Ansa
16 mar 2015
IED partecipa al Fajr Fashion and Clothing Festival
Ansa
16 mar 2015
Importare in Iran non solo i capi delle firme italiane più amate, ma anche la cultura e le competenze che vi stanno dietro, in modo da farle incontrare con il gusto iraniano e favorire nuove tendenza di moda in questo come in altri Paesi islamici. E' l'idea alla base di un concorso svoltosi a Teheran, nell'ambito del recente Fajr Fashion and Clothing Festival, cui ha partecipato l'Istituto Europeo di Design (IED), con sede a Milano e filiali in città italiane ed estere.
Circa 200 giovani iraniani, soprattutto ragazze, hanno preso parte ad una selezione per una borsa di studio la prossima estate a Milano. Per ora sarà solo uno di loro a vincerla, ma il progetto è di estendere l'iniziativa non solo ad altri giovani talenti desiderosi di formarsi in Italia, ma anche a docenti italiani pronti ad andare in Iran e formare stilisti per l'industria della moda iraniana.
Industria che d'altra parte potrebbe offrire sbocchi anche ai giovani italiani che non ne trovano in Italia. "Molti amano la moda italiana, ma ad essere importati sono soltanto i prodotti, e non la conoscenza e l'eredità culturale da cui origina questo successo", sintetizza Sadra Shariatmadari, giovane imprenditore già attivo come marketing manager di alcuni marchi italiani (da Geox a Liu-jo, Marina Rinaldi a Boggi Milano, precisa), ma determinato nel portare avanti questo nuovo progetto. Anche coinvolgendo il ministero della cultura iraniano.
"Ci sono due università con corsi di moda a Teheran - dice - ma la maggior parte degli studenti frequentano corsi privati. E abbiamo bisogno di maestri italiani". Inoltre, "il mercato per i giovani stilisti è già saturo in Italia, mentre ci sono molti produttori in Iran che ne cercano, trovandoli spesso in Turchia".
Insomma, non solo per i marchi ma anche per il 'know-how' italiano nella moda e nel design, oltre che nel management e nella comunicazione visuale, si potrebbe aprire un mercato da 80 milioni di persone. Una popolazione già attratta dal Made in Italy in quanto tale, ma che sembra anche avere molto di originale da dire, quando si tratta di estetica. Basta guardare le donne di Teheran, fa ancora notare Shariatmadari, e il modo in cui hanno fatto del velo che sono tenute ad indossare un accessorio di eleganza. Un velo che spesso si trasforma in una sciarpa leggera e colorata - la nuova tendenza è farla passare dietro l'orecchio - che diventa parte integrante di un abbigliamento composto di spolverini stretti in vita e calzoni attillati: il tutto curato in ogni dettaglio, come il viso e i capelli. A dimostrazione di come anche una restrizione possa trasformarsi in un'occasione creativa e in nuovo canone di bellezza, valido per le donne iraniane e possibile modello di successo anche per le musulmane di altri Paesi. Ma sono pochi gli stilisti che provano a creare modelli che prevedano un velo per la moda islamica, "mentre gli iraniani hanno tanto talento", sottolinea ancora Shariatmadari: convinto che la creatività italiana e quella iraniana potrebbero produrre insieme grandi risultati, nel segmento alto del mercato come in quello di massa. In un Paese la cui economia aspetta solo la fine delle sanzioni, in particolare quelle sulle transazioni finanziarie, per realizzare appieno tutti i suoi grandi potenziali.
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