×
1 367
Fashion Jobs
PRINCIPE SPA
Indeterminato
Tempo Indeterminato · VARESE
VINCENZO ZUCCHI SPA
Area Manager Retail - Centro Italia
Tempo Indeterminato · ROMA
MICHAEL PAGE ITALIA
Product Manager Per Realtà Capospalla Luxury Milano
Tempo Indeterminato · MILANO
ALBISETTI INDUSTRIES
Addetto Ufficio Produzione ed Avanzamento
Tempo Indeterminato · LURATE CACCIVIO
SPACE STYLE SRL
Impiegata/o Ufficio Acquisti/Produzione
Tempo Indeterminato · FUNO
MANTERO SETA
Controller Industriale
Tempo Indeterminato · GRANDATE
INTERFASHION SPA
Worldwide Sales Manager / Responsabile Vendite Mondo
Tempo Indeterminato · RIMINI
JIMMY CHOO
Stock Controller
Tempo Indeterminato · FIDENZA
CONFIDENTIEL
Ecommerce Shooting Specialist
Tempo Indeterminato · MILANO
SIDLER SA
Product Manager / Luxury / Lugano
Tempo Indeterminato · LUGANO
JIL SANDER
Collection Merchandising Manager
Tempo Indeterminato · MILANO
CONFIDENZIALE
Responsabile Amministrazione e Bilancio
Tempo Indeterminato · MILANO
ANONIMA
IT Manager (Analista Programmatore)
Tempo Indeterminato · MILANO
ANONIMO
IT Application Specialist
Tempo Indeterminato · MILANO
ADECCO ITALIA SPA
Area Manager Verona
Tempo Indeterminato · VERONA
LAVOROPIÙ DIVISIONE MODA
Impiegato/a Controllo di Gestione - Azienda Moda
Tempo Indeterminato · FERRARA
GIORGIO ARMANI S.P.A.
Analyst Business Unit Armani|Exchange
Tempo Indeterminato · MILANO
CAMICISSIMA
Export Manager Abbigliamento Uomo/Donna
Tempo Indeterminato · MILANO
BOTTEGA VENETA LOGISTICA S.R.L.
Bottega Veneta Shoes Production Manager
Tempo Indeterminato · VIGONZA
ELISA GAITO SHOWROOM
Coordinamento e Sviluppo Mercato Italia
Tempo Indeterminato · MILANO
BURBERRY
Programme Manager, Corporate Responsibility
Tempo Indeterminato · MILANO
RANDSTAD ITALIA
Responsabile Lavorazioni Esterne-Calzature
Tempo Indeterminato · SAN MAURO PASCOLI
Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
12 apr 2022
Tempo di lettura
3 minuti
Condividi
Scarica
Scaricare l'articolo
Stampa
Clicca qui per stampare
Dimensione del testo
aA+ aA-

I marchi che non hanno mai risposto alle accuse di lavoro forzato degli uiguri

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
12 apr 2022

Nel marzo 2020, l’istituto australiano si strategia politica (ASPI) ha pubblicato un tremendo e inquietante rapporto sulla difficile situazione del lavoro uiguro nello Xinjiang, una provincia chiave per la produzione cinese di cotone. Trentasette marchi del settore dell’abbigliamento sono stati citati come beneficiari dello sfruttamento di questa minoranza musulmana, in quella che Pechino descrive ufficialmente come integrazione attraverso il lavoro. Due anni dopo, non tutti i marchi di moda coinvolti hanno risposto a tali accuse.

Manifestazione pro-uiguri in Indonesia nel dicembre 2018, dunque ben prima della pubblicazione dell'indagine dell'ASPI - Shutterstock


Gli Stati Uniti hanno vietato i prodotti realizzati nello Xinjiang dal luglio 2021, mentre l'Europa ha gradualmente alzato i toni contro la Cina. La giustizia francese ha aperto un'indagine per crimini contro l'umanità contro Fast Retailing (Uniqlo France), Inditex (Zara, Bershka, Massimo Dutti...), SMCP (Sandro, Maje, De Fursac...) e Skechers, a seguito di una denuncia presentata da diverse ONG e associazioni.
 
