Le filature di lino stanno rifiorendo in Europa
Nel 2019, dopo oltre sessant'anni, è ripresa la coltivazione del lino in Italia, grazie al Linificio e Canapificio Nazionale, che nel suo paese natale, Astino (BG), ha fatto rifiorire una piantagione di lino estesa su oltre 20.000 mq., con semi di Terre de Lin, una delle più importanti cooperative di produttori di lino a livello mondiale con sede in Normandia. Subito a ruota dell’Italia, è arrivata la Francia: il 2020 ha infatti segnato la ricomparsa dei mulini di lino nell’Esagono, dopo diversi decenni di assenza. Una mancanza che fino ad oggi era stata paradossale, in quanto la Francia è il primo produttore mondiale di questa fibra naturale.
Con il ritorno delle filature, passaggio che consiste nel trasformare le fibre in filati prima della tessitura, è nuovamente possibile la prospettiva di vedere sugli scaffali dei negozi capi in lino prodotti al 100% in Francia. Lungi però dall'essere confinato a Italia e Francia, il ritorno delle filature è soprattutto un fenomeno europeo. Fashion Network propone una panoramica delle varie filature di lino esistenti e in progetto nel Vecchio Continente.
Innanzitutto, per comprendere questa filiera, dobbiamo distinguere due tipologie di filature: una detta "a umido", in cui la fibra viene immersa in acqua calda per facilitarne la stiratura, che fornisce un filato fine per abbigliamento o biancheria per la casa. L’altra, chiamata "a secco" che, come indica il suo nome, fila senz'acqua, permettendo di realizzare un filo più spesso, dal peso vicino a quello del denim.
Quali sono le fabbriche di lino che oggi contano in Europa? Secondo i documenti della Confederazione Europea del Lino e della Canapa (CELC) che FashionNetwork ha potuto consultare, i leader delle filande europee nel segmento premium/lusso sono la francese Safilin e l’italiana Linificio e Canapificio Nazionale. Safilin produce in Polonia 5.450 tonnellate di filati all’anno in due stabilimenti (55% a umido, 45% a secco). L'azienda ha recentemente accolto in visita tre parlamentari francesi, nell’ambito del progetto per la realizzazione di un nuovo sito produttivo nel nord della Francia.
L'altro grande player fondamentale in Europa nel filato di lino è il bergamasco Linificio e Canapificio Nazionale, fondato nel 1873, che produce anch’esso 4.500 tonnellate di filato all’anno (per l’80% a umido) attraverso le proprie fabbriche in Lituania e Tunisia, ma anche nella storica sede produttiva dell’azienda (controllata al 100% dal gruppo Marzotto) a Villa D'Almè, sempre in provincia di Bergamo, accanto alla quale si trova il campo di cui scrivevamo prima.
Il settore può contare anche sulla società belga Lambrecht (comprata dalla tessitura belga Libeco), specializzata nella filatura a secco. Operante in Polonia, ha una capacità di 900 tonnellate all'anno. Sul versante della filatura a umido, l’Europa può anche contare sulla lituana AB Siulas, che realizza 155 tonnellate all'anno.
Una produzione simile a quella che ha nel mirino l'ultima arrivata, la francese Velcorex/Emanuel Lang, forza motrice della prima filatura nata in Francia da due decenni a questa parte. Lanciata all'inizio dell'anno, la produzione a secco mira a 150 tonnellate di filato all'anno. Questa filatura ha la particolarità di essere integrata ad un'azienda di tessitura, la quale, peraltro, continua a rifornirsi dai propri colleghi per i filati di lino a umido.
Filature in cantiere
Per quanto riguarda le filature che sono in previsione, Portogallo e Francia condividono tre grandi progetti di filatura a umido.
A Moreira de Conegos, vicino a Porto, il progetto Polopique dovrebbe teoricamente essere avviato nel 2021, ma i macchinari prodotti in Cina hanno visto il loro arrivo ritardato dalla crisi sanitaria. A regime, potenzialmente 1.000 tonnellate di filato potrebbero lasciare le sue linee di produzione.
Sempre nella regione di Porto si sta sviluppando il progetto Bestitch, non ancora quantificato in termini di capacità produttiva, ma che dovrebbe emergere il prossimo anno se tutto andrà come previsto.
In Francia, è in Normandia, a Saint-Martin-du-Tilleul, che si sta realizzando il progetto Natup, struttura che l'anno scorso ha venduto a Safilin la sua filatura polacca Fir.
Questo progetto di filatura a umido previsto per il prossimo anno potrebbe produrre fino a 250 tonnellate di filato. Il progetto, che ha utilizzato il crowdfunding, vuole arrivare fino al prodotto finito. Da qui l'acquisizione, in giugno, della tessitura di lino del nord della Francia Lemaitre Demeestere, che va ad aggiungersi a Ecotechnilin (sviluppo di compositi a base di lino) e a LSM-Linière Saint Martin (pettinatura).
Natup, Safilin e Velcorex/Emanuel Lang fanno anche parte di un progetto collettivo francese, chiamato Linpossible, che punta a sostenere le rilocalizzazioni tramite l’impegno preventivo dei marchi che realizzano prodotti finiti. Questi ultimi sono invitati da oggi ad aumentare il prezzo dei loro capi in base al costo aggiuntivo che genererà una filatura d’origine francese. Fondi destinati a finanziare le unità di produzione, nonché ad abituare i consumatori a un prezzo Made in France.
“La rete di filature si sta rafforzando nell'Europa occidentale, in particolare in Portogallo e Francia, e il CELC non può che esserne soddisfatto”, si è rallegrata con FashionNetwork.com Marie-Emmanuelle Belzung, segretaria generale del CELC.
“Ma quello che soprattutto vogliamo è che i progetti che avranno successo siano portati avanti da persone che si mettano nelle condizioni di riuscire: sarebbe pericoloso per il mercato che un progetto decollato grazie al finanziamento del piano di stimolo e supporto fosse privo di qualità”, puntualizza Marie-Emmanuelle Belzung. “Il mercato non ha tempo per assorbire, i marchi di lusso potenzialmente interessati non hanno tempo di fare esperimenti. Quindi occore rimanere prudenti, non avere fretta. Perché la filatura non è un mestiere, è una somma di mestieri: saper comprare, pettinare, assemblare...”.
L’Europa, e in particolare la Francia, concentra l'80% della produzione mondiale di fibra di lino (al contrario del lino oleaginoso, o da olio, destinato al settore alimentare), che vale meno dell'1% del mercato mondiale delle fibre tessili.
Oggi, l’85% dei materiali viene inviato alle filature cinesi, di fronte alle quali, insiste il CELC, le nuove filature europee non devono puntare alla contrapposizione, ma alla complementarità, essendo l'Asia anche un importante cliente di prodotti finiti di lino.
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