11 mar 2013
La calzatura italiana a Mosca dal 18 al 21 marzo
11 mar 2013
Il meglio del Made in Italy si dà appuntamento a Mosca dal 18 al 21 marzo 2013. Circa 222 imprese dei settori calzatura e pelletteria si apprestano ad esporre le loro collezioni autunno/inverno 2013-2014 a Obuv’ Mir Koži, l’importante rassegna dedicata alla calzatura del prodotto medio-alto e alto in Russia. Questo evento di riferimento per gli operatori del settore si svolge su una superficie totale di 5.400 m2 all’interno dei padiglioni espositivi dell’Expocentr, il centro fieristico più importante di Mosca.
Organizzata dall’Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani (Anci) e Fairsystem, società del gruppo BolognaFiere, la rassegna ha accolto durante la scorsa edizione 8.000 operatori provenienti non solo dall’intera Russia, ma anche dalle vicine Bielorussia, Ucraina e Paesi dell’Asia Centrale.
La prossima edizione si preannuncia come un’importante occasione di business, anche in considerazione dei positivi dati economici relativi alla regione. Russia e Paesi dell’area CSI (ex Unione Sovietica), infatti, riescono a dare ancora performance incoraggianti, a giudicare dai dati pubblicati da Anci. Da gennaio a settembre 2012, le esportazioni italiane di calzature in Russia hanno raggiunto gli oltre 6,1 milioni di paia (+9,7% rispetto allo stesso periodo del 2011), generando un valore pari a 487 milioni di euro (+14,9% rispetto ai primi nove mesi del 2011). Stesso andamento positivo anche per il prezzo medio dei prodotti esportati, pari a 79,8 euro al paio (+4,7% rispetto allo stesso periodo del 2011).
Se consideriamo i paesi dell’Est Europa e dell’area CSI, salgono a oltre 11,5 milioni le paia esportate e a oltre 666 milioni di euro i valori fatturati nei primi 9 mesi del 2012, sottolinea l’Anci un una nota. Gli incrementi percentuali, 6,9% e 12,2% rispettivamente, sono sostanzialmente in linea con quelli del solo mercato russo. La differenza più significativa è, invece, in termini di prezzo medio, in quanto raggiunge i “soli” 58,2 euro al paio, a causa dei prezzi di vendita nei paesi della ex-Jugoslavia nettamente più bassi rispetto ai mercati dell’area CSI.
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