I 20 migliori momenti della moda di questa stagione
La stagione internazionale delle sfilate si è conclusa questa settimana, portando a termine una maratona di circa 400 fra show e presentazioni nelle quattro grandi capitali del settore: Londra, Milano, New York e Parigi.
È stata una stagione caratterizzata da quattro temi-chiave: sostenibilità, femminismo, frontiere e inclusione (quest’ultima sia razziale, che sessuale o fisica). Ecco la nostra opinione su quali sono stati i 20 momenti più rilevanti della stagione, ognuno dei quali ha affermato qualcosa di politico, polemico, ma anche di elegantemente alla moda, sul mondo d’oggi.

Alexander McQueen
Ritorno all’essenzialità da McQueen, con i suoi tagli gotici, lo stile celtico e le sacerdotesse chic; è stata l’affermazione di moda più potente della stagione. Inoltre, proprio in un momento in cui tutti si riempiono la bocca con la parola inclusione, la stilista della casa di moda, Sarah Burton, l’ha messa in pratica, portando insieme a lei a fare il saluto finale al pubblico tutto il suo atelier di una sessantina di artigiani, che hanno ricevuto l’ovazione più lunga di qualsiasi altro show di questo mese di sfilate internazionali.
Balenciaga
Sicuramente la messinscena più impressionante di tutte le sfilate per la Primavera-Estate 2020. Un ampio spazio, metà cattedrale, metà Copacabana, in velluto blu zaffiro; un cast sfrontato, distopico; una collezione spettacolare, chiamata "New Fashion Uniforms" (“Le nuove uniformi della moda”, ndr.) composta da abiti voluminosi, oversize, eppure sexy, cosparsi di loghi ovunque, tutto dal genio di Demna Gvasalia.

Valentino
L’applausometro è andato fuori scala da Valentino, dopo la presentazione della graziosa collezione di grisaille by Pierpaolo Piccioli – una tecnica pittorica che consiste nell’utilizzare più varianti di grigio, ecrù e bianco. Per gli appassionati di più vecchia data, si è trattato di un chiaro riferimento alla leggendaria “White Collection”, disegnata dal fondatore Valentino Garavani nel 1968, dalla quale Jackie Kennedy scelse l'abito per sposare Aristotele Onassis. Il pubblico più giovane ha soprattutto adorato il suo slancio romantico.
Miu Miu
Miuccia Prada è un’altra grande stilista italiana che sfila a Parigi, ma il suo atteggiamento è l'esatto contrario della classica mentalità del Bel Paese. La collezione ha presentato una serie di outfit crudi, istintivi, persino viscerali, molto signorili ma assolutamente incisivi, dove tutto era abilmente distorto da frammenti di volant, scarti di chiffon e ricami eccentrici cuciti con angolazioni strane. E a giudicare dal modo spavaldo e convinto col quale hanno sfilato, forse la collezione preferita della community dei modelli e delle modelle.

Rihanna a Brooklyn
Sicuramente il momento più straordinario della stagione di New York. Parliamo della lingerie Savage x Fenty di Rihanna. Uno show di 40 minuti, tra hip hop anticonformista e stravaganza in stile show di Broadway, finanziato da Amazon Prime e messo in scena al Barclays Center di Brooklyn. Con Victoria's Secret così fuori sincrono con la nostra era (per la sua oggettivazione delle donne, fino all’utilizzo del vergognoso Jeffrey Epstein come suo consulente finanziario) il mercato globale della biancheria intima comincia ad aprirsi. Rihanna, con il suo grande ed erotizzante défilé, potrebbe prendersene una bella fetta. Quanto alle modelle, il cast era super inclusivo – donne di ogni forma e dimensione sfilavano attorno a magrissime stelle delle passerelle come Gigi e Bella Hadid, tra cui una ragazza con protesi alle gambe.
Marni
Da Marni, un fantastico universo fauve ha incontrato il Tropicalismo brasiliano – il movimento artistico e musicale degli anni '60 sorto contro la dittatura militare in Brasile. Tagli degni dell’alta moda per blazer e cardigan, il tutto ornato con fiori tropicali dipinti a mano delle isole dei mari del sud, piante rampicanti e confuse astrazioni floreali. Più un'opera d'arte che una collezione di abiti, e le idee più sorprendenti viste su qualsiasi passerella di questa stagione.
Dries Van Noten
La Provenza ha incontrato Anversa nel matrimonio piuttosto improbabile tra il signore della super opulenza, Christian Lacroix, e l’esperto cantore belga dell’eleganza austera, Dries Van Noten. Queste combinazioni deliziosamente esagerate, ma anche rifinite nei minimi dettagli, hanno rappresentato uno dei momenti salienti della stagione a livello stilistico - in realtà, forse di tutto l’anno.

