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Gianluca Bolelli
Pubblicato il
22 ago 2022
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Kering potrebbe diversificarsi nel settore della bellezza

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
22 ago 2022

Kering sarà il prossimo player del lusso a gestire in maniera diretta il proprio business nei prodotti di bellezza? “Tutte le opzioni sono aperte”, ha detto l'amministratore delegato del gruppo del lusso, Jean-François Palus, in occasione della pubblicazione dei risultati semestrali del colosso francese a fine luglio, riconoscendo come tale ipotesi sia assolutamente possibile.

Il make-up di Gucci per la sua sfilata Autunno-Inverno 2022/23 - gucci.com


Nonostante Chanel e Dior abbiano optato per questa strategia già molto tempo fa, la maggior parte dei grandi gruppi di moda non si era avventurata nel settore fino ad allora e non lo ha fatto neanche dopo, preferendo operare tramite licenze, come nel caso di Kering. Ma negli ultimi due anni la situazione è cambiata, perché questo settore molto vivace alimenta innumerevoli desideri, soprattutto tra i grandi nomi del lusso, in perpetua ricerca di nuove leve di crescita.

Alcuni, come Burberry, in passato hanno tentato di internalizzare la propria attività nel beauty prima di gettare la spugna; altri, più recentemente, vi si sono intensamente impegnati. Come Hermès nel 2020, la cui divisione ‘Parfum et Beauté’ oggi vale il 4% del fatturato totale del brand e ha raggiunto nello scorso primo semestre i 230 milioni di euro di giro d’affari, crescendo del 23%. O ancora Dolce & Gabbana, che all'inizio del 2022 ha creato una propria struttura dedicata ai prodotti di bellezza.

Certamente il mondo della cosmesi richiede molta competenza e una grande organizzazione. Necessita anche di investimenti significativi e di assumersi una certa dose di rischi. Ma è un mercato che può rivelarsi redditizio, perché con i loro prezzi più abbordabili i prodotti di bellezza si rivolgono a un pubblico maggiormente ampio.

“La bellezza costituisce un'estensione naturale del territorio di competenza dei nostri marchi. Attualmente operiamo attraverso un modello basato sulle licenze, ma il nostro successo con Kering Eyewear dimostra che possiamo creare molto valore per i marchi e, di conseguenza, per il gruppo, adottando alcuni approcci dirompenti e innovativi. Il beauty è sicuramente un settore d’attività che potremmo considerare in futuro”, ha indicato Jean-François Palus durante la conference call con gli analisti.

Partita da zero nel 2014, l'azienda del gruppo specializzata in occhialeria ha realizzato nel 2021 un fatturato di 700 milioni di euro e nel primo semestre del 2022 ha già raggiunto i 576 milioni di euro, in crescita del 50% a dati pubblicati e del 26% a perimetro omogeneo. Cifre su cui Kering deve aver ragionato bene, tanto più che i suoi rapporti con i propri licenziatari nei prodotti di bellezza non sono dei migliori. Il gruppo attualmente opera in licenza con l'americana Coty per Gucci, Alexander McQueen e Bottega Veneta, con L'Oréal per Saint Laurent e con Interparfums per Boucheron.

Nel 2020 il boss di Kering, François-Henri Pinault, si è lamentato in particolare dei lenti progressi nello sviluppo dei cosmetici prodotti su licenza dal suo partner Coty. “Il potenziale è enorme. Siamo molto delusi dalla velocità con cui questo potenziale viene sfruttato”, ha affermato in una conferenza stampa.

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