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Ansa
Pubblicato il
26 ott 2021
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La carenza di materie prime spinge i prezzi delle big di largo consumo

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Ansa
Pubblicato il
26 ott 2021

Dai microchip, alle batterie, ai rasoi fino ai pannolini: la carenza di materie prime comincia a produrre i suoi effetti anche sui prodotti di largo consumo. E se il risultato più vistoso è stato finora quello che ha riguardato i prodotti con una forte componente elettronica, dalle auto, ai telefoni alle playstation, scatenando tra l'altro in alcuni casi mercati paralleli per i prodotti più ambiti, i rincari interessano un sempre maggiore numero di settori.

Unilever - Ansa


Quanto tempo impiegherà il forte rialzo dei prezzi delle materie prime a cui abbiamo assistito fin dallo scoppio della pandemia a tradursi in un generalizzato aumento dell'inflazione? È questo l'interrogativo che occupa in queste settimane i pensieri degli operatori industriali e finanziari, oramai sempre più scettici sulla cosiddetta 'temporaneità' della dinamica.

Dal fronte istituzionale si cerca di gettare acqua sul fuoco. Intervenendo sul tema, questa settimana la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha affermato come l'inflazione sia "in gran parte transitoria", anche se l'Eurotower sta riservando "molta attenzione" alle trattative salariali e ad altri potenziali effetti di secondo impatto che potrebbero far salire i prezzi in modo più permanente. Proprio la mancata spinta sui salari è un elemento che tranquillizza, almeno temporaneamente, Bankitalia, secondo cui l'inflazione è in crescita anche in Italia ma in assenza di spinte “dai salari e dai prezzi alla produzione non dovrebbe estendersi al medio periodo".

Ma, se si guarda all'andamento dell'ultimo anno e mezzo del prezzo delle materie prime, qualche motivo di preoccupazione emerge: nelle scorse settimane metalli industriali come l'alluminio e lo zinco sono tornato sui livelli massimi a cui non si assisteva dal 2007. In forte rialzo anche gli acciai che presentano un rincaro del 100% rispetto all'estate 2020. Ci ha poi pensato a inizio ottobre il comparto energetico ad alimentare le pressioni inflazionistiche con il balzo del prezzo dell'elettricità. Da considerare poi la tensione che continua a mordere il comparto della logistica e dall'altro dall'impatto che le politiche climatiche sortiscono nell'innalzare i prezzi delle materie prime.

Il crescente timore insomma è che si sia solo all'inizio di una fase di generale rincaro dei prezzi. La riprova è giunta questa settimana dalle conference call organizzate dalle 'big' nel comparto del largo consumo per presentare i risultati nel terzo trimestre dell'anno. Procter & Gamble che già nel corso dell'anno aveva annunciato aumento dei prezzi di listino per i pannolini Pampers, ora alzerà il prezzo dei prodotti per la cura orale e della pelle come i rasoi. Gli ha fatto eco la concorrente Unilever secondo cui l'inflazione da costi permarrà anche il prossimo anno e questo richiede un appropriata azione di pricing.

Se l'allarme viene dagli Usa, in Europa questo rischio appare ancora più contenuto, a giudicare dall'impennata dei costi alla produzione a cui si è assistito a settembre (+14,2% in Germania) e dal probabile mantenimento su livello di prezzo elevati per materie prime e beni energetici anche il prossimo anno, potrebbe essere solo una questione di tempo prima di assistere a una generale tendenza ai rialzi. E i consumatori hanno già lanciato l'allarme per il "caro Natale" che potrebbe incidere - secondo il Codacons- per 1,4 miliardi sulle tasche degli italiani.

Intanto sul fronte della produzione l'Italia punta ad attrarre le aziende in loco come ha ribadito anche ieri il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti confermando i negoziati in corso con il colosso dei microchip Intel e le discussioni con quello dei vaccini Moderna per portare la produzione anche in Italia.

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