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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
20 lug 2021
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Fashion Transparency Index 2021: i brand della moda “troppo lenti” su sostenibilità e trasparenza

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
20 lug 2021

Secondo un nuovo rapporto, l'industria della moda continua a essere “troppo lenta” a fornire dettagli sulle sue pratiche etiche.

Foto: Pexels/Public domain


Il Fashion Transparency Index 2021, che tiene traccia di 250 dei più grandi marchi e rivenditori di moda del mondo, afferma che i marchi hanno raggiunto un punteggio medio di trasparenza di appena il 23% quest'anno, se ci riferiamo alle loro pratiche sostenibili, comprese le emissioni di carbonio, i rifiuti tessili e la giusta retribuzione per i lavoratori.
 
L’indagine mostra che le aziende che hanno ottenuto i migliori punteggi complessivi includono OVS, H&M, The North Face e Calvin Klein, tra le altre. I marchi con le performance più basse includono Roxy, Max Mara, Tory Burch e Tom Ford.

Intanto però, quasi tutti i più grandi brand della moda - circa il 99% di essi - non rivelano ancora il numero di lavoratori nella loro catena di approvvigionamento che ricevono un salario minimo dignitoso sufficiente per vivere. Al momento, il 96% non ha nemmeno una roadmap pubblica su come prevede di ottenere un salario dignitoso per tutti i propri lavoratori.
 
Sebbene il 62% dei marchi abbia pubblicato l’impronta di carbonio che genera all'interno delle proprie operazioni, essi non estendono questa informazione a tutta la catena di approvvigionamento.
 
Circa un quarto (26%) dei brand ha pubblicato dati sull'impronta di carbonio generata nelle proprie fasi di lavorazione e manifattura. Quando si tratta di materie prime, solo il 17% lo fa. Quindi l'impatto determinato dal processo di produzione – dalla materia prima all'appendiabiti in negozio – “rimane in gran parte sconosciuto”.
 
Storia simile con i rifiuti di plastica. Più di un terzo dei marchi ha dichiarato pubblicamente quanti progressi stanno compiendo nella riduzione dell'uso di imballaggi in plastica vergine, ma solo il 18% ha rivelato la percentuale di tessuti che utilizza che siano derivati da combustibili fossili.
 
Il Transparency Index, giunto al suo sesto anno, ha anche richiamato l'industria della moda sulla mancanza di divulgazioni informative sulla risposta al Covid-19 e sulle azioni per il clima.
 
Di tutti i marchi di moda valutati, solo il 3% ha reso pubblico il numero dei lavoratori licenziati a causa della pandemia.
 
“[Questo] ci lascia con un ‘quadro incompleto’ dell’impatto socio-economico negativo che i lavoratori hanno dovuto affrontare durante la pandemia”, afferma il rapporto.
 
Nel frattempo, solo il 18% di tutti i principali marchi ha rivelato quanti ordini completi o parziali ha annullato. I brand mantengono segreta anche la loro politica quando si tratta di pagare i fornitori, il che, a sua volta, ha un impatto sui lavoratori dell'abbigliamento che impiegano. Meno del 10% dei marchi nell'indice ha delineato una politica per pagare i fornitori entro 60 giorni.
 
L'indice si basa sulle informazioni divulgate dalle più grandi case di moda mondiali sulle loro politiche, pratiche e impatti a livello ESG (Environmental, Social and Governance, ovvero ambientale, sociale e di governance). Esso raccoglie informazioni all'interno delle operazioni delle aziende, nonché lungo le loro catene di approvvigionamento.
 
“La trasparenza è alla base del cambiamento trasformativo”, ha affermato l'Index. “Ma sfortunatamente, gran parte della catena del valore della moda rimane opaca, mentre lo sfruttamento umano e ambientale prospera impunemente”.

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