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12 mag 2022
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La moda maschile italiana ha cambiato passo nel 2021

Pubblicato il
12 mag 2022

Lasciatasi alle spalle il 2020, la moda maschile italiana ha dimostrato nel 2021 di essersi lasciata alle spalle l’annus horribilis 2020 cambiando prontamente marcia e mostrandosi attraversata da dinamiche molto favorevoli. Come indicano i dati dell’ISTAT, l’Istituto Nazionale di Statistica, nella consueta nota preparata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Sistema Moda Italia, l’export di menswear italiano sull’intero anno ha messo a segno un incremento del +13,4%, per un totale di circa 7,2 miliardi di euro, mentre l’import è cresciuto del +8,2%, passando a 4,9 miliardi di euro.

Fra un mese tornerà a Firenze Pitti Uomo, edizione 102. Pitti Island è il tema scelto quest'anno - Pitti Immagine


La moda maschile dello Stivale non è riuscita tutavia a colmare il divario con i livelli pre-pandemici, con esportazioni inferiori del -5,3% rispetto a quelle del 2019 (ovvero poco meno di 404 milioni di euro in termini assoluti); più consistente risulta il gap in termini di import, pari al -13,4% (corrispondente a -756 milioni di euro circa).
 
Con riferimento agli sbocchi commerciali, le aree UE sono cresciute del +22,2% e quelle extra-UE del +7,1%. Il mercato dell’Unione Europea copre il 45,1% dell’export totale di settore, mentre le nazioni extra-unione risultano i maggiori “acquirenti”, assorbendone il 54,9%. Analogamente, nel caso delle importazioni, dalla UE proviene il 45,3% della moda maschile in ingresso nel nostro Paese, mentre l’extra-UE garantisce il 54,7%.

Nel periodo in esame, la prima destnazione della moda uomo Made in Italy è risultata la Svizzera, in aumento del +15,1%, confermandosi così strategico hub logistico-commerciale per le principali griffe, assorbendo il 12,2% del totale settoriale. Seguono Germania, a quota 11,2% (e salita del +21,1%) e Francia, con il 10,7% (mostrando un +22,6%). Al quarto posto è balzata la Cina, superando gli USA, in virtù di un aumento medio annuo molto sostenuto, ovvero pari al +58,8%, per un totale di 523 milioni di euro (a rappresentare il 7,3% del totale). Di contro, Hong Kong, in decima posizione, mostra una fessione dell’export italiano di comparto nella misura del -3,4%.
 
Meno intensa la dinamica positiva delle esportazioni verso gli Stati Uniti, quinto mercato per il menswear del Bel Paese, che archivia l’anno a +12,5%, assestandosi sul mezzo miliardo di euro.
La Spagna fa registrare un buon incremento, +19,1%, ma fa ancora meglio la Corea del Sud, +22,9%. In controtendenza, cedono le esportazioni di moda uomo in Regno Unito (-32%, pesando per il 6,3% sul totale delle stesse) e Giappone (-6,6%). Altri dati significativi dell’export riguardano Paesi Bassi (in aumento del +17,7%), Russia (+3,8%), Belgio (+33,9%), Polonia (+60,2%) e Austria (+11,2%).
 
I primi quatro mercati non sono solo riusciti a ripianare le perdite dovute alla congiuntura negativa del 2020, ma hanno anche superato i livelli del 2019: la Svizzera del +6,7%, la Germania del +9,5%, la Francia del +6,6%. La Cina presenta una variazione addirittura del +50,0% sul 2019, che si traduce in oltre 170 milioni. Un’eccedenza del +31,9% si rileva anche per le vendite in Corea del Sud.
 
Al contrario, diversi mercati si muovono ancora su valori inferiori, in particolare gli USA e la Spagna, nonostante i buoni risultati del 2021, che restano inferiori rispettivamente del -20,1% e del -13,3% ai livelli del 2019: tali variazioni corrispondono in valore assoluto a -128 milioni di euro circa per gli USA e a quasi 58 milioni per la Spagna. La stessa Russia, interessata una dinamica non partcolarmente sostenuta nel 2021, è sotto del -11,4% rispetto al dato 2019 (quasi 20 milioni in meno in valore assoluto). Più preoccupante il dato britannico, che mostra esportazioni italiane inferiori del -46,5% rispetto al dato 2019 (circa 393 milioni in meno); male anche il Giappone: -18,3% su due anni prima (quasi 60 milioni).
 
Relativamente alle importazioni, da gennaio a dicembre 2021 è rimasta in lieve calo la Cina (-1,5%), pur coprendo il 13,6% del totale di comparto. Il Bangladesh, al secondo posto, mostra un aumento del +1,2%. Decisamente più sostenuti risultano gli incrementi delle importazioni da Francia (+22,5%) e Spagna (+28,0%), così come da Paesi Bassi (+30,4%) e Belgio (+27,5%) porte di ingresso in Europa per merci asiatche. Flette del -5,1% la Romania, mentre Germania e Turchia salgono entrambe del +20%.
 
Per prodotto, la migliore performance l’ha registrata la maglieria, crescendo del +23,1% su base annua, mentre su valori molto inferiori è andato benissimo l’abbigliamento in pelle (+23,2%). L’export di abbigliamento confezionato è cresciuto del +7,2%, quello di camiceria del +5,2%. Restano in fessione le vendite estere di cravatte, in calo del -13,6% su base annua. Se paragonate con l’anno 2019, le esportazioni di maglieria e pelle risultano più elevate, le prime del +7,3%, le seconde del +2,9%. Ancora inferiori al dato pre-pandemia l’export di abbigliamento (del -11,6%), di camiceria (del -19,2%), e di cravatte (del -50,5%).
 
Relatvamente all’import, il ritmo più vivace, pari al +18,4%, interessa ancora la maglieria, mentre la confezione non va oltre al +1,4%. L’import di abbigliamento in pelle ha registrato un +9,4%. Le importazioni di camiceria e di cravatte risultano invece in calo, rispettivamente del -4,4% e del -25,3%.
 
Il Centro Studi di Confindustria Moda conclude ricordando che “non è ancora possibile dar conto della reazione della moda maschile alle nuove complessità conseguenti al confito russo-ucraino, mercato questo pur non partcolarmente rilevante per il settore” (2,2% d’incidenza sul totale dell’export settoriale nel 2021), “o ai nuovi focolai Covid-19 in Asia. Nel breve i timori maggiori sono da ricondurre alla pressione sui costi, in termini di energia, noli e trasporti, tempi di approvvigionamento/consegna, nonché il possibile rallentamento della domanda dovuto a un clima di maggior incertezza”.

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