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19 feb 2023
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La calzatura italiana torna ai livelli pre covid

Pubblicato il
19 feb 2023

La scarpa made in italy supera la crisi del biennio pandemico con un fatturato 2022 di 14,49 miliardi di euro (+14% rispetto al 2021). A spingere le vendite del comparto sono state le esportazioni (+23,3% in valore) e le griffe del lusso. Il saldo commerciale risulta rafforzato a 5,54 miliardi (+7,6%), ma i consumi delle famiglie (+9,6%) non riescono ancora ad annullare il gap col 2019 (-2,5%). È la fotografia scattata dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici presentata alla partenza del Micam, la più importante fiera della calzatura in programma dal 19 al 22 febbraio a Fiera Milano Rho.

Giovanna Ceolini,presidente di Assocalzaturifici.


“Sebbene il quadro di insieme sia incoraggiante, dopo un biennio complesso, ci sono alcune indicazioni meno confortanti. In primis la disomogeneità della ripresa (2 imprese su 5 non hanno ancora ripianato il gap col 2019 e parecchie non sono riuscite a superare la crisi, cessando l’attività) e poi le conseguenze delle dinamiche inflattive sugli utili delle aziende. L’anno che doveva segnare la piena ripartenza dopo la pandemia ha sì registrato il proseguimento del recupero della domanda, ma è stato penalizzato dal perdurare dei costi elevati delle materie prime, che dopo la fiammata di fine 2020 non hanno dato segni tangibili di ribassamento, e dai picchi record nei prezzi degli energetici, con un’inflazione mai così alta in Italia dal 1985. A ciò si è aggiunto, a fine febbraio, lo scoppio di un conflitto di cui ancora oggi non si vede la fine, in un’area da sempre tra i maggiori clienti di alcuni distretti calzaturieri italiani”, commenta Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici.

Nel preconsuntivo emerge il nuovo record dell’export a 10,48 miliardi nei primi 10 mesi, +23,5%, già superiore al valore dell’intero 2021, con un prezzo medio al paio che ha raggiunto i 57,26 euro (+10,7%). Tra i mercati, risultati premianti nella Ue (+24,4% in valore la Francia e +27,4% la Germania su gennaio-ottobre 2021). Incrementi ben oltre la media in Nord America (Usa +60%, Canada +68%) e Medio Oriente (+55%). Bene – seppur con risultati altalenanti durante l’anno, condizionati dai lockdown – anche la Cina (+41% in valore), ma soprattutto per l’alto di gamma (prezzo medio +34%). La guerra fa crollare le vendite in Russia (-26%) e in Ucraina (-59%); tra gli stati dell’ex blocco sovietico cresce il Kazakistan (+40%). Tra le tipologie, solo le scarpe in pelle ancora presentano un divario in volume sul 2019 (peraltro marcato: -10,4%).

Sul versante interno, gli acquisti delle famiglie hanno registrato variazioni positive ma contenute (+6,7% in quantità e +9,6% in spesa). La ripartenza dei flussi turistici in ingresso ha inoltre riavviato lo shopping degli stranieri, seppur notevolmente penalizzato dal crollo degli arrivi russi (in aggiunta a quelli cinesi).

La produzione nazionale è salita a 162 milioni di paia (+8,9% sul 2021, ma ancora lontana dai 179 milioni del 2019). Cresce anche l’occupazione, accompagnata da una forte riduzione delle ore di cassa integrazione guadagni autorizzata (-81% per le imprese della filiera pelle, con ancora però un +58% sul 2019). I livelli occupazionali hanno registrato nel 2022 un rimbalzo, dopo la significativa contrazione di fine 2020 (-4%) e l’ulteriore -1,8% del consuntivo 2021, con il recupero di 1.750 addetti, pari al +2,5%, su dicembre 2021 (sono risaliti a 72.336). Un’inversione ancora insufficiente a ripianare le sole perdite del biennio antecedente (-4.300 posti di lavoro). I calzaturifici attivi sono 3.765 con un saldo negativo di 216 unità a confronto con dicembre 2021. 

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