Il Teatro delle Contraddizioni nella moda di Gucci
Alessandro Michele è ormai un fenomeno culturale quasi quanto è un designer. Le sfilate di moda di Michele per Gucci, marchio di cui è il direttore creativo, sono più avvenimenti artistici che semplici esibizioni di vestiti. Si prenda il suo ultimo défilé, dove ha presentato le collezioni di Gucci per la primavera-estate 2019 sia per l’uomo che per la donna, eccezionalmente a Parigi, invitando gli ospiti nel club più iconico della città “Le Palace”, lo “Studio 54” d’Europa.

All’ingresso, sono stati dati a tutti dei binocoli da teatro e una nota di programma con quattro paragrafi di densa e appassionata prosa intellettuale, in cui si spiegava che l’ispirazione iniziale dello stilista italiano per questa stagione gli è venuta dal Teatro delle Contraddizioni, una delle più memorabili tradizioni teatrali libertarie italiane.
Riferendosi ai “dioscuri irregolari” del teatro italiano d’avanguardia, Leo de Berardinis e Perla Peragallo, Michele ha dato il via allo show con la proiezione di un'oscura opera di questa coppia di teatranti; immagini viola quasi demoniache e oscure di anticonformismo e persino anarchia, dove gli attori si contorcevano e gemevano e urlavano dal dolore per l'assurdità della condizione umana.
“The Palace” è passato attraverso molte trasformazioni. Ieri sera Gucci lo ha riempito di sedie coperte di velluto, e il cast di 84 modelle ha girato per le corsie prima di concludere la propria sfilata sul palco in ranghi ammassati.

Superficialmente parlando, questi erano personaggi molto simili ad altri già incontrati prima, nelle creazioni per Gucci concepite da Michele: contesse nomadi, dandy di Brooklyn, festaiole da Grand Guignol, rocker poetici e modaiole auto-indulgenti. Ma ogni volta, l'intelligente attenzione di Michele ai dettagli, e la pletora di riferimenti alla cultura pop, hanno mantenuto tutto originalissimo e fresco. Dalle borsette con Mickey Mouse ai bomber con Dolly Parton sulla schiena, allo straordinario abito da uomo grigio con paillette argentate e il G-logo fino al meraviglioso abito da cocktail di lucertola marrone che in qualche modo è stato miracolosamente trasformato in un logo stampato.
Michele ha persino avuto Jane Birkin a cantare la struggente canzone di Serge Gainsbourg “Baby alone in Babylone”, basata sulla Terza Sinfonia di Brahms, ottenendo un enorme applauso e la strana comparsa di lacrime fra il pubblico a metà dello show. Nel finale, il barbuto designer ha salutato gli astanti abbracciando calorosamente la Birkin, saltellando poi fuori dal teatro.
Nel backstage al piano inferiore, un Alessandro chiaramente emozionato ha silenziosamente ricevuto i complimenti da fan e colleghi.
"Per essere onesto, sono proprio contento che sia finita. È stato davvero tanta roba... Ora ho bisogno di una pausa", ha sorriso Michele, vestito con una redingote pied-de-poule nera, mentre i suoi modelli e modelle millennials lo circondavano.

Ciascuno di loro riponeva accuratamente su un appendiabiti ognuno dei preziosi look che aveva indossato, e reinseriva delicatamente le sneakers calzate poco prima nella loro scatola. Alessandro è uno stilista così inventivo da aver persino creato un'altra nuova categoria di moda, la scatola fashion. Ognuno dei suoi show presenta un nuovo modello di scatola, posizionato nella zona di cambio di ciascun modello o modella: in questa stagione le ‘box’ erano coperte di fiori rossi d’ibisco. E si vendono già come il pane al Museo Gucci a Firenze.
Il che ci riporta al primo punto: Michele è davvero un fenomeno culturale, il guru di un dogma cool e anticonformista. Ma là dove la maggior parte dei leader di culti finiscono come anime perse che guidano un triste gruppo musicale, Michele ha fatto di Gucci il marchio più ‘hot’ e popolare del pianeta.
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