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5 feb 2020
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Gruppo Albini: alti e bassi nel 2019, il progetto Albini Next spicca il volo

Pubblicato il
5 feb 2020

Il Gruppo Albini ha chiuso il 2019 con un fatturato consolidato a 142 milioni di euro, in calo del 6% rispetto all’anno precedente. “Abbiamo confermato la quota di export diretto in oltre 80 nazioni di 3 continenti, che pesa per il 70% sul nostro fatturato complessivo. Un anno che - va ricordato - è stato uno dei migliori esercizi dell’ultima decade”, ha indicato a FashionNetwork.com il Presidente della storica azienda tessile bergamasca nata nel 1876, Stefano Albini. “La diminuzione del fatturato è imputabile al processo di profonda trasformazione in corso sui mercati internazionali, in particolare nel segmento medio e premium dove opera una parte importante della nostra clientela, come gli specialisti di camiceria e le medie aziende indipendenti, oggi più che mai a loro volta sotto pressione”.

Stefano Albini fotografato a Milano Unica 30a edizione - G.B. - FashionNetwork.com


Albini Next, il think tank inaugurato nel 2019 a Bergamo e nato per stimolare e scoprire nuovi know-how e creatività nei materiali, nelle tecnologie e nei processi di tracciabilità, sta cominciando a dare i primi risultati dopo 6 mesi di lavoro. “Da quando l'abbiamo lanciato, stiamo lavorando a tre progetti principali", ha indicato il Presidente. Il primo è legato a tinture naturali, che derivano da scarti del settore alimentare. Il secondo riutilizza gli scarti della lavorazione del cotone dei tessuti del gruppo, dai quali è stato ottenuto un tipo di carta che sarà utilizzato per realizzare i supporti su cui l’azienda presenterà le cartelle colori e i pattern delle sue collezioni. Il terzo progetto rende per la prima volta visibile, con le collezioni per la Primavera-Estate 2021, il progetto implementato con Supima e Oritain, che nel 2018 ha dato vita al primo tessuto in cotone scientificamente tracciabile al 100%.

“Scansionando un’etichetta con un QR Code si apre una pagina che indica per ogni tessuto Albini la sua origine, dove è stato tessuto, qual è il suo finissaggio, come trattarlo, come lavarlo e così via. Una vera ‘carta d’identità’ del tessuto”, precisa Stefano Albini. “Qualcosa che si può realizzare solo avendo l’intera supply chain sotto controllo, che noi riusciamo ad ottenere attraverso un innovativo processo, basato sui principi della scienza forense, tramite il quale è possibile risalire al campo di coltivazione del cotone e tracciare ogni fase del processo produttivo del tessuto”.

Un altro dei primi risultati di Albini Next è “Hemotion”, progetto dedicato alla lana: proveniente dall’Australia e certificata mulesing-free, la lana viene filata con una tecnica all’avanguardia che prende ispirazione dal mondo cotoniero per ottenere un filato finissimo, regolare, leggero e termoregolatore, confortevole e con un’elasticità naturale, lavabile in lavatrice, ingualcibile e resistente al pilling.

Albiate 1830


“Albini Group guarda al futuro con ottimismo”, afferma poi il Presidente. “Nel 2020 contiamo di non avere troppe conseguenze da quanto sta accadendo in Cina a causa della psicosi Coronavirus. Potrebbe essere che alcuni nostri clienti del lusso ne soffrano e quindi indirettamente anche noi. Però abbiamo fiducia che questa emergenza sarà risolta in fretta”.

“Comunque, lo sviluppo del segmento lusso, il successo di vendita della collezione Albini Donna e l’ottima performance dei nostri filati (soprattutto quelli organici) con la controllata I Cotoni di Albini, che è cresciuta del 28% per vendite verso terzi, dimostrano come il prodotto Albini continui a essere apprezzato nel mondo”, tiene a precisare Stefano Albini.
 
Tra i brand aziendali, Albiate 1830 ha visto scendere le vendite nel 2019, ma era il marchio più cresciuto lo scorso anno. Molto bene nell’esercizio 2019 anche le vendite di tessuti tecnici performanti ed elastici, e quelle di lana e lino per il gruppo Albini, che oggi conta su sette stabilimenti (di cui quattro in Italia), per un totale di circa 1.350 dipendenti (una cinquantina in meno dell’anno scorso, ndr.) e rimane il maggior produttore europeo di tessuti per camicia.

Albini Donna


Il Gruppo Albini ha recuperato dagli archivi della label Thomas Mason i nomi con cui i sarti inglesi definivano i tessuti delle camicie all’inizio del ‘900 nella dizione originaria (“Butcher Stripe”, “Music Stripe”, “Fine Bengal”, “Ladder Stripe” – quest’ultima in Italia è chiamata “pari-pari”, per esempio – e così via…), proponendo la linea “Icons”.

“Attraverso “Icons” in ogni stagione riporteremo all’attenzione dei clienti un po’ di storia di Thomas Mason. In un mondo in cui tecnicità e sostenibilità sono parole d’ordine, non dimentichiamoci della Storia”, riassume Stefano Albini. Si tratta di 16 items che rappresentano gli articoli di qualità più elevata di Thomas Mason. “Tutti i camiciai di Jermyn Street facevano riferimento a quei tessuti di Thomas Mason, la cui finezza era di grado 102, che oggi siamo riusciti a portare a 334. Un classico della storia della disegnatura”, aggiunge Albini. 

Ultima significativa novità dell’azienda lombarda è il reinserimento del marchio David & John Anderson, acquisito nel 1992, all’interno di Thomas Mason, come era in origine. “Questo brand ha sempre avuto molto successo sui mercati asiatici, Giappone in particolare. Oggi, per una ragione prettamente commerciale e di chiarezza (ce lo chiedevano da tempo gli stessi camiciai), l’etichetta continua a vivere nella linea “Nobles”, dal grado di finezza 242 e realizzata con cotone egiziano ‘Giza 45’, ovvero il segmento di qualità più elevata dell’offerta di Thomas Mason", indica Albini.

Thomas Mason


Infine, il gruppo Albini da oggi si avvale della collaborazione di una serie di farm statunitensi, supervisionate da un collaboratore locale. “Coltiveremo i campi a cotone organico in collaborazione con i farmer che abbiamo scelto e con cui abbiamo stretto accordi d’esclusiva, e ci impegnamo a comprare tutto il loro raccolto”, racconta il Presidente. “Questo darà anche nuovo stimolo a tutte le mischie realizzate con tale cotone organico”.
 

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