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23 dic 2019
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Le calzature italiane crescono all’estero (+6,7%), ma cala la produzione (-2,9%)

Pubblicato il
23 dic 2019

I dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici evidenziano un contesto di luci ed ombre per il settore calzaturiero italiano nei primi 9 mesi dell’anno. Buone le performance all’estero, con un incremento del +6,7% in valore, nonostante una lieve flessione del -0,8% in volume, ma risultano in calo sia le quantità prodotte (-2,9%) sia gli acquisti da parte delle famiglie (-3,3% in quantità e -2,6% in valore).  

Siro Badon, Presidente Assocalzaturifici


“Il successo delle nostre calzature all’estero, che conferma l’appeal del made in Italy sui mercati internazionali, è ridimensionato dalla contrazione nei volumi che si traduce in una flessione della produzione e degli addetti”, ha commentato Siro Badon, Presidente Assocalzaturifici. “In questo momento di sofferenza dei consumi interni dovremmo tirar fuori l’orgoglio nazionale e sostenere le nostre imprese acquistando più scarpe italiane”.
 
L’unico segmento che risulta essere in espansione è quello delle calzature sportive e sneaker, cresciute del +1,5% in volume e del +3,5% in valore, mentre le scarpe classiche sono arretrate del -10% per l’uomo e del -6% per la donna.

Sul fronte estero, dove a trainare la crescita è soprattutto la produzione conto terzi per le griffe del lusso, Svizzera e Francia, che insieme rappresentano quasi un terzo dell’export del settore, sono cresciute rispettivamente del +24,2% e del +9%. Anche l’aggregato “Cina+Hong Kong”, che rappresenta il quinto mercato di sbocco in valore, ha conosciuto una progressione, del +3,1% in volume e del +8,5% in valore, così come l’intero Far East (+9,2%) e gli Stati Uniti (+11,6%). In calo invece Germania (-8,7%), Russia (-18,5%) e Medio Oriente (-14%).
 
Nei primi 9 mesi dell’anno, il numero di calzaturifici è calato di 148 unità (-3,3%), attestandosi a 4.357, per un numero totale di addetti pari a 75.474 (-0,3%, pari a 206 lavoratori in meno). Gli imprenditori intervistati in occasione dell’analisi si sono dimostrati per la maggior parte poco fiduciosi su una ripresa del settore nel 2020.
 
“Al comparto ribadisco ancora una volta che è necessario puntare sempre di più sui giovani e sull’innovazione. Investire sulla formazione professionale dei lavoratori del futuro perché le nostre aziende stanno vivendo una delicata fase contrassegnata dal ricambio generazionale, ma soprattutto innovando le piattaforme di business a loro disposizione”, prosegue Badon, aggiungendo inoltre che Assocalzaturifici sta lavorando affinché a livello europeo venga approvata una norma che introduca l’informazione di origine obbligatoria. “Se i clienti di tutto il mondo e i più prestigiosi brand della moda sono disposti a riconoscere un premium price al made in Italy, allora questo valore aggiunto dobbiamo difenderlo. Altrimenti il patrimonio industriale di uno dei settori cruciali dell’economia del nostro Paese andrebbe disperso, con ricadute pesantissime in termini occupazionali”.

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