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Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
19 apr 2022
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Eureka Fripe: nei meccanismi di un grossista di moda vintage

Versione italiana di
Gianluca Bolelli
Pubblicato il
19 apr 2022

T-shirt a pois, giacche tirolesi, gonne coi lustrini... Per ogni tipo di vestito, da Eureka Fripe c'è un contenitore dedicato, che può rimanere riposto come scorta di riserva per decenni prima di essere tirato fuori a seconda dell'emergere - o del ritornare in auge - di una tendenza moda. In una vecchia fabbrica di mattoni situata lungo la Senna, ad Amfreville-la-Mi-Voie (a sud di Rouen), l'azienda normanna immagazzina 16 milioni di vestiti usati (per un peso di oltre 2.000 tonnellate) in diversi locali e magazzini collegati tra loro, su una superficie totale di 24.000 metri quadrati. Ogni settimana, quasi 50 tonnellate arrivano in loco, provenienti da impianti di cernita di tutto il mondo. Allo stesso tempo grossista e proprietaria di diversi marchi (Kilo Shop, Hippy Market, ecc.), Eureka Fripe è stata fondata nel 1974 da Bernard Graf, che ha iniziato qualche anno prima rivendendo sui mercati i vestiti abbandonati nelle lavanderie dei suoi genitori. Oggi una seconda giovinezza viene offerta all'azienda del gruppo DB Invest grazie al crescente entusiasmo per l'abbigliamento usato. Ma come funziona questa società brulicante d’attività e dotata di filiali internazionali?

A sinistra, smistamento dei vestiti; a destra, Eric Rey, il direttore retail di DB Invest - DR


Nessuna macchina o automazione nel magazzino, la capacità di Eureka Fripe risiede nello smistamento manuale dei vestiti e nel fiuto dei suoi dipendenti nell'anticipare gli acquisti rilevanti di stock di abbigliamento di seconda mano. Un know-how quasi artigianale per quantità industriali.
 
In varie grandi sale, dopo essersi visti affidare uno stock da smistare, i dipendenti del sito (70 persone) hanno davanti a sé una dozzina (o più) di cesti in cui devono smistare gli articoli in base alla loro forma, stile o colore... Un lavoro certosino, per il quale bisogna avere occhio. In seguito, a seconda delle esigenze, un dipendente può etichettare questi capi, aggiungervi un dispositivo antitaccheggio e metterli su una gruccia, al ritmo di una trentina di pezzi trattati all'ora.

Abiti usati acquistati in tutti i continenti
 
Eureka Fripe non si rifornisce quasi per niente dalla Francia, dove comunque il mercato dei capi di seconda mano sta progredendo. Oltre alla sede centrale in Normandia, l'azienda dispone di magazzini in Giappone (12.000 mq), Australia, Stati Uniti e Paesi Bassi, dove transitano i lotti acquisiti dai suoi compratori presso stabilimenti dedicati all'abbigliamento usato, situati nell'Europa dell'Est, in Asia o a Dubai per esempio. Questi si approvvigionano dalle organizzazioni di raccolta locali ed effettuano uno smistamento iniziale, per un totale che va dalle 50 alle 300 tonnellate di capi passate in rassegna ogni giorno.

Un dipendente può selezionare, etichettare e appendere su grucce circa 30 pezzi all'ora - DR


“Recuperiamo solo l'1% dei pezzi che transitano per questi stabilimenti, a cui formuliamo richieste specifiche. Ad esempio, dopo essere andati fuori moda, i jeans a vita alta sono tornati in auge tre o quattro anni fa, e ora sono quelli a zampa d’elefante e a vita bassa che stanno tornando di tendenza”, afferma Eric Rey, direttore retail del gruppo DB Invest, che segnala il riemergere della moda degli anni 2000.
 
Il fondatore Bernard Graf si siede sempre sulle terrazze dei caffè per esaminare gli abiti dei passanti e coltivare le proprie intuizioni su “ciò che si venderà”, spiega. “Era più facile per noi essere all'avanguardia vent'anni fa, quando i look delle sfilate arrivavano sul mercato nove mesi dopo... Oggi Zara copia questi trend in poche settimane. Il nostro ruolo ora è sorprendere con prodotti di qualità o colori inediti. Dobbiamo fare delle scommesse e chiederci: ‘Che cosa dovremo cominciare ad accumulare?’”.

Il fondatore, Bernard Graf, espone il suo know-how: "Essere un passo avanti alla moda e saper riconoscere l'abbigliamento di qualità" - DR


L'azienda, con i suoi 300 dipendenti, può conservare i capi per decenni prima che ritornino potenzialmente di moda. Ma non comprerà più vestiti in vera pelliccia dato il crollo della loro domanda. La pelle potrebbe forse seguire lo stesso destino negli anni a venire. Tra le merci rare si trovano i famosi Levi's 501, nelle taglie piccole. “La loro qualità era migliore vent'anni fa e questo modello vintage è forse più costoso dei jeans che escono dalla fabbrica”, ritiene Eric Rey. “Nel complesso, c'è un generale calo della qualità nei prodotti recenti”.
 
