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Reuters API
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
11 mar 2020
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I marchi del comparto del lusso riducono gli ordini ai loro fornitori italiani

Di
Reuters API
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
11 mar 2020

Gucci e Louis Vuitton sono tra i molti marchi di lusso internazionali che stanno tagliando gli ordini di approvvigionamento presso i loro fornitori italiani. L’epidemia di coronavirus ha iniziato colpendo duramente il mercato cinese, cruciale per il lusso. In queste ultime settimane, è toccato ad un altro fondamentale Paese manifatturiero subire gravi conseguenze dal propagarsi del Covid-19: l’Italia. Proprio quando si era cominciato a pensare che in Italia si sarebbe concretizzato un fenomeno di reshoring produttivo dalla Cina che avrebbe avvantaggiato lo Stivale, il virus si è diffuso anche nel Bel Paese, e oggi l'attività dell'intero settore è sotto pressione.

Mascherine e poca gente in Galleria Vittorio Emanuele a Milano - Reuters


L’Italia vanta molte aziende specializzate nella produzione di articoli di alta gamma, come le calzature, la pelletteria o la moda maschile. Al di fuori della Cina, il nostro Paese è attualmente il più colpito dall'epidemia di coronavirus. Roma ha già preso dei provvedimenti da alcuni giorni, arrivando praticamente a isolare il ricco Nord.
 
L’agenzia Reuters ha incontrato una dozzina di fornitori di prodotti tessili e di pelletteria in Veneto, una delle regioni più colpite dalla quarantena. Ma anche in Toscana, molti imprenditori affermano di aver subito cali negli ordinativi di consegna sin dalla fine di gennaio, ancor prima dell’adozione delle misure drastiche poste in essere negli ultimi giorni. Il motivo: il crollo della domanda in Cina.

“Produciamo tra le 800 e le 1.000 borse al mese per Gucci. A febbraio ne abbiamo fatte solo 450 e il nostro portafoglio ordini di marzo è vuoto”. sospira il proprietario di un piccolo laboratorio. Fornitore regolare del marchio principale di Kering, impiega otto persone a Scandicci, comune vicino a Firenze in cui si concentra buona parte della produzione italiana di pelletteria.
 
“Inoltre non abbiamo ordini per aprile e maggio. La società è in stand-by e siamo costretti a mettere i nostri lavoratori in cassa integrazione parziale”, si rammarica.
 
Come la maggior parte dei fornitori intervistati da Reuters, rifiuta di essere nominato per paura di perdere contratti futuri.
 
L’industria del lusso vale 280 miliardi di euro nell’economia mondiale, e soffre già da mesi per le proteste a Hong Kong. Ma l'epidemia di coronavirus nella Cina continentale gli ha inferto un colpo fatale.
 
L’ex Celeste Impero rappresenta oltre un terzo degli acquirenti di beni di lusso nel mondo. Mentre le autorità lottavano per fermare la diffusione del virus, i marchi sono stati costretti a chiudere negozi, a rinviare nuove aperture e a sospendere le spese pubblicitarie.
 
La generalizzazione dell'epidemia in tutto il mondo, soprattutto in Italia, ha dato la mazzata finale. Molti Paesi, tra i quali il Regno Unito e gli Stati Uniti, consigliano già di evitare i viaggi nella penisola italiana, con conseguenze dirette sul settore del turismo.
 
La moda e il tessile generano solitamente 90 miliardi di euro di entrate in Italia. Quest'anno il calo delle vendite potrebbe essere micidiale.
 
La situazione ha anche un grande impatto sul settore globale dei beni di lusso, in quanto l'Italia è uno dei principali fornitori del comparto. Lunedì, Flavio Cereda, specialista del lusso per Jefferies, ha rivisto al ribasso le proprie previsioni di vendite per il settore per la seconda volta nel corso dell’anno. Ora stima una diminuzione delle vendite del 3% esclusi gli effetti di cambio. Le sue ultime previsioni puntavano su una crescita dell’1%. “I disturbi prolungati all'attività economica possono influire sulle catene di approvvigionamento della maggior parte dei marchi”, ha affermato. Tuttavia, Cereda osserva che per ora gli effetti non sono ancora visibili.
 
La Toscana non è la regione più colpita, ma la cittadina di Scandicci sta già accusando le conseguenze dell'epidemia. Fino ad oggi era in netta espansione, grazie al recente sviluppo di siti produttivi per giganti del lusso come LVMH, Kering e Prada, che vi comprano anche dei laboratori.
 
La famiglia di Massimiliano Guerrini possiede l’azienda Almax, un produttore di Scandicci che realizza borse per dieci marchi, tra i quali Saint Laurent, Gucci e Balenciaga (Kering), oltre ad alcune griffe di LVMH. L'uomo afferma di aver visto diminuire gli ordini di “alcuni punti percentuali” a causa della crisi sanitaria del coronavirus in Cina. “Pensavo che le cose non andassero così male, date le circostanze, ma ora che l'Italia è in allarme, l'epidemia potrebbe colpire le imprese molto più crudelmente delle persone. L'intera catena di approvvigionamento potrebbe interrompersi per gli ordini non ancora evasi”, sostiene.
 
“Abbiamo 270 dipendenti e abbiamo diversificato i nostri clienti, quindi finora siamo riusciti a limitare l'impatto. Ma alcuni laboratori più piccoli non dureranno a lungo”. Un produttore veneto di borse e pelletteria, ad esempio, riferisce di un calo degli ordini del 30% da parte di Louis Vuitton (LVMH). Altre piccole imprese affermano che anche Prada e Ferragamo stanno riducendo la portata dei loro ordinativi. Nessuna di queste aziende ha voluto rilasciare commenti al riguardo.
 
Claudio Marenzi, il capo della sezione moda di Confindustria, afferma che gli acquirenti stranieri di prodotti tessili e di abbigliamento italiani hanno iniziato ad annullare gli ordini già alla fine di febbraio e che alcuni punti vendita fisici tradizionali hanno già visto dimezzate le vendite. “Sin dall'inizio dell'epidemia in Cina, avevamo capito che ci sarebbe stato un rallentamento nel primo trimestre. Ma ora, tutto l'anno rischia di andare in fumo per noi”. dice con amarezza.
 
Una fonte al corrente della situazione rivela che Ferragamo ha chiesto ai suoi dipendenti di prendersi il venerdì di ferie per otto settimane, ma ha anche congelato le assunzioni e il rinnovo dei contratti a tempo determinato.
 
Dopo aver sfilato a porte chiuse alla Fashion Week di Milano, Giorgio Armani ha chiuso le sue fabbriche nel Nord Italia per una settimana a fine febbraio. Un portavoce ha affermato lunedì che erano state riaperte la prima settimana di marzo, ma che la maggior parte dei dipendenti lavora da casa.
 
Luca Bortolotto è il direttore della sezione abbigliamento e accessori di Confartigianato Vicenza. Prevede di assumere qualcuno come babysitter per aiutare i lavoratori nella sua attività di pelletteria, in quanto le scuole sono chiuse in tutto il Paese.
 
“Come se ciò non bastasse, viviamo nella costante paura che uno dei nostri dipendenti si ammali, il che condurrebbe a dover mettere in quarantena tutti e paralizzare l’attività”, conclude dispiaciuto.

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