Pubblicato il
22 dic 2008
22 dic 2008
La Mobile Art di Chanel ferma la sua corsa itinerante a causa della crisi
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22 dic 2008
22 dic 2008
22/12/2008 - La Mobile Art di Chanel non farà scalo a Parigi. Stessa sorte per Londra, Los Angeles e Mosca. Cominciato a gennaio 2008, il percorso internazionale del museo nomade d’arte contemporanea della celebre maison si è concluso il 9 novembre scorso a New York, dopo aver lasciato senza fiato Hong Kong e Tokyo per design e inventiva.
Mobile Art Chanel |
Pensato dall’architetto Zaha Hadid, questo insolito «museo» di 700 metri quadrati ha ottenuto un successo spettacolare ed ha potenziato l’immagine della maison in tutto il mondo.
Tuttavia, l’ affascinante viaggio che ha permesso ad oltre 95000 persone di conoscere un nuovo volto della celebre maison, ha dovuto interrompersi prima del previsto.
A causa della congiuntura negativa seguita alla crisi finanziaria Chanel ha infatti deciso
di dare la priorità all’apertura di nuove boutique e allo sviluppo dei suoi prodotti, nonché agli investimenti strategici.
Lo spirito delle opere esposte, nate dall’immaginazione di una ventina di artisti – Les Blue Noses, Fabrice Hyber, Loris Cecchini, Lee Blu, Michael Lin, Pierre & Gilles, Sophie Calle, ... – gravita intorno all’universo Chanel e, in particolare, a quello delle sue note borsette. Gli artisti sono stati invitati a visitare l’appartamento parigino della Mademoiselle Chanel, rue Cambon, e gli atelier dove vengono create le borse”, spiega Chanel.
Hanno in seguito avuto carta bianca per creare opere ispirate ai dettagli che caratterizzano l’identità della storica maison francese, come la sua famosa borsa “matelasse”, accessorio emblematico del marchio.
Questa idea ambiziosa, sostenuta da Karl Lagerfeld, aveva lo scopo di mescolare “moda e arte”, ha dichiarato il direttore artistico della griffe durante la conferenza stampa organizzata al Moma di New York lo scorso ottobre.
“Quando Chanel mi ha chiesto di immaginare qualcosa riguardo alle borse doveva essere questo o nulla. Volevo lavorare con Zaha Hadid e costruire un concetto che fosse trasportabile da una città all’altra. Non poteva essere realizzato altrimenti”.
Di Elena Passeri
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