APCOM
15 ott 2009
Inflazione: prezzi corrono più al Sud, in 10 anni +27,8%
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15 ott 2009
oma, 15 ott. (Apcom) - Il Mezzogiorno perde terreno anche in termini di potere di acquisto delle famiglie. Lo rileva un'indagine della Fipe Confcommercio secondo cui tra il 1999 ed il 2009 (mesi di luglio) i prezzi sono aumentati del 27,8%, oltre tre punti percentuali al di sopra della media nazionale.
Se è vero che il livello dei prezzi del Mezzogiorno è più basso, lo è pure il reddito disponibile inferiore del 26% rispetto alla media nazionale e del 36% rispetto alle aree del nord. A complicare ulteriormente la situazione c'è poi il fatto che gli incrementi più significativi che differenziano il sud dal centro-nord riguardano una serie di spese essenziali come gli alimentari, l'abbigliamento e le spese per la casa che complessivamente rappresentano il 35% della spesa complessiva degli italiani.
Nel dettaglio, rileva la Fipe, i prezzi dei prodotti alimentari nel Mezzogiorno hanno subito rincari di nove punti al di sopra della media nazionale, addirittura di quattordici punti rispetto all'Italia nord-occidentale. Possiamo dire che per le famiglie del nord il prezzo reale dei prodotti alimentari è oggi lo stesso di dieci anni fa, mentre per quelle del sud è più alto dell'11%.
Tra le regioni a guidare la corsa dei prezzi c'è la Campania dove l'incremento è stato del 43,7%, ben quattordici punti al di sopra della media nazionale. Tra le province vistosi il +54% di Cosenza e il +47,5% di Napoli. Per dare conto delle differenze basta citare il 19,6% di Milano.
Anche per l'abbigliamento i prezzi al sud corrono più che al centro nord. Otto punti percentuali al di sopra della media nazionale e ben 12 più che nel nord-est. Anche in questo caso, come per gli alimentari, ci sono due Italie: il mezzogiorno ed il resto del Paese. Anche su abbigliamento e calzature i residenti nel Mezzogiorno hanno perso potere d'acquisto rispetto a dieci anni fa. Campania e Calabria mantengono il primato degli incrementi dei prezzi: oltre dodici punti percentuali al di sopra della media nazionale.
Gli incrementi dei prezzi delle spese per la casa vanno segnalati per il livello che raggiungono in ogni area del Paese.
Nelle regioni del Mezzogiorno la variazione è stata del 37,5% (41,9% nelle isole), qualche punto al di sotto degli incrementi registrati nelle aree del centro-nord. Qui la perdita di potere d'acquisto da parte delle famiglie è stata pesante da nord a sud.
E' nelle spese per la salute che i prezzi nel Mezzogiorno corrono meno. A fronte di un incremento medio nazionale del 7,1% si ha una variazione del 5,6% (4,8% nelle isole), mentre al nord l'incremento dei prezzi è stato del 10%, più o meno un punto l'anno. Il Mezzogiorno è più virtuoso del centro-nord anche nella dinamica dei prezzi per l'istruzione. Qui il differenziale con la media nazionale è di qualche decimo di punto più basso e quello con le aree del nord di qualche punto. Negli altri capitoli di spesa la variabilità su base regionale e provinciale non sembra riconducibile all'appartenenza a questa o a quella ripartizione geografica.
"Non sappiamo - commenta Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe, nel presentare una ricerca realizzata dal centro studi Fipe sull'inflazione degli ultimi dieci anni - se la nuova Banca del Sud pensata dal ministro Tremonti ed esaminata oggi dal Consiglio dei ministri sarà in grado di risolvere la questione meridionale.
Sappiamo però che esiste la questione meridionale. La nostra ricerca lo prova in maniera evidente e questo problema va affrontato".
"Anche se dal punto di vista generale i prezzi risultano essere più bassi al Sud che al Nord - osserva Stoppani - l'analisi storica ribalta la situazione: negli ultimi dieci anni il costo della vita è aumentato molto di più nel Meridione di quanto avvenuto nel Settentrione. Ne risulta che proprio nelle regioni meridionali dove la situazione della disoccupazione e dei salari è più difficile, i prezzi aumentano di anno in anno rispetto a un Nord praticamente stabile e far quadrare il conto a fine mese è praticamente impossibile".
Per facilitare la crescita economica, secondo Stoppani "è necessario investire nel Sud nell'economia dei servizi. Il turismo da questo punto di vista rappresenta un'occasione irrinunciabile, a condizione che non ci si limiti a ricettività e infrastrutture, per altro necessarie. Inoltre, non si può parlare di ripresa economica senza preoccuparsi di aumentare il potere d'acquisto dei cittadini tramite una defiscalizzazione e una detassazione degli stipendi come avveniva una volta".
Fonte: APCOM