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Pubblicato il
30 set 2014
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Il lusso minacciato dall'aggravarsi delle tensioni a Hong Kong

Di
Reuters
Pubblicato il
30 set 2014

L'aggravarsi delle tensioni politiche a Hong Kong costituisce una reale minaccia per l'industria del lusso, che realizza circa il 10% delle sue vendite nell'ex colonia britannica.


Da giugno, la città è teatro di una contestazione senza precedenti, che è culminata in questi giorni in scontri tra le forze dell'ordine e i manifestanti, che reclamano la libertà di scelta nell'organizzazione delle elezioni previste nel 2017.

"L'escalation delle proteste studentesche merita la totale attenzione degli investitori, tenuto conto del peso di Hong Kong nel giro d'affari del settore", dice Luca Solca, analista di Exane BNP Paribas.

I disordini che agitano la città hanno già determinato un forte calo dei flussi turistici cinesi e hanno duramente colpito alcuni attori del lusso come Richemont, proprietario di Cartier e Van Cleef & Arpels, che vi realizza il 17% del proprio fatturato.

"I contatti che noi abbiamo sul posto riferiscono di un contesto molto difficile per il commercio, i cinesi hanno smesso di venire e i compratori locali rimangono in attesa", aggiunge l'analista di Exane BNP Paribas.

Se la situazione dovesse aggravarsi, secondo Solca essa potrebbe avere un effetto devastante altrettanto forte di quello provocato dal virus della SARS nel 2003. "Non è il nostro scenario principale, ma con il recente peggioramento della situazione, non lo si può escludere", aggiunge.

Un altro analista, che ha voluto mantenere l'anonimato, riferisce di un calo delle vendite dal 30 al 40% presso alcuni dettaglianti.

Gli analisti di Kepler Cheuvreux hanno invece rivisto al ribasso le loro previsioni di crescita per le aziende svizzere di orologi (dal 5,5% al 3,5%) a causa dei disordini a Hong Kong.

Anche LVMH, numero uno del settore, è molto esposto alla situazione nell'ex colonia britannica, soprattutto attraverso la sua filiale DFS di distribuzione di prodotti duty-free negli aeroporti. Il gruppo realizza in loco dall'8 al 9% delle sue vendite.

Per Kering, Hong Kong vale circa il 10% delle vendite di Gucci, il suo marchio principale, secondo le stime degli analisti.

Le sommosse a Hong Kong, aggiunte al rallentamento del mercato cinese (che pesa anche lui per circa il 10% sulle vendite del settore), al crollo degli acquisti effettuati dai turisti russi e alla crisi europea, preannunciano un secondo semestre difficile per il comparto.

Molti analisti hanno già rivisto al ribasso le loro previsioni di crescita del settore a circa il 4% per il 2014, dopo una progressione dell'8% nel 2013 e del 10% nel 2012.

Versione italiana di Gianluca Bolelli; fonte: Reuters

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