Laura Galbiati
16 dic 2019
Hong Kong e Singapore: destini incrociati?
Laura Galbiati
16 dic 2019
Sollievo. Questo è stato senza dubbio il sentimento predominante in occasione della pubblicazione dei risultati trimestrali del “tridente” francese del lusso LVMH-Kering-Hermès (a cui va aggiunta la maison Chanel, non tenuta a pubblicare le proprie cifre in quanto non quotata), nel momento di valutare l’impatto della situazione a Hong Kong sui loro conti.
Se dal mese di agosto pletore di famosi analisti esortavano gli investitori alla massima prudenza di fronte ai problemi nell’ex colonia britannica, va constatato che LVMH, Kering e Hermès sono riusciti ad aggirare la minaccia grazie alle eccellenti performance degli altri loro mercati. Anche se, per quanto concerne nello specifico Hong Kong, il periodo tra luglio e settembre non è stato certo dei migliori per i tre “tenori” del lusso francese.
Nel terzo trimestre, infatti, Kering ha visto le sue vendite scendere del -35% a Hong Kong, mentre per quanto riguarda LVMH, l’impatto è stato più moderato, nell’ordine del -25%. Ancora più sintetico in termini di dichiarazioni al riguardo, Hermès ha commentato solamente che anche il suo giro d’affari è sceso nel periodo, senza specificare altro. Anche Richemont, Hugo Boss e Tiffany hanno subito l’impatto delle manifestazioni a Hong Kong nei loro ultimi risultati. In un contesto di questo genere, gli investitori cominciano a puntare verso nuovi orizzonti.
Secondo una nota di Goldman Sachs, non meno di 3 o 4 miliardi di dollari di depositi hanno lasciato Hong Kong dal mese di agosto. Nello stesso periodo, i depositi in valuta presso banche nazionali e internazionali operanti a Singapore hanno raggiunto un picco di 9,4 miliardi di dollari. Si può dunque affermare che Singapore possa essere un’alternativa a Hong Kong e alla sua situazione turbolenta?
“Occorre tenere a mente che Hong Kong e Singapore, sebbene siano spesso descritti come feroci rivali economici, servono mercati molto diversi. HK è un polo economico importante per la regione della Cina, mentre Singapore è un attore chiave in Asia, a esclusione della Cina”, precisa Eugene Tan, professore di diritto costituzionale presso la Singapore Management University.
Ma per quanto riguarda più nello specifico il mercato del lusso, la “Svizzera dell’Asia” può sperare di trarre benefici dai problemi a Hong Kong e, poco a poco, ridurre il suo ritardo sul rivale? Una passeggiata a Marina Bay, quartiere simbolo del successo della città, confermerebbe questa tesi. Con i suoi grattacieli e immobili fastosi, con come sfondo il celebre hotel Marina Bay Sands, che ospita sulla sua cima l’Infinity Pool, la piscina in altezza più lunga al mondo, la celebre baia di Singapore ha di certo le carte in regola per diventare in futuro un centro del lusso nella regione. Soprattutto in virtù dei 15 milioni di turisti ospitati dal piccolo arcipelago l’anno scorso.
La qualità della vita, la competitività economica dell’isola e le numerose persone facoltose, residenti e non a Singapore, costituiscono molti elementi e spunti di riflessione interessanti. Ma sufficienti per far prosperare una vera economia del lusso, anche senza il vasto entroterra cinese?
I leader mondiali del lusso hanno, de facto, preso quartiere nel cuore di Marina Bay. Tra gli aspetti positivi, quasi nessun rischio di vedere a Singapore una situazione simile a quella delle manifestazioni di Hong Kong, che hanno portato alla chiusura di molti negozi. Un buon governo e l'applicazione delle leggi alla lettera, uniti al forte desiderio di combattere il comunitarismo, permettono di assicurare un "posto giusto per tutti". Anche se questo modello dovrebbe apportare alcune modifiche per adeguarsi a un contesto in rapido cambiamento.
Ma il cammino per fare di Singapore un vero “hub del lusso” si prospetta lungo e pieno di insidie. “La sfida per i principali attori del mercato è di proporre una vera esperienza di lusso a Singapore, tenendo conto dei vincoli di spazio e dell’uniformità di prodotti e servizi in questo mercato. Secondo me Singapore deve assolutamente concentrarsi sulla dimensione esperienziale del comparto del lusso, più che sul semplice e spesso banale consumismo associato al settore”, commenta Eugene Tan.
Abbastanza per scalzare Hong Kong? Se Kering ha dichiarato, nel comunicato sui suoi risultati, che una parte della clientela cinese ha trasferito le sue spese verso la Corea del Sud, Macao…e Singapore, LVMH e soprattutto Hermès sono stati più discreti sull’argomento. In ogni caso, se la situazione a Hong Kong dovesse protrarsi, tutti ci perderebbero: HK era infatti il quarto partner commerciale di Singapore nel 2018 e la quarta destinazione dei suoi investimenti nel 2017.
“Tendendo conto di queste relazioni, i problemi civili a Hong Kong avranno a tendere delle ripercussioni negative su Singapore e sull’intera regione”, precisa Eugene Tan. “La situazione a HK si somma all’incertezza economica mondiale già esistente. Questo alimenta un calo di fiducia negli investitori, con impatti sugli investimenti e sulle attività economiche della regione”. Solo un “Hong Kong forte”, dunque, potrebbe spingere Singapore a tirar fuori il meglio di sé.
Di Samir Hamladji
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