Jacques-Antoine Granjon (Veepee): “Vogliamo essere meno dipendenti dalle scorte dei marchi”
Dopo vent'anni di esistenza, Veepee ha dovuto adattarsi alla crisi, ma soprattutto vuole affrontare le trasformazioni più profonde del mercato. E lo fa andando a cercare nei marketplace, nei siti dell’usato e in altre iniziative un'indipendenza crescente di fronte al fenomeno della fine delle scorte di magazzino, come ci ha spiegato il suo co-fondatore e CEO, Jacques-Antoine Granjon.
FashionNetwork: Quali sono stati gli impatti della crisi sanitaria sull'attività di Veepee?
Jacques-Antoine Granjon: La maggior parte dei marchi ha subito un arresto completo dell’attività con la chiusura dei propri punti vendita fisici. Avevano una miriade di scorte di magazzino e avevano bisogno di canali alternativi per vendere i loro prodotti. E noi abbiamo risposto presente. Allo stesso tempo, i brand si sono riorganizzati per essere meno dipendenti dalle loro reti fisiche, ma anche dalle piattaforme digitali che offrono i loro prodotti. Quindi hanno accelerato la propria digitalizzazione, laddove spesso solo una parte dell'offerta veniva venduta online. Siamo in una situazione che non so dire se sia congiunturale o strutturale.
Uscendo della crisi, ciò significa meno scorte e rimanenze. I marchi hanno sofferto, con problemi di liquidità, collezioni che a volte vengono prorogate... Alcuni finiranno per essere a corto di scorte di prodotti perfino per loro stessi nel 2022. Ecco il quadro. Questo è un argomento centrale e preoccupante per Veepee.
FNW: L’esercizio 2021 sarà dunque un anno di transizione?
JAG: Lo possiamo vedere già ora: ci sono meno giacenze da smaltire. Ora, questa è la nostra materia prima, per la quale dobbiamo lottare con i nostri concorrenti. Abbiamo avuto un ottimo primo semestre del 2021, ma il secondo è più difficile. Meno scorte: meno operazioni. E un sensibile "rigetto" di Internet da fine maggio, con il bisogno da parte dei consumatori di recarsi nei negozi fisici. Dall’autunno questo rigetto è scomparso. Quindi quest'anno avremo un fatturato leggermente inferiore rispetto allo scorso anno, ma è normale.
La nostra sfida oggi è che Veepee sia meno dipendente dalle scorte dei marchi. Siamo consapevoli che ciò costituisce una debolezza. Per questo continuiamo a diversificare le nostre attività.
FNW: I brand vogliono produrre di meno. Un problema per Veepee?
JAG: È dal 2022 che vedremo una stabilità delle cifre. E che saremo in grado di sapere se stiamo uscendo da una congiuntura o se stiamo affrontando un cambiamento strutturale del’industria. Le scorte non sono infinite. Ma non credo che le vedremo scomparire del tutto. I marchi in crescita hanno ancora bisogno di grandi stock-tampone per alimentare le loro reti. È vero che i marchi tendono a controllare sempre meglio la loro produzione. Dobbiamo quindi lavorare per essere meno dipendenti dalle riserve dei brand. È soprattutto con questa logica in mente che stiamo sviluppando Brandsplace (il marketplace di Veepee).
FNW: Come sta andando Brandsplace dal suo lancio nel 2019?
JAG: Il Brandsplace è un luogo di cui il marchio ha il controllo e nel quale decide di attuare le promozioni sulle sue collezioni attuali. In questo caso, dopo lunghe trattative, abbiamo firmato un contratto con 20 marchi di quattro divisioni del Gruppo L'Oréal (cura dei capelli, prodotti farmaceutici, beni di lusso e prodotti di largo consumo), che possiamo offrire ogni giorno e si possono ordinare nello stesso cestino. È qualcosa di unico.
Quest’anno Brandsplace ha fatturato 200 milioni di euro. E le nostre ambizioni sono molto grandi. Non siamo un sito di search. Siamo un sito di eventi. Il nostro Brandsplace offre eventi più duraturi. E improvvisamente il membro pensa che si possa trovare di tutto su Veepee. Sta a noi farglielo capire.
FNW: Quali sono le vostre ambizioni per In-shop e Re-cycle, la vostra avventura nel mercato del second hand?
JAG: Il modello di Veepee è innanzitutto vendere i prodotti delle marche giacenti nei loro magazzini. Poi con In-shop vendiamo i prodotti che sono nei negozi. Ora, con Re-cycle, venderemo i prodotti ‘dormienti’ negli armadi dei nostri membri. La prima vendita è avvenuta con Aigle, seguita da tante altre con nomi come Villebrequin, Timberland, DCM Jennyfer, Hipanema, Petit Bateau... Abbiamo recuperato in una trentina di operazioni quasi 150.000 pezzi. Abbiamo acquistato macchinari dedicati per smistarli, lavarli, stirarli, fotografarli; e presto rimetterli in vendita in operazioni dedicate. I brand regalano un coupon da spendere nella propria rete di distribuzione o sul proprio sito a chi restituisce i prodotti (…). In definitiva, puntiamo a una vendita Re-cycle al giorno.
FNW: Queste trasformazioni stanno gradualmente rendendo Amazon, Zalando e altri dei vostri concorrenti?
JAG: Amazon è il bisogno: ci trovi di tutto. È la profondità dell'offerta, il modello di ricerca assoluto. Non facciamo lo stesso mestiere. Zalando è un rivenditore di moda a prezzi da boutique. Cosa che non siamo. Certo, fanno Zalando Privé, ovvero propongono delle collezioni attuali acquistate dai marchi per rivenderle a fine stagione, ma anche in questo caso si tratta di un altro modello di business rispetto al nostro.
Il nostro modello è chiaro: marchi, stock di qualità messi in scena in un universo creativo e forti sconti per motivi industriali, promozionali o di traffico. Creiamo eventi quotidiani la cui qualità da sola genera traffico potente al servizio dei brand.
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