Ansa
23 set 2019
Gucci contro le regole, divisa è camicia di forza
Ansa
23 set 2019
Si lasciano trasportare come automi dal nastro trasportatore, i piedi nudi, lo sguardo spento e i corpi chiusi in tute e abiti bianchi che ricordano delle camicie di forza, i modelli che aprono la sfilata di Gucci. Uno show nello show con cui Alessandro Michele denuncia la divisa come forma di oppressione. E a questa forma di controllo sociale, "io”, dice il creativo, “ho staccato la corrente". E non solo a livello metaforico: dopo i 60 look bianco e avorio con cinghie sulla schiena (roba da ospedale psichiatrico), le luci si spengono sulla sala, fredda come una clinica o un garage metropolitano, per riaccendersi subito dopo su un altro show, con la sfilata vera e propria, una voce sulla musica che dice "I'm not a normal person", e modelli che camminano veloci, guarda caso in senso opposto a quello di chi si lascia trascinare dalla società e ingabbiare dalle regole.

E sì, ha proprio ragione Alessandro Michele quando dice che la sfilata "è una specie di orgasmo", parola che gli piace tanto che l'ha voluta stampare sulle borse di stagione. "Abbiamo tutti l'Iphone, ma lo show è un momento unico, come a teatro: o ci sei”, ragiona, “o non ci sei". Ed è un bello choc quando sui 4 tapis roulant, che dividono la sala dalle luci ospedaliere, escono i modelli, prigionieri di una "divisa che ti costringe all'interno dei codici che ti rendono funzionale e anonimo, una sorta”, spiega Michele, “di camicia di forza, che rappresenta il grado più alto della divisa e che diventa una forma di oppressione".
Ma come si stacca la corrente? E chi può farlo? "La moda”, riflette il creativo, “con la sua apparente futilità ha restituito la libertà, anche dagli stereotipi". Attenzione però: anche la moda, come sistema economico e normativo, è "una grande piattaforma, un luogo di grande potere". E dunque? Come se ne esce? Come ci si riappropria della propria identità? Lui, quando ha iniziato il suo lavoro in Gucci, ammette di aver provato "a distruggerla in modo poetico, a farla a pezzi, perché era diventata solo marketing". Ora - e la collezione lo mostra perfettamente - ha capito che si possono prendere anche degli stereotipi per ribaltarli, per farli propri in modo diverso dall'originale. Così, per esempio, le ragazze escono in passerella con una cartucciera porta rossetto alla caviglia, con delle ghette di maglia metallica, persino con dei frustini.

Elementi presi dal mondo equestre, che è nel DNA di Gucci - marchio storicamente da ricchi - ma ribaltati in chiave fetish: "Ho messo gli ingredienti del brand in maniera mia, perversa, ho dato il frustino”, racconta ancora Michele, “a una ragazza che esce da un club, perché è evidente che seguire la moda è da veri pervertiti, persino un po' sadomaso". Anche nei panni di una mistress, con abiti trasparenti, guanti di pelle nera, calze a rete rossa, "le mie donne”, riflette il creativo, “più che sexy sono eleganti".
Se la moda è "una grandissima chance di presa di coscienza", si può essere sexy cavalcando gli stereotipi come fanno le donne, con le loro gonne a matita con lo spacco, gli abiti sottoveste di pizzo, le tuniche plissé e quelle intagliate con i fiori, i top dorati, o travolgendoli come fanno gli uomini, "sexy e spaventosi con le loro giacche asciutte", i pantaloni anni '70, gli stivali texani, il cappottino dal taglio femminile, rosa e con la manica a tre quarti. E non c'è bisogno di tirare in ballo la fluidità che "è sempre esistita, si sono solo sgretolati i sistemi e ora”, conclude Michele, “siamo come vermi, si vede come siamo".

A poche ore dalla sfilata, in una nota, Gucci ha precisato che "divise, abiti da lavoro e indumenti di costrizione, inclusa la camicia di forza, sono stati inseriti in apertura della sfilata come la versione più estrema di un'uniforme imposta dalla società e da coloro che la controllano. Questi abiti hanno avuto unicamente la funzione di veicolare un preciso messaggio e non faranno parte della collezione in vendita”.
“Presentandoli, Alessandro Michele ha voluto esprimere come, attraverso la moda, il potere”, prosegue la nota della maison”, viene esercitato sulla vita al fine di eliminare l'autoespressione. Un potere che, dettando le norme sociali, classifica e frena le identità personali. L'antidoto del direttore creativo di Gucci a questo concetto è rappresentato dagli 89 look della collezione PE 2020".
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