Versace
Il punto culminante della stagione su Internet e sui social network è stato senza dubbio il momento in cui J.Lo ha festeggiato il 20° anniversario del vestito più famoso mai disegnato da Donatella Versace – l’abito da dea in seta iperscollato, trasparente, stampato con motivi vegetali, che la Lopez indossò ai Grammy. Presentata sotto un’esatta ricostruzione del tetto del Pantheon di Roma, la collezione ha rappresentato la fantasia tropicale di Versace al suo meglio. Grazie Donatella.
Simone Rocha
Simone ha fatto riferimento ai “Wrenboys”, un'antica tradizione celtica che consiste nel festeggiare il nuovo anno andando a caccia di scriccioli, uccellini che sono gli ultimi a cantare in inverno. I Wrenboys appaiono ancora alla fine di ogni anno a Dublino, vestiti con abiti di paglia e d’epoca, come stravaganti druidi-rocker dublinesi. Il risultato è stato probabilmente lo show più bello di Rocha – abiti asimmetrici e trench realizzati in blu di Delft, balze infinite e molteplici fili di perle. Come un’elegia vittoriana all’Alexandra Palace.
Tommy Hilfiger
Pochi stilisti in America si sono fatti tanti fan tra la comunità afroamericana come Tommy Hilfiger, che ha vestito il movimento hip-hop per decenni. E il cui ultimo testimonial del marchio e partner stilistico è Zendaya, lesi stessa afroamericana, con origini tedesche e scozzesi. La coppia ha portato la collezione Tommy x Zendaya nel tempio della black music statunitense, l’Apollo Theater di Harlem, e il risultato è stato una fantastica interpretazione retrò dei film soul-chic della blaxploitation anni '70. Messo in scena con musica dal vivo in un raffinato set con muri di mattoni, con le modelle che scendevano da classiche autovetture cabriolet, lo show è stato un’ammirevole celebrazione da tutti i punti di vista di una certa parte della cultura americana.

Christian Dior
Nessun designer è stato più all'avanguardia nel femminismo di Maria Grazia Chiuri, la cui ultima gigantesca opera aveva come tema Catherine Dior, la sorella più giovane di Christian. Combattente della resistenza e giardiniera professionista, Catherine ha contribuito a ispirare una grande collezione di corpetti e corsetti in jersey delicatamente ricamati in rafia e seta grezza, e giacche a righe in seta e jacquard di rafia. Messa in scena in un boschetto silvestre piantato all'interno dell'ippodromo di Longchamp, la sfilata di Dior ha mostrato anche un impegno per l’ambiente – tutti e 164 gli alberi sono stati portati via subito dopo lo show per essere ripiantati in quattro giardini di Parigi.
Leandro Cano
Senza dubbio, la migliore presentazione della stagione. Un mix di mitologia spagnola, talento artigianale e performance artistica messo in scena sotto i meravigliosi dipinti ad olio di maestri spagnoli come Velázquez e Goya all'interno dell'Ambasciata di Spagna a Parigi. Lo stilista ha utilizzato artigiani e artisti che lavorano con corda, nodi, ceramiche, panieri, maglieria e ricami per creare una meditazione surrealista sulla Spagna: da fantasmagorici abiti da strega rosso ruggine a sacri abiti da santuario in corda. Un défilé astuto, simpatico, eccentrico… e molto Cano.
Chanel
Il terzo show di Virginie Viard per Chanel dopo la scomparsa di Karl Lagerfeld, e il primo in cui l’abbiamo sentita davvero prendere il controllo della sua maison. Un défilé femminile e fanciullesco, con un giovane spirito parigino, allestito su un gigantesco set che riproduceva i tetti di Parigi. Così ottimista che persino l’intrusione di una rompiscatole – la comica francese Marie s’infiltre – non è riuscita a rovinare il momento.
Jonathan Anderson
L'unico designer ad entrare due volte nella nostra Top 20 è Jonathan Anderson, la cui interpretazione esplosiva di Maria Antonietta perdutasi nella Swinging London degli Anni Sessanta è stato lo show più creativo visto nella capitale del Regno Unito. Messa in scena attorno ad opere dell'artista canadese Liz Magor – vecchie bambole, funi, giocattoli o reliquiari, tutti contenuti in scatole trasparenti – è stata una sfilata di "moda effimera" al suo meglio.

