AFP
Gianluca Bolelli
11 ago 2022
Inquinante ma popolare: come l'ultra fast fashion ha sedotto i giovani
AFP
Gianluca Bolelli
11 ago 2022
T-shirt a 5 euro, vestiti a 8 euro, costumi da bagno a meno di 10 euro: i marchi di moda ultraveloce stanno ristabilendo i confini dei prezzi bassi mentre producono sempre di più, con il core target degli under 25 ben in mente.
L'inglese Boohoo, il brand di Hong Kong Emmiol, ma anche il fashion brand cinese Shein applicano tutti questo medesimo modello. Si tratta di società che vendono abbigliamento al 100% online praticando prezzi imbattibili, spesso ulteriormente affiancati da promozioni.
Stiamo parlando della "ultra fast fashion": un numero gigantesco di capi e nuove referenze ogni giorno, di collezioni inedite lanciate a tempo di record, anche più velocemente dei colossi della fast fashion come H&M o Zara.
Con il rischio di moltiplicare l’applicazione di pratiche produttive poco ecologiche, già più volte segnalate dai detrattori della "moda veloce".
“Molti di questi vestiti a buon mercato finiscono (...) in enormi discariche, bruciati su dei fuochi all'aperto, lungo i letti dei fiumi e gettati in mare”, in Paesi come Kenya e Tanzania, ha denunciato ad aprile la ONG Greenpeace.
Tuttavia, nonostante l'opacità di un settore che resta estremamente riservato sul fornire i propri risultati, il suo successo è innegabile.
Così, Shein ha visto aumentare le sue vendite del 60% nel 2021, spingendo il proprio fatturato a 16 miliardi di dollari, secondo Bloomberg, sulla scia di H&M, che nello stesso anno ha registrato un fatturato di 199 miliardi di corone svedesi (19 miliardi di euro).
Micro-influenza
Lola, 18 anni, ordina due o tre volte al mese su Shein, per un carrello medio di circa 70 euro e una decina di articoli. Per la giovane Nancy, questo marchio molto popolare nel suo giro di amici permette di seguire le tendenze “senza spendere cifre astronomiche”.
I prezzi bassissimi sono al centro del successo che queste aziende ottengono tra i giovani, il cui limitato potere d'acquisto li porta a “cercare la quantità piuttosto che la qualità”, sottolinea Valérie Guillard, professoressa all’università Paris-Dauphine.
C'è anche l'appeal di un prodotto mai indossato, che “è stato fatto per te”, mentre l'usato, anche economico, è rivolto più a un pubblico “impegnato”, secondo l'esperta. Generalmente “a parità di prezzo, si preferisce il nuovo”.
Per rimanere imprescindibile tra i giovani, il brand è onnipresente sui social network. Il format degli haulvideos (nel senso di bottini mostrati in un video, ndr.), in cui i consumatori fanno l’unboxing dei pacchi e provano i vestiti di fronte alla telecamera, ha particolarmente contribuito alla sua popolarità su TikTok, social network acclamatissimo fra gli adolescenti e i giovani adulti.
Margot, 25 anni, afferma di scegliere di non guardare questo tipo di video, ma che appaiono in abbondanza nei contenuti che le vengono offerti. “Mi ha fatto desiderare di farlo almeno una volta”, ammette.
È uno degli ingredienti del successo di Shein e simili. Per beneficiare di un'ampia visibilità a un prezzo inferiore, i marchi si affidano alla “micro-influenza”: partnership con persone seguite sui social da un numero ristretto di iscritti, ma che beneficiano della loro vicinanza e di una maggiore fiducia all’interno della propria comunità.
Costo ambientale
Ma l'altra faccia della medaglia dei prezzi bassi sono quegli scandali sociali o ambientali di cui i brand del settore farebbero volentieri a meno e che smorzano l'entusiasmo di alcuni clienti. La ONG svizzera Public Eye ha rilevato, in un’indagine pubblicata lo scorso novembre, che i dipendenti delle fabbriche cinesi subappaltate da Shein lavoravano fino a 75 ore settimanali, un ritmo di lavoro illegale nel Paese.
La fast fashion, terzo settore industriale che consuma più acqua in assoluto, è anche responsabile del 2% delle emissioni globali di gas serra ogni anno, tanto quanto il trasporto aereo internazionale e il traffico marittimo messi insieme, secondo l'agenzia per la transizione ecologica Ademe.
Il volto del movimento giovanile per il clima, l’attivista svedese Greta Thunberg, si è allarmata tantissimo per questo problema, tanto che lo scorso anno ha denunciato su Instagram un settore che “contribuisce enormemente all'emergenza climatica ed ecologica”.
Charlotte, 14 anni, ha scelto di smettere di fare ordini su Shein ed Emmiol. “All'epoca ero felice di avere dei vestiti nuovi, ma poi mi sentivo in colpa”, spiega. L'adolescente ammette di essere stata nuovamente tentata. Ma ora, “quando vedo cose carine su Shein, le cerco su Vinted”, uno dei principali siti che vendono vestiti di seconda mano, afferma.
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