Due terzi di clienti internazionali
 
Dopo aver effettuato l’ultima fase di cernita nel proprio magazzino, Eureka Fripe accoglie in loco buyer professionisti, gestori di negozi dell'usato e di multimarca, retailer online e grandi magazzini che vengono a comprargli capi usati, dopo aver perquisito dei grandi contenitori e fatto la loro selezione. Due terzi di loro vengono dall’estero. La transazione può essere effettuata per pezzo o per lotto, e anche telefonicamente. “La nostra attività all'ingrosso è cresciuta del 100% all'anno per diversi anni”, afferma Philippe Schelker, responsabile vendite di Eureka Fripe. Ogni settimana l'azienda rispedisce sul mercato dalle 20 alle 30 tonnellate di abbigliamento.

Un compratore seleziona i capi desiderati - DR


Anche costumisti del cinema e stilisti di moda hanno l’abitudine di venire a perlustrare questi vicoli, che sembrano la caverna di Ali Babà. “Sempre più marchi vengono da noi per selezionare e recuperare i propri capi, come Diesel per esempio. Si tratta di un fenomeno abbastanza nuovo”, osserva Eric Rey.
 
Per fissare i prezzi, non esiste un unico benchmark. A seconda dell'anno, della rarità o della forza della domanda, possono cambiare drasticamente. Una maglietta può partire da 7 euro ed essere eccezionalmente etichettata fino a 200 euro se si tratta di un pezzo da collezione. “Come regola generale, il prezzo di vendita originale è ridotto del 90%”, indica Eric Rey.

Lo stabilimento di Eureka Fripe costeggia la Senna - DR


Gli indumenti troppo danneggiati o difettosi sono destinati ad essere riciclati o portati in discarica (circa il 10% dei prodotti giacenti). Una sarta, Béatrice Leblanc, che si è formata nell’alta moda, lavora all'interno dell'azienda per riparare alcune parti (strappi, bottoni, ecc.) e rivalorizzare gli abiti invendibili aggiornandoli ai gusti odierni, per realizzare borse, altri accessori o qualsiasi altro prodotto di moda da rimettere sul mercato.
 
“L’upcycling è il futuro dell’usato”, sostiene Bernard Graf. Se i consumatori cominceranno a contenere il loro consumo di moda e inizieranno a riparare i loro vestiti, doneranno meno capi. Avremo solo dei vecchi vestiti che dovremo quindi trasformare, tagliare di nuovo per confezionarli in modo diverso...”.

Una vetrina di Hippy Market; e l'interno di un Kilo Shop, che propone la vendita a peso - DR


Il gruppo DB Invest fa anche il commerciante, rivolgendosi al consumatore finale. Gestisce infatti diversi marchi con posizionamento più o meno premium (Kilo Shop, Hippy Market, Kiliwatch, Culture Vintage), per un totale di 22 negozi e 38 corner all’interno di grandi magazzini in Francia (Galeries Lafayette/BHV Marais). Eureka è stata anche chiamata negli ultimi due anni ad aiutare alcuni player tradizionali del settore a testare il principio dell’abbigliamento usato, come Pimkie ed Eram.
 
L'anno scorso Kilo Shop è entrato nei centri commerciali di Nice Cap 3000 e Lyon Part-Dieu. “Due indirizzi che funzionano bene, ma che hanno ancora margini di miglioramento, perché riteniamo che i visitatori dei centri commerciali non siano ancora necessariamente pronti all'acquisto dell'usato”, spiega Eric Rey, che specifica di puntare sul franchising come asse di sviluppo ed esclude la vendita online, “che non sarebbe abbastanza redditizia”.
 
Obiettivo 50 negozi
 
Il suo obiettivo è raddoppiare la rete francese delle sue insegne per raggiungere cinquanta indirizzi complessivi in tre anni. Nel 2022 apriranno negozi ad Aix-en-Provence, Strasburgo e Parigi (all'interno degli Ateliers Gaîté, a Montparnasse, che verranno inaugurati a settembre).

Nei propri punti vendita, Hippy Market (nella foto il negozio di Rouen) propone un arredamento vintage - DR


Il fatturato del gruppo, che nel 2021 è stato di 42 milioni di euro (il 40% ottenuto grazie al retail), potrebbe continuare a crescere nella misura in cui la domanda di moda di seconda mano si vada a consolidare nel panorama globale dei consumi.
 
“Sebbene l'azienda abbia più di 40 anni, siamo all'inizio di una storia. Non possiamo continuare a vivere e consumare come prima, distruggendo il pianeta”, insiste Eric Rey, scommettendo sull'appetito per gli abiti di seconda mano della Generazione Z, la quale, con un comportamento che non è certo privo d’incongruenza, rimane comunque avida di fast fashion.

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