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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
4 giu 2019
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Ian Griffiths: le sue ispirazioni per il Max Mara riattualizzato visto a Berlino

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
4 giu 2019

Ian Griffiths è uno dei designer più in vista d'Italia. Ha lavorato per Max Mara negli ultimi 32 anni, e sebbene abbia effettivamente assunto la direzione creativa del marchio reggiano 10 anni fa, non è mai uscito a prendersi gli applausi al termine di una sfilata.

Ian Griffiths - Foto: Max Mara


Da quando ha ricevuto le redini dello stile, Griffiths ha rivitalizzato – con tranquillità ed efficacia –Max Mara, aggiungendo un ulteriore tocco di raffinatezza alle sue collezioni e ai suoi concetti. Lunedì sera, Griffiths ha presentato le sue ultime idee a Berlino, allestendo la sfilata per la Cruise 2020 di Max Mara nell’iconico Neues Museum, situato sull'isola dei musei della capitale (ovvero sulla parte settentrionale dell’isola della Sprea, al centro di Berlino, ndr.).
 
La sera prima, Griffiths e la famiglia Maramotti – i proprietari di Max Mara – hanno invitato gli ospiti ad assistere ad una brillante performance di Ute Lemper, la grande cantante di cabaret tedesca, in un’esibizione speciale chiamata Rendezvous with Marlene. E Marlene Dietrich, insieme a David Bowie, si è rivelata essere una grande fonte d’ispirazione per questa collezione Resort.

Condivide case con il marito Mark a Reggio Emilia (la città natale di Max Mara), Londra, Marbella e un cottage nel Suffolk. Naturalmente elegante, quando lo incontriamo indossa un abito beige confezionato per lui su misura da Timothy Everest, e realizzato in pregiata lana Max Mara; uno dei circa cinquanta vestiti dello stesso sarto londinese che possiede. Griffiths ne aveva addirittura fatti fare quattro per venire a Berlino.
 
Così, abbiamo incontrato lo stilista inglese, 58 anni, per un caffè e una discussione pre-sfilata che ha avuto come argomenti principali quanto ha fatto per Max Mara, le ispirazioni che ha raccolto, l’incanalare l’arte, come ha interpretato Berlino e perché ha voluto aggiungere un piccolo elemento di politica al marchio. 

Max Mara Cruise 2020 - Berlino - Foto: Max Mara - Instagram


FashionNetwork.com: Perché ha portato la Cruise Collection a Berlino?
Ian Griffiths: Perché sono trascorsi 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, e sono sempre alla ricerca di un'opportunità per dire qualcosa sul brand. Devo confessare che è un qualcosa che ho voluto fare anche per me stesso, dato che Berlino ha significato tutto per me da quando ho frequentato la scuola d'arte nei primi anni '80 a Manchester. Sentivo di conoscerla: dal Bauhaus a David Bowie, che ha passato molti anni creativi vivendo qui; e poi Weimar, il film Cabaret.
 
E quindi ho sempre pensato che Berlino fosse parte della mia storia. Non sono venuto qui fino alla metà degli anni '90, eppure vi ho subito trovato l'energia che avevo sentito dire che qui si percepiva. La cosa che amo di Berlino è che ha una cultura autogenerante. Il che è ciò che abbiamo avuto negli anni '80 quando abbiamo creato la nostra cultura, e la nostra moda, i club e la musica.
 
FNW: In che modo tutto ciò si collega con il marchio Max Mara?
IG: Perché l'ho fatto connettere! Talvolta è un po difficile capire, ‘questo è per Ian Griffiths o per Max Mara?’. Trovo difficoltoso a volte tracciare la linea da dove uno inizia e dove l’altro finisce. Sono stato con Max Mara per 32 anni. Diciamo che i miei eroi sono gli eroi di Max Mara. La lista include David Bowie e Marlene Dietrich. Voglio dire, lei deve essere una donna di Max Mara. Quindi, se non altro, si può venire a Berlino anche solo per celebrare Marlene Dietrich.
 
