AFP
Gianluca Bolelli
7 giu 2020
Il ramo britannico di Victoria's Secret fallisce
AFP
Gianluca Bolelli
7 giu 2020
Il ramo britannico del marchio di biancheria intima Victoria's Secret si è dichiarato fallito dopo aver dovuto cessare l’attività a causa della pandemia: una bancarotta che minaccia 800 posti di lavoro.

Il marchio è stato posto sotto il regime fallimentare della legge britannica e lo studio Deloitte ne è stato nominato amministratore, ha annunciato quest’ultimo in un comunicato nella giornata di venerdì. Il marchio controlla 25 negozi nel Regno Unito, dove ha 800 dipendenti, 785 dei quali beneficiano del regime di cassa integrazione parziale messo in atto dal governo.
Questo fallimento non riguarda le attività online nel Regno Unito, poiché non sono di proprietà della filiale britannica. Per far ripartire il marchio in tutto il Paese, Deloitte prevede di rinegoziare i contratti di affitto dei punti vendita con i loro proprietari e/o di trovare un acquirente.
“Questo è un altro duro colpo per le imprese nel Regno Unito e l'ultimo esempio dell'impatto della pandemia di Covid-19 sul settore della distribuzione”, sottolinea Rob Harding di Deloitte. “L'effetto dei lockdown, associato alle sfide più ampie che i negozi fisici hanno dovuto affrontare, ha creato la necessità di finanziamenti per questa società”, il che l’ha portata a fallire, spiega.
L’azienda, tuttavia, ha optato per un regime fallimentare poco vincolante, il che gli consente di continuare l’attività pur non risultando sotto la pressione dei creditori.
La pandemia ha già provocato il fallimento della catena britannica di abbigliamento e articoli per la casa Laura Ashley o di quella di grandi magazzini Debenhams.
La casa madre americana, Victoria's Secret, attraversa notevoli difficoltà, dopo essere stata molto popolare nei primi anni 2000. A causa di problemi finanziari, a maggio ha annunciato la chiusura di 250 negozi in Nord America, e ha avvertito che altre chiusure potrebbero seguire nei prossimi due anni. E a causa della pandemia, il suo proprietario, la società americana L Brands, aveva precedentemente annullato la sua vendita al fondo Sycamore Partners, che aveva accettato di sborsare 525 milioni di dollari per acquisirne il controllo (il 55% del capitale).
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