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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
8 mag 2023
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In Italia nasce la rete Slow Fiber per promuovere una moda virtuosa

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
8 mag 2023

Slow Fiber nasce in Italia per offrire un'alternativa all'attuale processo di produzione tessile. Sulla scia del movimento Slow Food, che valorizza il cibo sicuro, stagionale e locale contro il produttivismo alimentare, questa nuova rete vuole promuovere “un cambiamento produttivo e culturale nel settore tessile”, e debutta con una quindicina di aziende del Made in Italy che vogliono impegnarsi per promuovere una produzione responsabile.

L'azienda di tessitura Angelo Vasino fa parte dei soci di Slow Fiber - DR


All'origine di questa iniziativa c’è Dario Casalini, ex professore di diritto pubblico, che ha lasciato l'insegnamento nel 2013 per prendere le redini dell'azienda di famiglia, ovvero il Maglificio Po, fondato a Torino nel 1936, che produce il marchio di intimo Oscalito. Negli ultimi anni si è avvicinato a Slow Food, che è diventato suo partner nel progetto Slow Fiber, ispirandosi proprio a questa associazione, che è riuscita ad avviare una vera e propria rivoluzione nel settore alimentare e nella sua percezione presso il grande pubblico.
 
“Nei dieci anni in cui ho lavorato nel settore tessile mi sono reso conto che poca o nessuna importanza viene data ai tessuti e agli abiti con cui la nostra pelle è a contatto 24 ore su 24, mentre il cibo è al centro di ogni attenzione. Il nostro settore è alquanto indietro in termini di sostenibilità, anche se è molto impattante per il pianeta”, spiega. “Le persone intorno a noi sono disposte a spendere 25 euro per una buona bottiglia che non durerà, ma quando si tratta di pagare la stessa cifra per un paio di mutandine di qualità la trovano troppo elevata. È assurdo!”.

Nel 2021, Dario Casalini ha pubblicato il libro Vestire buono, pulito e giusto, che sarà presto tradotto in inglese e francese dall'editore Cohen & Cohen, in cui fornisce una documentata analisi dell'industria tessile e del suo impatto sull'ambiente. Partendo da lì, l'anno successivo inizia a lavorare su un progetto più strutturato e forma la rete Slow Fiber.

Per il momento la rete conta sedici aziende, attive da generazioni (2.000 anni cumulati) che si trovano soprattutto a monte della filiera del Made in Italy, dalla produzione di filati e tessuti, passando per la nobilitazione dei materiali (tinture, lavaggi, ecc.) e la confezione. Insieme pesano 500 milioni di euro di fatturato e danno lavoro a più di 1.000 persone. In questo elenco, destinato a crescere, figurano, ad esempio, il polo produttivo di alta gamma Holding Moda e lo storico tessitore di lusso Vitale Barberis Canonico. Gli altri membri sono Oscalito, L'Opificio, Quagliotti, Remmert, Pettinatura Di Verrone, Tintoria 2000, Angelo Vasino SpA, Olcese Ferrari, Tintoria Felli, Manifattura Tessile Di Nole, Lane Cardate, Italfil, Pattern e Maglificio Maggia.
 
“Abbiamo creato una piattaforma e un manifesto che ci permettono di autoregolamentarci, stilando un elenco di un centinaio di criteri e indicatori che dovrebbero guidare le aziende a produrre in modo più virtuoso. Per far parte di Slow Fiber, una ventina di questi criteri sono obbligatori, mentre gli altri attribuiscono dei punti, con l'idea di migliorare il proprio record avanzando insieme”, spiega Dario Casalini. I criteri variano a seconda del tipo di produzione. Tra i criteri da rispettare assolutamente, quello di essere presenti sul territorio senza aver mai delocalizzato o il rispetto di tutte le direttive europee in materia di gestione dei prodotti chimici, ad esempio.
 
Il movimento vuole sensibilizzare il pubblico, ma anche gli operatori del settore, attorno a concetti chiave, che mettono al centro “la creazione di prodotti buoni, sani, puliti, giusti e sostenibili”, coprendo tutti i temi, dalla produzione, che dovrebbe essere più misurata e meno chimica, passando per la riduzione dell'impatto sull'ambiente, per l'impegno locale e sociale e anche per le condizioni di lavoro. “Abbiamo voluto creare un modello che potesse essere applicato ovunque nel mondo. Il nostro obiettivo è allargare la nostra base ed educare il consumatore finale. Impegnarsi da soli nel proprio angolo non basta più, bisogna dare una visione”, conclude il fondatore di Slow Fiber.

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