Loewe
Circa 10 giorni dopo, Anderson, nato in Ulster, ha messo in scena la sua collezione più accattivante per Loewe. Velázquez va a Ibiza: crinoline artisticheggianti decostruite per il XXI secolo e suggestivi abiti da principessa per vacanze d’alto bordo. Inoltre, la selezione di accessori più influente della stagione. Non male per un lavoro serale.
Richard Quinn
Il vincitore del ‘Queen Elizabeth II Award’ Richard Quinn sta dimostrando di avere una grande capacità di resistenza, inscenando la festa più divertente del calendario globale. Un'orchestra di 40 musicisti e un coro di 80 elementi in piedi sul balcone in ferro battuto di una cupa sala da ballo edoardiana in una via molto animata del quartiere londinese di Bethnal Green. Esotici abiti da debuttante per un numero infinito di serate birichine – la maggior parte di essi indossati con stivali alti alla coscia in lattice nero.
Marc Jacobs
Nel défilé di Jacobs c’erano un po’ troppe facezie per i nostri gusti, ma diavolo come era intelligente, raffinato, e spesso sublime! Dal glamour degli anni dei Kennedy alle dee del rock’n’roll anni ’60, passando per il candore di Doris Day e l’eleganza ricca di nonchalance di Carnaby Street. Marc Jacobs ha fatto di volta in volta delle strizzatine d’occhio agli abiti da corsa ad Ascot del film My Fair Lady, ai tailleur-pantalone emancipati di Saint Laurent, alle redingote di velluto di Janis Joplin e agli abiti da sera delle signore newyorchesi di Park Avenue. Pochi stilisti possono vantare una gamma di riferimenti più diversificata di Jacobs - e pochi conoscono e amano la moda più di lui.
The White Shirt Project
Omaggio reso a Karl Lagerfeld da parte di decine di artisti, giornalisti, influencer e suoi amici, The White Shirt Project è servito solo a ricordare a tutti quanto ci mancherà sempre. Una toccante selezione di idee basate sull’abbigliamento fetish personale di Karl – la camicia bianca immacolata – presentato nella sede del suo marchio a St Germain. Quasi tutti i capi erano seducenti, spiritosi e freschi: non c'è da stupirsi che tutto sia stato venduto così rapidamente.

Rick Owens
Donald Trump ha trascorso metà dell’ultimo decennio a tormentare messicani e centroamericani tentando di costruire un terribile muro contro di loro. Rick, invece, ha abbracciato la cultura di sua madre messicana, e ne è scaturita una sfilata fantastica e una collezione in stile Montezuma messa in scena fuori dal Palais de Tokyo. Copricapo reali aztechi indossati sopra abiti in maglia, squarciati e allacciati, tutti rigorosamente geometrici. I cappotti senza maniche erano tagliati con folli spallone, gli abiti in maglia apparivano intrecciati e sovrapposti. Una tavolozza colori degna di Luis Barragán in una collezione chiamata “Tecuatl”, dal nome mixteco di sua nonna. Un'epopea della moda.
Yohji Yamamoto
Una grande affermazione poetica dal maestro giapponese, che è apparso per il saluto finale con la scritta "No Future" sulla schiena. Era un commento sulla sua preoccupazione per il cupo futuro che aspetta i suoi nipoti a causa dei cambiamenti climatici. Ma le sue regine post-apocalittiche, vestite con splendidi abiti attillati, attorcigliati e sgualciti, erano uno spettacolo per gli occhi. L’ultima lezione di concettualismo cool, impreziosita da un tocco di lirismo, del grande Yohji. Greta Thunberg, questi sono i vestiti per te!
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