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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
8 ott 2019
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Kering Eyewear ha creato un business da mezzo miliardo di euro in cinque anni

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
8 ott 2019

“No, non siamo interessati a Safilo”. Il PDG di Kering Eyewear, Roberto Vedovotto, smentisce perentoriamente le voci secondo cui il gruppo francese del lusso avrebbe messo nel mirino il gruppo italiano di ochialeria controllato dal fondo olandese Hal. “Siamo usciti dal modello di business della licenza e non intendiamo tornarci”, ha detto giovedì durante un ristretto incontro con alcuni media, tra i quali FashionNetwork.com. Il gruppo ha inoltre annunciato il rinnovo del contratto di produzione con Safilo per Gucci, che termina alla fine del 2020, ma è stato prolungato di tre anni, fino alla fine del 2023.

Il nuovo centro logístico di Kering Eyewear, costruito nel 2018 a Vescovana (PD) - Kering Eyewear


“Abbiamo rivoluzionato il mercato uscendo dalla logica delle licenze per produrre occhiali internamente. Avere delle fabbriche non ci interessa. Preferiamo mantenere la nostra flessibilità rivolgendoci a diversi fornitori. Riceviamo molte richieste per gestire collezioni su licenza, ma noi vogliamo dedicarci esclusivamente ai marchi dei nostri azionisti”, ha detto il fondatore e anima di questa “start-up”, diventata redditizia in soli tre anni, che ha raggiunto 495 milioni di euro di fatturato nel 2018, salendo del 45% rispetto al 2017, mentre le sue vendite nel primo semestre del 2019 sono state di 320,8 milioni. “Oggi siamo il secondo gruppo nell’eyewear di lusso dopo Luxottica”, afferma perentorio Roberto Vedovotto.
 
Kering Eyewear si è immediatamente insediato nel cuore del distretto veneto dell'occhialeria italiana, aprendo sede e studio creativo a Villa Zaguri, dimora storica alle porte di Padova. “Quando siamo arrivati qui nell'ottobre del 2014, non c'era niente, niente tavoli, niente sedie. Eravamo in quattro”, ricorda il PDG, che spiega come la cosa più dura sia stata il dover “lottare contro lo scetticismo generale. Nessuno credeva in noi, a parte François-Henri Pinault, che col suo gruppo Kering ha investito a fondo nel progetto”.

Oggi Kering Eyewer è posseduto in maggioranza da Kering (63%). Una quota minoritaria (7%) appartiene ai manager del CdA, mentre nel marzo 2017 Richemont è entrato nel capitale con il 30% delle quote. In quell’occasione, la Manufacture Cartier Lunettes di Sucy-en-Brie, in Francia, è entrata a far parte di Kering Eyewear diventando la sua fabbrica dedicata agli occhiali "per gioiellieri", mentre l'azienda di occhiali ha iniziato a gestire le collezioni di eyewear di Cartier, e poi più di recente quelle di Alaïa e Montblanc, altri due marchi del gruppo elvetico del lusso.
 
La società annovera nel suo portafoglio i dieci marchi di Kering (Gucci, Saint Laurent, Balenciaga, Bottega Veneta, Alexander McQueen, MCQ, Courrèges, Brioni, Boucheron e Pomellato), cui s’aggiungono Puma e Stella McCartney, usciti dal perimetro del colosso francese del lusso, ma la cui attività nell’eyewear resta nelle mani di Kering Eyewear. Gucci è in testa alle vendite, seguito da Cartier.

Uno dei progetti creativi di Kering Eyewear - Kering Eyewear


Attualmente, 1.300 persone lavorano per la società, fra la sua sede di Padova, il quartier generale di Milano, incentrato su comunicazione, area commerciale e marketing, e i suoi designer internazionali basati a Londra, Hong Kong e Seoul. L’azienda dispone anche di una vasta rete di distribuzione che serve oltre 16.000 clienti e 30.000 punti vendita in circa 100 Paesi.
 
La produzione è stata affidata a 40 partner subfornitori, il 65% dei quali situati in Italia, a una distanza di al massimo un’ora dalla sede padovana, il resto viene prodotto in Giappone, Cina e Francia.
 
