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Di
Reuters
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
16 apr 2020
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L’Asia rischia una storica recessione a causa della pandemia

Di
Reuters
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
16 apr 2020

La crescita economica dell’Asia dovrebbe essere dello 0% nel 2020 per la prima volta in 60 anni, scrive il Fondo Monetario Internazionale in un rapporto pubblicato giovedì.

Una fabbrica di tessuti vuota a Dacca il 6 aprile 2020 - AFP/Archives - Munir Uz zaman


Sebbene l'Asia sembri stare meglio di altre regioni, le previsioni per il 2020 sono pessime anche in relazione alla crisi finanziaria globale (4,7%) e a quella asiatica (1,3%), osserva il FMI.
 
La pandemia ha colpito direttamente il settore dei servizi, costringendo le famiglie a rimanere a casa e i negozi a chiudere, e i principali esportatori della regione hanno visto crollare la domanda da parte dei loro principali partner commerciali, USA e Paesi europei.

La crescita economica cinese è ora attesa all'1,2% nel 2020, contro il 6% previsto dal FMI a gennaio. Il Fondo Monetario stima che una ripresa dell'attività della seconda maggiore economia mondiale entro la fine di quest'anno e che la sua crescita dovrebbe tornare al 9,2% l'anno prossimo.
 
Le esportazioni cinesi sono scese del 6,6% in marzo. Le importazioni sono diminuite dello 0,9%. Cifre migliori del previsto, che riflettono la ripresa della produzione nelle fabbriche del Paese, anche se la crisi del coronavirus dovrebbe mantenere le operazioni commerciali sotto pressione pure nei prossimi mesi.
 
Gli analisti sentiti dall’agenzia Reuters si aspettavano invece una diminuzione del 14% delle esportazioni il mese scorso (scese del 17,2% in gennaio-febbraio) e si aspettavano una contrazione del 9,5% delle importazioni, dopo un calo del 4% nei primi due mesi dell'anno.
 
La Cina ha registrato un avanzo commerciale di 19,9 miliardi di dollari (18,18 miliardi di euro) il mese scorso, mentre gli analisti interpellati da Reuters prevedevano un avanzo di 18,55 miliardi di dollari. Nel periodo gennaio-febbraio, il deficit commerciale aveva raggiunto 7,096 miliardi di dollari.
 
Gli analisti si aspettano che il PIL della Cina nel 1° trimestre 2020 scenda del 6,5% in un anno, dopo il +6% del quarto trimestre 2019, secondo un sondaggio Reuters.
 
Da un trimestre all’altro, il PIL è atteso in ripresa del 9,9% nel periodo gennaio-marzo, contro la crescita dell’1,5% nel trimestre precedente, secondo lo stesso sondaggio. Il PIL cinese si contrarrebbe così per la prima volta dal 1992, anno dell’introduzione delle statistiche ufficiali sulla crescita.

Foto scattata in Cina il 12 aprile scorso - Reuters/Huizhong Wu


Le autorità cinesi hanno già segnalato l’intenzione di aumentare le spese di bilancio al fine di finanziare soprattutto grandi progetti regionali. Sul versante monetario, la banca centrale cinese ha iniziato ad adeguare una serie di strumenti. La People's Bank of China (PCB) ha annunciato mercoledì l’abbassamento dei tassi d’interesse a medio termine e la riduzione dell'ammontare delle riserve che le banche commerciali devono detenere al suo interno.
 
Sull’intero 2020, la crescita cinese potrebbe rallentare al 2,5%, contro il 6,1% del 2019, mostra un altro report di Reuters, ovvero la cifra più bassa dal 1976, ultimo anno della Rivoluzione Culturale, che è durata dieci anni e ha devastato l'economia del Paese.
 
La produzione industriale è attesa in discesa del 7,3% in un anno, dopo il -13,5% dei primi due mesi del 2020, e le vendite al dettaglio potrebbero essere scese del 10% (-20,5% in gennaio-febbraio), secondo gli analisti sentiti da Reuters.
 
Intanto, secondo un rapporto di Banca Mondiale, l'Asia del Sud rischia una recessione inedita a causa della pandemia, la peggiore in 40 anni.

La regione costituita da India, Bangladesh, Pakistan, Afghanistan e altri stati più piccoli conta 1,8 miliardi di abitanti e alcune delle città più densamente popolate del mondo. Tutti Paesi in cui i casi conclamati di Covid-19 per ora sono pochi, ma alcuni esperti temono che la zona diventerà uno dei prossimi epicentri della pandemia.

“L’Asia meridionale si trova ad affrontare una tempesta perfetta di difficoltà. Il turismo si è fermato, le catene di fornitura sono state interrotte, gli ordini delle industrie occidentali sono stati annullati, la domanda di tessuti è crollata e il morale dei consumatori e degli investitori è calato”, indica la Banca Mondiale.
 
Aumenta poi la disoccupazione tra i lavoratori poveri. Lunedì scorso migliaia di operai del settore tessile (soprattutto donne ventenni e trentenni) hanno manifestato in Bangladesh per esigere il pagamento dei loro salari, non versati a causa delle cancellazioni di ordini dovute alla pandemia. Le esportazioni di vestiti, fabbricati per conto dei grandi marchi occidentali, rappresentano l’84% dell’export totale del Bangladesh. Però, da quando l’esplosione dell’epidemia di Coronavirus ha costretto l’Occidente ad isolarsi, i principali marchi di prêt-à-porter hanno annullato o rinviato ordini di merce per almeno 3,1 miliardi di dollari dai produttori locali, secondo la Bangladesh Garment Manufacturers and Exporters Association.

Le proteste a Dacca - AFP/Munir Uz Zaman


La Banca Mondiale ha quindi ridotto le sue previsioni di crescita per la regione dal 6,3% a una forchetta dell'1,8-2,8% e ritiene che oltre la metà dei Paesi possa precipitare in una “profonda recessione”.

Le Maldive soffriranno di più, con il crollo delle spese turistiche che rischia di far diminuire il PIL del 13%, mentre quello dell’Afghanistan rischia di contrarsi del 5,9% e quello del Pakistan del 2,2%.

L'India, il cui anno fiscale inizia l’1 aprile, dovrebbe registrare un PIL a +1,5-2,8%, contro il +4,8-5,0% nell’anno appena concluso.

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