FNW: Quali valori e quale estetica rappresenta?
IG: Il rifiuto di accettare le convenzioni, la completa consapevolezza della propria immagine di sé, l’ambizione e la determinazione. Per me, ambizione e determinazione sono le due caratteristiche più forti della donna Max Mara. E il rifiuto di fare le cose se non alle sue condizioni, un'altra caratteristica della donna di Max Mara. Sono entrato a far parte del brand nel 1987, due anni prima che cadesse il Muro e l’anno nel quale Bowie ha tenuto il suo concerto nel Reichstag, se si vuole fare un parallelismo. Quando ha cantato Heroes fuori dal Reichstag quello fu accreditato come il momento in cui la caduta del Muro divenne inevitabile. In quei giorni, le donne che stavo vestendo erano all’inizio del cosiddetto ‘power dressing’, che ha permesso alla donna di entrare nei corridoi del potere, anche se in uniforme. Quindi la donna tendeva a confondersi con lo sfondo per necessità in un mondo dominato dagli uomini. Ma negli ultimi 30 anni ha fatto proprio il rifiuto della Dietrich di mescolarsi anonimamente con il background. Vuole farsi annunciare e dire "Sono qui".

Max Mara Cruise 2020 - FashionNetwork.com/Godfrey Deeny


FNW: Perché doveva necessariamente confondersi con l’ambiente che la circondava?
IG: Per essere accettata nei luoghi di lavoro di quel periodo, dovette accettare di indossare una sorta di “divisa”. Quando guardo indietro agli archivi di quel periodo, vedo che quanto stavamo facendo era molto innovativo. Si stava progettando un codice che era ancora molto nuovo. Nessuno sguardo reazionario al passato, nessun riferimento ad un’epoca precedente. Era un nuovo modo di vestirsi, ma era una divisa. Intendo, un completo di gabardine con uno spolverino coordinato sopra, quel classico look di Max Mara quando abbiamo fatto le campagne con Steevie van der Veen, nel periodo in cui è stata il nostro volto fotografata da Paolo Roversi.
 
FNW: Dove è nato e cresciuto?
IG: Sono nato nel sud dell’Inghilterra. I miei genitori erano di quella generazione che si è spostata molto. Mio padre lavorava nei computer e noi eravamo molto itineranti, trasferendoci da Windsor al Lancashire a Sheffield. Sono stato allevato per la maggior parte della mia gioventù nel Derbyshire e poi ho avuto i miei giorni di gloria a Manchester. Ho studiato architettura a Manchester ma non ho finito. Ero troppo impegnato nelle discoteche!
 
FNW: Perché ha scelto il Neues Museum?
IG: Volevo evidenziare il rinascimento architettonico di Berlino. Un'altra connessione con Max Mara, perché Max Mara è architettura e questa città è una vetrina architettonica. L’edificio è una brillante espressione di questo fatto. Risale al XIX secolo, è stato bombardato durante la guerra e poi abbandonato per oltre 40 anni, prima che il restauro di Chipperfield incorporasse la storia dell'edificio, così tutti i segni di usura e decadenza sono stati preservati. 
 
FNW: Definisca il DNA di Max Mara.
IG: Vestiti veri per persone reali. Ho avuto il privilegio di intervistare Achille Maramotti con uno studente che scriveva una tesi sugli inizi della moda italiana. E lui disse che aveva fondato l'azienda sulla semplice idea che non si trattava di vestire principesse o contesse a Roma, ma si trattava di fare vestiti veri per persone reali. A quei tempi si trattava delle mogli di medici o avvocati locali; coloro che sapeva che alla fine sarebbero diventati membri di quelle professioni. Le cose che funzionano in Max Mara obbediscono a questa semplice regola, e se la dimentichiamo, sbagliamo.

Ian Griffiths e Caroline Daur - Foto: Max Mara


FNW: Visto che indossa quest’abito così elegante, perché Max Mara non realizza abbigliamento maschile?
IG: Una risposta è che sarebbe un tradimento delle donne. Max Mara è per le donne. Dato quante cose hanno gli uomini, Max Mara è l'unica cosa che gli uomini devono prendere in prestito dalle donne. L’altra risposta è che non sarei più l'unica persona al mondo con il menswear Max Mara!
 
FNW: Cosa vuole che la gente pensi quando lascerà Berlino?
IG: Voglio che la gente esca da questo show con l'idea che ci sia un programma politico per quello che stiamo facendo. Anche se è politica con la ‘p’ minuscola. È una cosa che è sempre stata insita in Max Mara, ma non dichiarata. Siamo entrati in un'era in cui devi dichiarare le tue convinzioni politiche. Ma può essere fatto con eleganza. Anche quando ero un punk a Manchester alla fine degli anni '70, ero un punk elegante.

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