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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
21 ago 2018
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La famiglia Benetton nell’occhio del ciclone dopo la tragedia di Genova

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Reuters API
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
21 ago 2018

Lontanissima dalla maglieria dai colori vivaci che l’ha reso famoso, la scelta strategica del gruppo Benetton di Ponzano Veneto, che ha scelto di investire nel settore delle infrastrutture, è diventata oggetto di polemiche dopo il disastro del Ponte di Genova di questo mese.

L'ultima campagna pubblicitaria di Benetton per l'AI 2018 scattata da Oliviero Toscani


La diversificazione strategica dei Benetton, concepita per controbilanciare il declino dell’omonimo marchio di abbigliamento, è stata una scelta ampiamente ricompensata negli ultimi decenni. Ma il crollo del Ponte Morandi, gestito da un’entità di Atlantia, società controllata dai Benetton, che costruisce e gestisce la maggior parte delle autostrade italiane, ha scatenato una crisi senza precedenti per la sua filiale, visto che il governo si appresta a revocarle la concessione (l’anno scorso prolungata fino al 2042) ed evoca probabili misure di rivalsa. Lunedì scorso le azioni di Atlantia sono calate di oltre il 7%, e di circa il 28% dalla tragedia.
 
Due decenni dopo l’investimento dei Benetton nel campo delle infrastrutture, Atlantia (e le aziende ad essa interconnesse, come la ristorazione autostradale di Autogrill) generano molto più valore del marchio di moda per la società d’investimenti di famiglia, la holding Edizione.

Il declino del business nel tessile-abbigliamento dei Benetton è cominciato alla fine degli anni ‘80, quando la società fondata nel 1965 dai fratelli Luciano, Giuliana, Gilberto e Carlo si è dovuta confrontare con l’ascesa dei grandi rivali della fast-fashion come Zara (Inditex). Gli imprenditori veneti pensarono quindi di cercare altre vie di guadagno.
 
L’occasione si presentò loro con la stagione delle grandi vendite di stato (ma per molti si è trattato di ‘svendite’, ndr.). Infatti, con lo ‘spezzatino’ dell’IRI degli anni ’90, la famiglia veneta (che quotava in Borsa il gruppo sin dal 1986 per cercare capitali freschi) è in prima linea. Nel 1996 acquista Autogrill e la catena di supermercati GS per soli 700 miliardi delle vecchie lire, rivendendo poi quest’ultima al gruppo Carrefour per 6.000 miliardi di vecchie lire ottenendo così una grossa plusvalenza meramente speculativa di 4.500 miliardi delle vecchie lire. Sempre nel 1999 ecco l’acquisto del 30% di Società Autostrade, di cui diventa azionista di riferimento per 5.000 miliardi di lire dell’epoca, passando poi con l’offerta pubblica di acquisto del 2003 al possesso dell’83 per cento del pacchetto azionario, si legge su Il Fatto Quotidiano.
 
I ricavi generati dai pedaggi (rincarati anche se la manutenzione non aumentava) e il rinnovo delle concessioni grazie ad accordi politici rendono questo settore una gallina dalle uova d’oro per i Benetton, che allargano i loro interessi anche agli aeroporti, acquisendo quote in Aeroporto di Torino o Aeroporto di Venezia. Nel 2000 partecipano alla privatizzazione dell’Aeroporto di Torino e cinque anni più tardi entrano con una quota di minoranza in Investimenti Infrastrutture SpA, società che detiene una quota in Gemina, gli Aeroporti di Roma, destinata a confluire in Atlantia, aggiunge il quotidiano.
 
Edizione, che ormai vanta anche partecipazioni immobiliari o in istituti bancari, valeva quasi 13 miliardi di euro l’anno scorso, più della metà dei quali provenienti dalla sua partecipazione del 30,3% in Atlantia.
 
L’appetito per il campo delle infrastrutture non è certo diminuito tra i Benetton, che stanno cercando di concludere un’Opa congiunta fra Atlantia e ACS in Spagna per acquistare il gestore stradale spagnolo Abertis, concessionario che gestisce 8.600 chilometri di autostrade in 15 nazioni tra Europa, America e Asia, il che creerebbe il principale operatore autostradale mondiale.

Le dichiarazioni dei redditi di Edizione precisano che il settore delle infrastrutture ha rappresentato il 67% delle sue entrate nel 2017, molto più dell’abbigliamento, che ormai vale solamente l’8%.
 
Il giro d’affari di Atlantia è triplicato dal 2000, data nella quale i Benetton hanno comprato l’azienda, alimentato in seguito da acquisizioni di strade a pedaggio dal Brasile alla Polonia e, più tardi, dalla suddetta incursione nei capitali di aeroporti italiani e anche francesi.
 
Edizione ha anche beneficiato della sua vicinanza ad investitori influenti di Atlantia, come il fondo sovrano GIC di Singapore. "Questo investimento ha avuto importanti ricadute economiche; altro vantaggio, la forte presenza di investitori stranieri nel capitale di Atlantia", spiega Andrea Colli, professore ordinario di Storia economica dell'industria all'Università Bocconidi Milano e autore di un libro sul gruppo Edizione.
 
Ma oggi, la catastrofe del ponte genovese ha richiamato l'attenzione sul ruolo e l'influenza della famiglia nel Paese, appena dotatosi di un nuovo governo "anti-establishment".
 
"I Benetton sono il capro espiatorio più ovvio", commenta Jonathan Mantle, autore di un libro sulla famiglia.
 
Il leader del Movimento 5 Stelle al governo, il vicepresidente del consiglio Luigi Di Maio, ha dichiarato la scorsa settimana che la sua amministrazione è stata la prima a non aver ricevuto contributi elettorali dalla famiglia Benetton, e che questo gli ha permesso di agire più liberamente contro gli interessi della famiglia.
 
Una fonte interna alla holding ha tuttavia affermato che Edizione non ha finanziato direttamente nessun partito politico italiano.
 
Il gruppo Edizione ha assicurato che avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per sostenere le indagini sul crollo del ponte di Genova. Sabato scorso, giorno dei funerali di stato organizzati per una parte delle vittime, la famiglia Benetton ha rilasciato una dichiarazione separata, esprimendo il suo "profondo dolore" di fronte al disastro. "In questo giorno di lutto, i nostri pensieri sono rivolti a tutti coloro che hanno conosciuto e amato le vittime della tragedia di Genova", dice il comunicato.
 
Anche Autostrade per l'Italia, la società di Atlantia responsabile della gestione del ponte, sabato scorso si è impegnata a ricostruirlo, prima di dichiarare che metterà a disposizione un fondo di 500 milioni di euro per incoraggiare la ripresa delle normali attività dopo la tragedia.

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