita. In sostanza, i prodotti finiti del comparto abbigliamento-calzature non entrano tra le attuali priorità dei consumatori. Una realtà i cui effetti non mancheranno di farsi sentire negli ordini dell'intera filiera produttiva.
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