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AFP
Pubblicato il
27 ott 2010
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Il lusso francese investe in Medio Oriente, nuova terra di conquista

Di
AFP
Pubblicato il
27 ott 2010


Il "Dubai Mall" - Tempio del lusso
PARIGI, 27 ott 2010 - Dubai ha già dimenticato la crisi dell'anno passato. Il lusso francese, da Chanel a Baccarat a Cartier, sarà in esposizione a partire da venerdì 29 ottobre in uno dei più grandi centri commerciali dell'emirato, testa di ponte per questo settore, in un Medio Oriente diventato una tappa fondamentale nei percorsi di crescita per le aziende mondiali.

Dopo la Russia e la Cina, una trentina di aziende esporranno fino al 7 novembre oggetti che attingono alla loro storia, o specialmente realizzati per l'evento, su 1.500 metri quadrati dell'immenso “Dubai Mall”, tempio del lusso già occupato dalla gran parte dei principali brand mondiali.

Il Medio Oriente, regione ad alto potere d'acquisto, realizza in media l'8% dei 22 miliardi di euro di vendite realizzate a livello mondiale dalle 75 aziende del Comité Colbert. Alcune vi realizzano dal 25% al 35% del loro volume d'affari, come l'industria alberghiera, la cosmetica o quella dei profumi.

A Dubai, era "importante mostrare tutte le sfaccettature dell'arte di vivere alla francese e non solo delle borsette o alcuni begli orologi", ha spiegato all'agenzia di stampa francese AFP Elisabeth Ponsolle des Portes, delegato generale del Comité Colbert.
A fianco di Chanel, Lanvin e Chloé saranno presenti in particolare i profumi Dior, le porcellane Bernardaud, le maioliche di Gien, il gioielliere Cartier e ancora il calzaturiere Pierre Hardy. La gastronomia è rappresentata dal ristoratore Dalloyau e dal pasticciere Pierre Hermé.
Quelli che non vi possiedono una boutiques saranno ospitati: Pierre Frey (arredamento) da Louis Vuitton, Mellerio (gioielleria) da Hermès.

Alcuni artigiani saranno impegnati in una serie di dimostrazioni (un esperto di cristalleria di Saint-Louis, un pellettiere di Hermès) "per mostrare l'importanza accordata al capitale umano da parte delle nostre aziende", prosegue Madame Ponsolle des Portes.
Piuttosto che aprirvi dei negozi, per lungo tempo il lusso francese si è fatto conoscere nella regione grazie a dei distributori specializzati, come l'esperto gruppo Chalhoub.
Da qualche anno però, dapprima nei paesi del Golfo, poi in Arabia Saudita e in Libano, si è assistito ad un fiorire di insegne. Beirut, che vuole tornare ad essere quella destinazione privilegiata per il lusso in Medio Oriente che è stata in passato, ha accolto quest'anno Dior, Louis Vuitton ed Hermès.

"Storicamente, le marche che ce l'hanno fatta sono state in primis quelle che vendevano abbigliamento moda e prodotti cosmetici. Ora siamo soprattutto degli 'accessoristi'. L'entusiasmo per Hermès infatti ci ha messo un po' di tempo a sbocciare", dichiara all'AFP Patrick Thomas, il boss della griffe che può contare su 6 boutique nella regione.
Dubai oggi rappresenta ancora la "testa di ponte" del lusso in Medio Oriente, "come Hong Kong l'è stato per la Cina", ricorda Elisabeth Ponsolle des Portes. Soprattutto con l'arrivo in massa di turisti venuti a fare shopping.

I cinesi, arrivati da sei mesi, sono diventati "la prima clientela per le nostre aziende al “Dubai Mall”, dietro alla clientela regionale e davanti ai russi". La ragione? "I prodotti sono meno cari che da loro", riassume la signora Ponsolle des Portes.
Sulla scia di Dubai, altri poli d'attrazione si stanno sviluppando nel Golfo. Anche una nazione così chiusa come l'Arabia Saudita sta seguendo il movimento. Anche là i marchi di lusso stanno provando a sedurre la ricca clientela locale.

Il piano d'apertura delle boutique Hermès passerà nel 2011 anche per Abu Dhabi, Kuwait City e Jedda, perché il Medio Oriente, che rappresenta solamente l'1% nelle vendite della griffe, fa parte delle regioni a "grandissimo potenziale di crescita, al 2° posto dopo la Cina, benché molto più piccola", aggiunge Thomas.
"Non lo si può paragonare con il Brasile o la Cina, perché il Medio Oriente ha una popolazione molto limitata, ma ogni acquisto fatto in zona può incidere molto [sui risultati aziendali]", conclude il dirigente. 


Versione italiana di Gianluca Bolelli; fonte: AFP

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