La crisi del trasporto merci tiene sotto pressione marchi e produttori
La crisi dei trasporti mercantili continua, provocando prezzi proibitivi, ritardi e carenze di materie prime in tutto il mondo. Mentre l'Europa intende approfondire la questione, l'American Apparel & Footwear Association (AAFA) chiede sostegno a Joe Biden di fronte ai rischi di inflazione - e di vetrine e scaffali vuoti nei negozi di abbigliamento.

All'inizio di luglio, la crisi del trasporto merci ha portato a costare ben 7.000 dollari un viaggio tra la Cina e la costa occidentale americana. Un aumento del triplo in un anno, che risente anche di un confronto comparativo sfavorevole, avendo già l'estate del 2020 sperimentato una tariffazione fuori standard. E l’impennata dei prezzi ora sta colpendo in pieno l'Europa, con ormai più di 10.000 dollari di costo per un viaggio Cina-Europa, contro i 1.600 dollari dell'anno prima. Importi che determinano arbitrati e mediazioni di bilancio che fanno altresì emergere anche la spinosa questione delle scadenze e dei ritardi.
“Siamo sostanzialmente a corto di navi e container vuoti, con questi ultimi che praticamente si trovano tutti nel posto sbagliato, cioè ovunque tranne che in Asia pronti per essere caricati”, ha spiegato di recente all’agenzia di stampa francese AFP il capo della società di consulenza Sea Intelligence, Alan Murphy. Una situazione che non deve però far dimenticare che i prezzi pre-crisi erano artificialmente bassi, a causa di un eccesso di capacità produttiva dei noleggiatori. “Le compagnie di navigazione perdevano letteralmente soldi ogni volta che spostavano una scatola”, precisa lo specialista.
Questa crisi del trasporto merci è stata innescata prima di tutto dallo stop della produzione cinese proprio all'inizio della crisi sanitaria. Però, quando sono riprese le produzioni nella primavera del 2020, è toccato all'Occidente sperimentare un'ondata di lockdown. Il che ha sospeso la domanda e provocato la cancellazione di molti ordini, ma ha anche interrotto le loro produzioni destinate all'Asia. Piuttosto che partire vuoti per la Cina, i noleggiatori erano quindi rimasti in attesa nei porti occidentali.

“I vettori fatturano agli spedizionieri da 4 a 5 volte le tariffe contrattuali e continuano a farli sbarcare (“rolling them off”, ndr.) dalle navi (spedizioni posticipate, ndr.)”, indica l'AFOA in una lettera indirizzata a Joe Biden, in cui ha elencato gli ostacoli incontrati nei porti americani. Compresa la mancanza di gru per caricare i container, la mancanza di banchine in grado di ospitare le navi più grandi (in modo da rendere meno costoso il viaggio), o la scarsa portata delle alternative aeree.
In Europa si parla dell'impatto di questa crisi soprattutto attraverso le conseguenze che ha portato sul settore edile. La carenza di materiali è stata ricordata dal presidente francese Emmanuel Macron il 12 luglio, mentre l'UE sta lavorando su un altro versante per prevenire possibili rischi di inflazione a medio e lungo termine.
Nell’industria del tessile-abbigliamento, dove i committenti europei rimangono cauti nonostante lo spettro crescente di un’ondata di variante Delta nel Vecchio Continente, i prezzi dei noli per i trasporti merci hanno portato a confortare i brand nella loro volontà di ridurre l'ampiezza delle proprie collezioni. Tuttavia, secondo alcuni rappresentanti del settore, la situazione gioverebbe anche alla stessa industria europea, con i marchi che vi troverebbero capacità di produzione più brevi che in Asia, ma anche più veloci e meno costose nei trasporti. Un fenomeno che il post-crisi permetterà di apprezzare meglio nella sua reale ampiezza.

Una situazione che preoccupa i paesi fornitori, come il Bangladesh, secondo fornitore di abbigliamento dell'UE. La BGMEA (Bangladesh Garment Manufacturers and Exporters Association) e la BKMEA (Bangladesh Knitwear Manufacturers and Exporters Association) sottolineano che lockdown e crisi marittime fanno sì che i produttori impieghino un mese per ricevere le loro materie prime. E la mancanza di capacità di trasporto avrebbe spinto gli esportatori a proporre ai marchi di posticipare fino a luglio le spedizioni previste per maggio, inducendo a un rischio di cancellazione degli ordini da parte di produttori industriali già indeboliti.
In attesa che tutti i porti del mondo trovino container disponibili, gli armatori starebbero godendo di una salute finanziaria senza precedenti. Gli imprescindibili AP Moller-Marsk e CMA-CMG hanno registrato rispettivamente 2,7 e 2 miliardi di dollari di utili netti nel primo trimestre del 2021. Si tratta rispettivamente di quattordici e quaranta volte i livelli dell'anno precedente.
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