L’innocenza selvaggia di McQueen
Siamo entrati nell’era dell’innocenza selvaggia? Sembrava davvero così nell’ultima sfilata di Alexander McQueen, in cui lo stile sartoriale da duro gangster londinese incontrava i Pony Boys di Dublino.
La sfilata dava l’impressione che un gruppo di sarti di Savile Row avesse fatto gli straordinari per un mese per preparare questa collezione molto costruita. Cosa possibile, visto che il fondatore stesso del brand, Alexander McQueen, si era formato come apprendista nell'atelier di Anderson & Shepherd nell’adolescenza.
Il risultato sono stati alcuni vestiti accattivanti ed incredibili; tagliati con l’abituale precisione del marchio McQueen, e realizzati in un florilegio di tessuti: stampe giganti di altrettanto enormi rose fiorite; motivi a grossi scacchi o audaci pattern Argyle rosso fuoco.
Raramente in Europa abbiamo visto una stagione di sfilate con gli uomini così imbacuccati. E la soluzione che offre il maggior confort per l’inverno secondo la direttrice creativa di McQueen, Sarah Burton, è un sensazionale montgomery rosso.
Tuttavia, c’era anche un'aria minacciosa in questo show – in particolare nei grandi cappotti fatti di lana nera e completati da elementi tratti da armature di cavalieri medievali realizzati in elegante pelle di mucca. Eppure l'innocenza era altrettanto evidente negli occhi di questo giovane cast di modelli, mentre indossavano dei cappotti a stampe tigrate accessoriati con enormi sciarpe studentesche di mohair. Uno dei numerosi e chiari riferimenti all'iconica serie di foto di Perry Ogden dei bambini irlandesi poveri della classe operaia che tenevano dei cavalli nelle loro minuscole case popolari. Una sorta di innocenza selvaggia celtica.
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