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Pubblicato il
3 gen 2019
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Le difficoltà dell'Italia potrebbero spingere Moncler sulle orme di LVMH

Di
Reuters
Pubblicato il
3 gen 2019

Remo Ruffini potrebbe essere quest’anno la risposta italiana a Bernard Arnault. Da quando ha salvato Moncler nel 2003, l’imprenditore ha ringiovanito il brand dei piumini trasformandolo in una storia di successo. 

Remo Ruffini - Photo: Reuters


Certo c’è ancora molta strada da fare per arrivare dai 7,5 miliardi di capitalizzazione attuali ai 130 miliardi di LVMH, ma se avesse voglia di creare il primo polo di aggregazione del lusso italiano sarebbe il momento buono. Il settore in Italia è frammentato e le valutazioni sono basse: 25 volte gli utili attesi contro una media su cinque anni di 28 volte, secondo i dati Refinitiv. Tod’s registra un calo delle vendite dal 2014 e anche Salvatore Ferragamo combatte per sostenere i ricavi, con le frequenti voci di possibili passaggi di mano rinfocolate dalla recente scomparsa della matriarca Wanda Ferragamo. Anche gruppi non quotati come Furla potrebbero finire in vendita. 

In aggiunta l’arrivo a Roma di un governo euroscettico con politiche di bilancio incerte potrebbe guastare l’entusiasmo degli investitori esteri. 

Questo potrebbe dare a Ruffini l’opportunità di guardare oltre Moncler. Sulla sua azienda sta facendo bene: le vendite sono cresciute del 15% nel 2017 e dovrebbero fare altrettanto nel 2018. Le sue doti imprenditoriali potrebbero servire a risolvere gli avvicendamento generazionali e a gestire i cambiamenti nelle abitudini dei consumatori che pesano su alcuni marchi storici del lusso italiano. 

Gli investitori che hanno comprato titoli Moncler quando ha debuttato in borsa nel 2013 hanno visto raddoppiare il loro ritorno complessivo, meglio di quanto accaduto a tutti gli altri concorrenti quotati tranne Hermès. Anche l’EBITDA margin - al 35% - è secondo solo al noto marchio francese. 

Ruffini inoltre non è estraneo al M&A. In ottobre il veicolo della famiglia Archive ha comprato il 49% del piccolo brand italiano di moda Attico. LVMH e Kering, così come Richemont, beneficiano delle loro economie di scala e della diversificazione. Anche se i piumini, prodotto di punta di Moncler, sono ora di moda, espandersi nella pelletteria o negli orologi potrebbe essere un riparo dalla volubilità dei gusti. 

Se Ruffini riuscisse a superare antiche rivalità e a coinvolgere le seconde generazioni, potenzialmente venditrici, la strada per diventare l’Arnault italiano sarebbe sua.

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