Applicazione destinata a informare i consumatori sugli impegni sociali e ambientali dei marchi di moda, Clear Fashion si è da parte sua impegnata a fare un inventario delle reazioni dei vari marchi chiamati in causa dall’ASPI*. Il tutto in un documento reso liberamente accessibile a professionisti e consumatori.

Tra le aziende che si sono pronunciate sull'argomento ci sono Abercrombie & Fitch, Adidas, Amazon, Badger Sport, C&A, Calvin Klein, Cotton On, Esprit e H&M. Ma anche Lacoste, Nike, Patagonia, Carter's, Polo Ralph Lauren, Target Australia, Tommy Hilfiger, Uniqlo, Victoria's Secret, Woolworths e Zara.
 
Resta il fatto che molte strutture non hanno risposto all'ASPI, né si sono pronunciate sull'argomento. Secondo Clear Fashion è stato in particolare il caso di Authentic Brands, Fila, Dangerfield, CostCo, Cerruti 1881, Skechers, Caterpillar, Zegan, Li-Ning, L.L. Bean, Jeanswest (Harbour Guidance), Jack&Jones (Bestseller) o Major.
 
“Alcuni marchi negano di avere rapporti commerciali diretti con i fornitori coinvolti o dichiarano di non avere informazioni riguardanti i subappaltatori dei loro fornitori. Tra i marchi coinvolti, alcuni affermano di aver prevenuto questi rischi facendo firmare carte di buona condotta che vietano il lavoro forzato nelle loro catene di produzione prima dello scandalo”, sottolinea Clear Fashion. “Queste argomentazioni pongono al centro del dibattito la questione della responsabilità delle imprese sulla poca conoscenza della loro filiera e sulla conseguente mancanza di sanzioni. Questo discorso è possibile perché i marchi non sono ritenuti legalmente responsabili delle cattive pratiche dei loro fornitori”.

Laddove le ONG parlano di "campi di rieducazione", Pechino definisce gli stessi luoghi "centri di formazione professionale" - - Shutterstock


Parallelamente al rapporto Aspi, la documentazione sull'industria tessile nello Xinjiang è stata poi arricchita dal report pubblicato dal Center for Global Policy, in cui si ricorda che nella provincia viene prodotto il 20% del cotone mondiale, e che il cotone e i suoi derivati rappresentano anche il 10% delle esportazioni cinesi. Nella primavera del 2021, l'ONG Amnesty International ha pubblicato un rapporto di 160 pagine sulle condizioni di vita e di lavoro degli uiguri nella provincia.
 
Ma sebbene l’attenzione sia posta sullo Xinjiang, sarebbe sbagliato limitarsi a quella regione: il rapporto dell'ASPI ha sottolineato che lo sfruttamento degli uiguri va oltre i suoi confini. Seguendo il “modello dell’emulazione” voluto da Pechino per integrare la minoranza con il resto della popolazione cinese, migliaia di lavoratori sarebbero mandati a lavorare in fabbriche tessili situate nelle province manifatturiere della Cina orientale. Il tutto in stabilimenti che per l'occasione vengono aggiunti di transenne e torri di avvistamento. Spostamenti effettuati volutamente da Pechino e che rendono più difficilmente tracciabile il peso reale degli uiguri nella produzione tessile cinese.
 
*Adidas, H&M, Cos, Weekday, Monki, H&M Home, &Other Stories, Arket, AFound, Lacoste, Nike, Zara, Bershka, Massimo Dutti, Oysho, Pull & Bear, Uterqüe, Stradivarius, Alexander McQueen, Balenciaga, Bottega Veneta, Brioni, Gucci, Yves Saint Laurent, Tommy Hilfiger, Calvin Klein, Amazon, Puma, Ikea, Uniqlo, Muji, Gap, C&A, Patagonia, Cotton on, Carter’s, Badger Sport, Esprit, Abercrombie & Fitch, Polo Ralph Lauren, Target Australia, Victoria’s Secret, Woolworths, Maje, Claudie Pierlot, Sandro, De Fursac, Hart Schaffner Marx, Fila, Dangerfield, Costco, Cerruti 1881, Skechers, Summit Resource International, Zegna, Hugo Boss, Asics, Li-Ning, L.L.Bean, Jeanswest, Jack & Jones, Major, Marks & Spencer.

Copyright © 2023 FashionNetwork.com Tutti i diritti riservati.