AFP
Gianluca Bolelli
3 mag 2023
Lavoro forzato degli uiguri: allerta dei parlamentari USA su Shein, che promette migliorie al sourcing
AFP
Gianluca Bolelli
3 mag 2023
Un gruppo di parlamentari statunitensi ha chiesto all’organo di controllo del mercato borsistico di Wall Street di chiedere un'indagine indipendente sulle accuse di lavoro forzato degli uiguri contro Shein. Un fatto che il gruppo di abbigliamento cinese nega, mentre alcuni rumours indicano che potrebbe quotarsi a New York.

Fondato nel 2008 in Cina e attualmente basato a Singapore, Shein è diventato uno dei simboli della moda estremamente economica.
Il gruppo è regolarmente accusato, come altri grandi nomi del settore dell’abbigliamento, di trarre profitto dallo sfruttamento di membri della minoranza musulmana uigura nei campi di cotone e nei laboratori della regione dello Xinjiang.
Shein assicura invece di non avere fornitori in quest'area e di non aver intenzione di quotarsi in Borsa.
“Sebbene Shein affermi che per i suoi prodotti non utilizza il lavoro forzato uiguro e che collabora con terze parti per controllare le proprie strutture, gli esperti affermano che questo tipo di audit è facilmente manipolabile o falsificabile sotto la pressione delle autorità”, scrivono i parlamentari, democratici e repubblicani, in una lettera inviata lunedì all'agenzia statunitense di vigilanza sui mercati azionari (SEC).
Anche se le voci di un possibile arrivo di Shein alla Borsa di New York entro la fine dell'anno venissero confermate, e viste le “accuse credibili di utilizzo di lavoro sottopagato e forzato”, la SEC deve chiedere a una società indipendente di verificare che il gruppo non utilizzi il lavoro forzato uiguro, chiedono i 24 parlamentari firmatari della lettera.
Essere quotati a Wall Street “è un privilegio” e “le aziende straniere che desiderano farlo devono dimostrare il loro impegno per i diritti umani in tutto il mondo”, sottolineano i parlamentari americani nella missiva.
Le autorità cinesi sono accusate dai Paesi occidentali di aver rinchiuso in maniera massiccia gli uiguri in vari campi di rieducazione, dopo alcuni sanguinosi attentati nella regione dello Xinjiang.
In un messaggio inviato all’agenzia di stampa AFP, Shein scrive di non avere “fornitori nella regione dello Xinjiang”, ma in altre aree, come Brasile, Cina meridionale e Turchia.
“Prendiamo sul serio la visibilità di tutta la nostra filiera e ci impegniamo a rispettare i diritti umani e ad aderire alle leggi locali in ogni mercato in cui operiamo”, sottolinea il gruppo, precisando che anche i suoi fornitori devono “aderire a un rigoroso codice di condotta”.
“Abbiamo tolleranza zero per il lavoro forzato”, scrive ancora Shein. Il gruppo inoltre “non ha piani per entrare in Borsa”.

Intanto, il criticatissimo gruppo di moda asiatico risponde comunicando l'intenzione di investire fino a 70 milioni di dollari (63,5 milioni di euro), in 5 anni per rafforzare la propria filiera. L'obiettivo dichiarato dell'azienda, recentemente valutata 64 miliardi di dollari, è sostenere i suoi produttori, fornitori e lavoratori, secondo un comunicato del proprio management.
Shein aveva già annunciato un investimento di 15 milioni di dollari (13,6 milioni di euro) nel suo programma di sourcing responsabile, a cui si aggiungerà un'ulteriore dotazione di 55 milioni di dollari (49,9 milioni di euro) con l'obiettivo, secondo la società, di implementare progressi tecnologici e migliorare le strutture dei propri sistemi produttivi.
Questi fondi sarebbero destinati a consentire a Shein di rafforzare il proprio modello di produzione on demand, basato sulla riduzione delle scorte, “agli antipodi dei tradizionali sistemi di approvvigionamento”, dice l'azienda, per la quale questo aspetto del modello di produzione in piccole serie è diventato la risposta predefinita alle critiche mossegli.
A tal fine, Shein indica di aver implementato un Centro di Innovazione per la Produzione di Abbigliamento (CGIM le sue iniziali in inglese), responsabile dello sviluppo di soluzioni eco-responsabili e innovative da mettere in pratica tra i suoi fornitori. Il centro, che occupa un'area di 58.450 metri quadrati, riceverà investimenti per 40 milioni di dollari (36,3 milioni di euro) nei prossimi 5 anni, promette Shein, e svolgerà ricerche che porteranno allo sviluppo di metodi produttivi rivoluzionari specificamente progettati per il settore dell’abbigliamento.
Nell'ambito di tale strategia, la multinazionale ha anche comunicato di voler aumentare le competenze dei propri lavoratori, affermando di aver già erogato più di 380 sessioni di formazione nel 2022. Formazione che spazia dalla gestione aziendale all'amministrazione passando per le tecniche commerciali. Nel 2023, secondo il management, i dipendenti della sua filiera avranno accesso a 480 corsi di formazione.

Inoltre, Shein si è impegnata a iniettare 15 milioni di dollari (13,6 milioni di euro) nel suo Programma di Sourcing Responsabile (SCEP le sue iniziali in inglese). Soldi che serviranno ad aggiornare gli stabilimenti dei fornitori facenti parte della sua filiera. Finora il marchio asiatico ha già partecipato al rinnovamento di 31 stabilimenti, per una superficie totale di 97.000 metri quadrati, e indica che desidera rendere più moderne altre 100 fabbriche nel corso del 2023, per raggiungere 300 stabilimenti rinnovati in 5 anni.
Infine, il re dell’ultra fast fashion ha comunicato che 10 milioni di dollari (9,1 milioni di euro) saranno destinati a “fornire servizi aggiuntivi alle comunità” che fanno parte della sua filiera. Il gruppo porta come esempio la costruzione di alloggi funzionali (con spazi riservati allo sport o al tempo libero e sale comuni) per i lavoratori.
Con europapress.es
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