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8 lug 2014
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Henri Sebaoun: "Carven non è un marchio di lusso"

Pubblicato il
8 lug 2014

Dopo un periodo ricco di aperture di punti vendita, il presidente di Carven, Henri Sebaoun, analizza per FashionMag il percorso della griffe francese dal singolare posizionamento nel mondo fashion.

Henri Sebaoun


FashionMag: A che punto siete con il roadbook di Carven?
Henri Sebaoun: Non abbiamo una tabella di marcia fatta di varie tappe da raggiungere. Ci siamo dati l'obiettivo di riportare la griffe ad essere una protagonista della moda. Il che in qualche modo si è realizzato oggi con Guillaume (Guillaume Henry, il direttore artistico del brand, ndr.). Oggi, stiamo modellando il business.

FM: Avete aperto molti negozi in questi ultimi tempi. Quanti ne controllate oggi?
HS: Oggi abbiamo più di 25 punti vendita a nome proprio. Sette sono delle succursali, quattro a Parigi, una a Cannes, un'altra a New York e ancora a Londra. Le altre sono delle boutique partner, con una forte presenza in Asia. Per esempio, abbiamo quattro punti vendita a Hong Kong, tre a Taiwan, uno a Tokyo, uno a Singapore, a Giacarta, a Manila. Controlliamo anche 4 negozi in Cina e uno in Qatar. Apriremo due store a Pechino. A tutto questo, bisogna aggiungere otto shop-in-shop in Giappone, quattro in Corea del Sud, tre a Parigi. Ne inaugureremo poi uno in Russia in questo mese di luglio.

FM: Carven si può considerare un marchio mondiale vedendo questa presenza del marchio un po' dappertutto?
HS: Fin dall'inizio della nostra storia da Carven, la Francia non ha mai superato il 20% dell'attività, anche se è il primo Paese davanti al Giappone e agli Stati Uniti. Abbiamo anche constatato che l'Asia, naturalmente, ha apprezzato il nostro stile.

FM: Avete un partner di peso in questa regione del mondo...
HS: Abbiamo come distributore il gruppo Bluebell, che distribuisce molte grandi griffe in quell'area. Nella Cina Continentale, siamo persino in joint-venture.

FM: E il wholesale? Quanti clienti multimarca avete nel mondo?
HS: Abbiamo circa 600 rivenditori multimarca, 90 dei quali in Francia.

FM: Come spiega questa passione per Carven?
HS: Il nostro posizionamento corrisponde a una richiesta da parte dela clientela di oggi. Carven non è un marchio di lusso. Negli USA, si parla di designer contemporary. Salvo che i marchi americani equivalenti sono più casual. I grandi magazzini americani riservano inoltre una superficie maggiore ai marchi contemporary. Noi privilegiamo la creatività, ma non abbiamo, come alcuni stilisti, un discorso di rarità. Inoltre, noi pratichiamo prezzi accessibili, con abiti proposti attorno ai 350 euro. Lo stile Carven porta con sé anche della fantasia, dell'umorismo. E poi bisogna fare attenzione all'uso della parola lusso, che può essere un'arma a doppio taglio al giorno d'oggi. Del resto, le stesse grandi Maison del lusso se ne stanno rendendo conto, perché tutte lanciano delle linee di gamma più elevata, più lussuose.

Un capo della collezione resort 2015


FM: Ma allora, su quale segmento del mercato vi sentite più a vostro agio?
HS: Carven può piacere a persone molto diverse. Il brand è in un certo senso transgenerazionale. Vari clienti dell'universo del lusso vengono da noi. Negli Stati Uniti e in Giappone abbiamo anche una clientela più giovane che in Europa, ma io penso che si tratti soprattutto di una questione economica da parte loro. Tuttavia, noi ci riconosciamo anche una propensione creativa che è segmentaria. E questo ci permette comunque di esistere nel mondo della moda.

FM: Di fatto, il lavoro di Guillaume Henry è chiaramente e palesemente apprezzato dal mondo della moda. E' una bella soddisfazione per voi e per il team, immagino.
HS: Certamente è un elemento importante, soprattutto perché era il nostro desiderio. Il tutto passa anche per le sfilate. Tuttavia ciò può in qualche modo costituire un ostacolo al nostro sviluppo. Alcuni consumatori potrebbero pensare che noi non siamo per loro, che saremmo troppo cari, ecc. Questo il motivo per il quale abbiamo scelto per le nostre boutique delle vie che non sono delle arterie del lusso. Saint-Sulpice, per esempio, ci va molto bene. Dobbiamo lavorare perché questi consumatori, che riteniamo di poter attrarre, non abbiano paura di aprire la porta dei nostri store. Per questo, per esempio abbiamo appena rifatto il nostro sito Internet insieme allo studio Mazarine. Vogliamo restare in contatto con i giovani, utilizzare le reti sociali, far conoscere le nostre novità. E ciò sarà anche messo in evidenza nella scelta delle nostre future campagne pubblicitarie. E' il nostro obiettivo di quest'anno. Questa strategia presuppone di porre momentaneamente un freno alle aperture, soprattutto perché solo da poco tempo abbiamo cominciato ad ottenere delle progressioni dell'attività a due cifre. In questo senso, forse, possiamo parlare di una nuova fase!

Jean-Paul Leroy (Versione italiana di Gianluca Bolelli)

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