La logistica, in precedenza gestita da centri regionali, è stata completamente internalizzata e centralizzata non lontano dalla sede di Padova, a Vescovana, con la costruzione lo scorso anno di un enorme deposito di 15.000 metri quadrati, e la possibilità di edificarne altri 7.500, della capacità di 5 milioni di unità, da dove sono spediti 35.000 pezzi al giorno. Sul posto viene effettuato anche il controllo qualità. Una struttura che permette “di controllare tutti i processi, con uno standard di qualità più elevato, di essere più rapidi e flessibili e di offrire più servizi con consegne personalizzate”, spiegano i responsabili di questa piattaforma logistica.
 
Uno dei principali punti di forza di Kering Eyewear sta nella sua forza lavoro, con un team estremamente motivato e impegnato, ma anche e soprattutto nello studio creativo e nel centro di prototipazione, dove lavorano 48 persone, a Padova, sotto la guida di Nadia Rossi, direttore dello sviluppo prodotto, e dei direttori creativi Massimo Zuccarelli e Nicola Bonaventura. La stretta collaborazione fra lo studio, il merchandising e le campagne pubblicitarie consente inoltre un miglior coordinamento, soprattutto in vista delle sfilate.
 
“È questo legame a fare la differenza. Facciamo parte della stessa famiglia, con i medesimi obiettivi. Quindi, la motivazione è molto più forte. Una logica totalmente diversa rispetto al modello delle licenze”, sottolineano i dirigenti di Kering Eyewear. “I nostri occhiali riflettono esattamente lo spirito delle collezioni di prêt-à-porter delle case di moda e corrispondono alle reali esigenze del mercato, perché offriamo anche una vasta gamma di prezzi”.

“Il design è al centro della nostra struttura. Un modello innovativo, perché tutto internalizzato, il che significa un rapporto completamente diverso con i marchi, come se fossimo colleghi, agendo nella stessa direzione. Per esempio, abbiamo un designer a Roma per seguire direttamente Gucci, un altro a Parigi per Saint Laurent, delle persone in Asia per proporre dei prodotti adatti a quelle popolazioni, ecc.”, precisa Roberto Vedovotto. Questa vicinanza coi marchi ha consentito sinergie nella comunicazione, nel marketing e nel digital e ha permesso al produttore di occhiali di ridurre significativamente i tempi di realizzazione, ora nell'ordine di 10 settimane tra i primi briefing e l'industrializzazione, contro le 20 precedenti.

Roberto Vedovotto - Kering Eyewear

 
“Uno degli altri vantaggi di questo nuovo modello di business è che non siamo più dipendenti da un contratto a tempo determinato. Non siamo più in balia di un improvviso cambiamento di rotta da parte dei marchi, fatto comune nel sistema delle licenze”, afferma il dirigente.
 
Kering Eyewear ha anche completamente rivisto la rete distributiva, che è stata semplificata con una selezione più selettiva e segmentata di rivenditori, offrendo ai propri clienti partner, in base al loro posizionamento, diverse parti delle collezioni e gli appropriati materiali e strumenti di marketing.
 
“Il risultato di questa strategia è che i nostri prodotti sono venduti in negozi migliori, che sono diventati molto più redditizi. Abbiamo ridotto il numero di porte del 30%. Il canale degli ottici resta il più importante, seguito dai multimarca, dalle boutique e dai grandi magazzini”, indica il PDG. Gestite direttamente, le collezioni di occhiali del gruppo Kering si vendono meglio, con forti crescite.
 
I mercati di Kering Eyewear sono abbastanza equilibrati, con un primo sbocco in Europa (40-45% delle vendite complessive), seguito dagli Stati Uniti (30-35%) e dall’Asia. Le vendite sono ripartite tra un 70% per gli occhiali da sole e un 30% per quelli da vista; il 55% dei clienti finali sono donne.
 
Dal punto di vista dello sviluppo sostenibile, l’azienda sta lavorando soprattutto sul packaging. Nel 2017 ha iniziato a collaborare con l’italiana Bio-on, specializzata in bioplastica, per creare nuovi materiali plastici innovativi e biodegradabili. Poi si sta occupando di un progetto relativo alla blockchain, che consentirà a tutti i suoi fornitori di rendere tracciabile ogni prodotto, dai materiali che lo compongono a tutta la catena di produzione.
 

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